Antartide, una guida per i nostri non luoghi da visitare

il 06/04/2009 - Redazione

Nulla e assoluto. Silenzi e natura. Non luoghi da raggiungere in un percorso onirico. E’ sorprendente come un diario di viaggio si trasformi in un libro obbligatorio per il viaggio. E’ incredibile come il racconto di un’esperienza possa diventare un “bignami di desideri”. E’ il caso di “Antartide. Perdersi e ritrovarsi alla fine del mondo” scritto da Tito Barbini (Edizioni Polistampa) e presentato a Castelnuovo Berardenga nell’ambito di “Leggere Leggèri”. L'autore, per anni politico di primo piano impegnato nelle istituzioni,  aveva già realizzato una sua personale guida-racconto di un altro viaggio in giro per l'America "Le nuvole non chiedono permesso. Dalla Patagonia all’Alaska" (2006).
In questo nuovo racconto di viaggio, in 170 pagine da divorare in un sol boccone, si può assaporare il più profondo gusto di un viaggio, quello fatto o quello da fare, quello dell’anima, quello in un luogo vicino o quello verso una meta lontana. Formato pressoché tascabile che rende il volume veramente un  piccolo scrigno di desideri da portare sempre con sé. Un piccolo scrigno che ti vien voglia di aprire e riaprire per contemplare quelle gemme e quei preziosi gioielli rappresentati semplicemente dallo stimolo di un pensiero fuori dal comune, un’intima riflessione sul proprio vivere quotidiano, sul passato e sul futuro. Ecco come “il paesaggio – parafrasando lo stesso Barbini – è sempre un fatto interiore, una dimensione dello spirito magari segnata dall’apparenza di un ricordo”.
Ecco come l’Antartide per lo scrittore diventa la qualsiasi meta tanto ambita per ogni lettore. Il luogo capace di imprimere sensazioni e sentimenti desiderati ma che sei certo riuscirà a stupirti per la capacità di andare oltre qualsiasi tipo di desiderio. Il non luogo, alla fine, dove rifugiarsi nel più profondo intimo di noi stessi. Perché – parafrasando Fernando Pessoa come Barbini fa nel suo Antartide – “alla fine, il miglior modo di viaggiare è sentire. Sentire tutto in tutti i modi. Sentire tutto con eccesso, perché tutte le cose sono, in verità, eccessive e tutta la realtà è un eccesso e una violenza, un'allucinazione straordinariamente nitida che tutti viviamo, insieme alla furia delle nostre anime, il centro verso il quale tendono le strane centrifughe, che sono le menti umane nella loro memoria dei sensi”.
Tempo, spazio, ricordi e paesaggi si intrecciano così in una lettura in grado di coinvolgerti nel dettaglio di ogni parola, nel fascino di ogni frase tanto semplice e immediata quanto densa di significato. E’ proprio il caso di dirlo, si tratta di un libro capace di farti perdere la bussola per viaggiare con la mente verso il nostro non luogo fuori dalla realtà.
Cristian Lamorte

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