Arte e vita di Spinello Aretino. Aristide Bresciani firma la prima monografia sull’artista dopo quella di Weppelmann

Firenze il 10/03/2021 - Redazione
Tanto ingegno e giudizio nella pittura da essere pari a Giotto nel disegno, e perfino superarlo nell’uso del colore: queste le doti riconosciute da Vasari a Spinello Aretino, protagonista assoluto della pittura toscana nella seconda metà del Trecento. Finora, nonostante le mole di studi e contributi critici sulla sua opera, una sola monografia gli era stata dedicata: quella firmata da Stefan Weppelmann nel 1993 e tradotta in italiano nel 2011 da Polistampa. Nel solco dello storico d’arte tedesco, lo studioso Aristide Bresciani torna oggi sull’argomento firmando un saggio illustrato che analizza vita e arte dell’Aretino dando conto delle indagini critiche più recenti e offrendo nuove e originali ipotesi interpretative. Il volume, edito sempre da Polistampa, è intitolato “Spinello di Luca detto Aretino” e inserito nella collana «Universitario / Storia dell’Arte».

La storia - Dalla formazione presso la bottega aretina di Andrea di Nerio, fino ai grandi cicli di affreschi realizzati per le chiese di San Miniato al Monte, Santa Croce e Orsanmichele a Firenze, per il Camposanto di Pisa o per il Palazzo Pubblico di Siena, il percorso artistico di Spinello di Luca Spinelli (Arezzo, 1350 ca. - 1410) è ricostruito in un excursus dettagliato e appassionante, intessuto di approfondimenti sui diversi contesti storici e culturali che hanno fatto da sfondo ai continui spostamenti: il pittore concentrò infatti la sua attività non solo su Arezzo, Firenze, Lucca, Pisa e Siena, ma anche in centri minori come Città di Castello, Sansepolcro, Cortona e Orvieto, dove trovò importanti committenti. L’analisi dettagliata dei lavori lascia spazio a nuove attribuzioni: è il caso, ad esempio, di una Madonna col Bambino (1390-1393) oggi nei depositi del Museo Nazionale di San Matteo di Pisa, tradizionalmente ricondotta a Taddeo Gaddi o, genericamente, a un pittore di ambito toscano della metà del secolo XIV. “L’opera in verità è più tarda”, spiega Bresciani, “databile probabilmente all’ultimo decennio del Trecento o poco prima, e ha pochissime affinità con le Madonne del Gaddi: la trovo invece molto più vicina alla pittura di Spinello, alle sue Madonne dall’aspetto trasognato”. Gli apparati, che si concentrano anche sulle opere da considerarsi perdute e sui falsi comparsi sul mercato antiquario, completano un saggio che si presenta dunque ricco di spunti per la ricerca accademica. “D’ora in avanti”, spiega il professor Angelo Tartuferi nella prefazione, “gli studi sul Trecento aretino e sull’eredità artistica lasciata dal grande pittore dal serio animo drammatico, per dirla con Giovanni Battista Cavalcaselle, non potranno prescindere dal cimentarsi con questo volume”.
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