“Il bene e il male nello stesso luogo” chiosa conclusiva e al tempo stesso esegesi del nuovo romanzo storico di Riccardo Nencini dal titolo “L’imperfetto assoluto” (Mauro Pagliai Edizioni). Un romanzo difficile e affascinante ambientato nella Firenze medievale tra il 1300 e il 1306. Allo scrittore sono occorsi sette anni di ricerche e studi medioevali per “sgombrare il campo da una Firenze florida e magnifica” come sostiene Nencini che aggiunge: “in quegli anni Firenze era un insieme di cose in attesa di diventare magnifiche, ma ancora non lo erano”. La ragione di tanto interesse per quel preciso periodo storico attiene al sorprendente manifestarsi di senso civico che tra i mercanti fiorentini iniziava a germogliare. Ecco che i protagonisti del romanzo non potevano che essere il sommo poeta, Dante, narrato però come l’uomo dalle tante vite, esule, armato, fuggiasco, in cerca di alleanze e fiancheggiatore. L’altro protagonista maschile è invece Musciatto Franzesi, malfattore e idealista, mentre il ruolo della donna è interpretato da Telda, Matilde, unico personaggio di fantasia, tramite la quale Nencini ci offre il proprio immaginario femminile durante eventi acclarati come l’assedio e l’esilio. Nencini spalanca la porta alla magia del senso civico e alla bellezza storica di Firenze, senza mai cadere nei moralismi e servendosi di un ossimoro semplice quanto essenziale, l’imperfetto assoluto, cioè il genere umano.
Come era Firenze nel 1301?
“Firenze era la patria del capitalismo finanziario, una città verticale grazie alle sue duecento torri, come Wall Street, una specie di Dubai immersa nei cantieri delle grandi opere. Nessuna strada aveva un nome eccetto via Maggio, in cui dimorava un grande mercante. Le strade erano percorse da un fetore insopportabile, Firenze era enorme, una delle cinque città più grandi della cristianità. Era grande quattro volte Londra. Firenze era la fucine culturale che getta i semi della fortuna medicea del Rinascimento.”
Cosa caratterizzava Firenze rispetto alle altre città?
“Firenze era il cuore della libertà che pulsa, era la città dei diritti. Firenze non ha sbocco al mare, non ha egemonia, non ha terre, non ha miniere d’oro e d’argento, ma diventa il faro della cristianità. La Firenze del 1300 non è paragonabile a nessuna metropoli moderna in considerazione della durevolezza temporale. L’età dell’oro nasce col fiorino, 1252, e finisce con la morte di Michelangelo, è falso che l’età dell’oro nasca col Rinascimento.”
Quali erano le differenze tra Siena e Firenze?
“Firenze aveva tre grandi ricchezze la mercatura, la banca e la manifattura. A questo si aggiungeva una caratteristica purtroppo irripetibile, ossia i mercanti facevano attenzione al loro portafoglio ma anche alla città, potendo vantare uno spiccato senso civico. Siena per un periodo circoscritto fu ricca quasi quanto Firenze, ma poi non seppe coniugare ottimi banchieri, ottimi mercanti e ottima manifattura per stoffe e prodotti pregiatissimi”.
Quali sono le differenze politiche tra il 1300 e oggi?
“Storicamente non vedo una differenza. Il bene e il male convivono sempre mescolandosi e confinando. Rimangono le considerazioni che attengono all’importanza dell’ingegno e della creatività, Firenze in questo senso ne era una straordinaria fucina. A Firenze venivano censite il maggior numero di scuole, 10.000 bambini fiorentini nel 1300 andavano a scuola. De Mauro per l’unità d’Italia, 1870, censiva una popolazione di analfabeti per il 78%. Creatività, ingegno e fatica sono una miscela validissima.”
Elisa Manieri
Sotto Torchio
LIBRO E AUTORE PREFERITO
“Inferno” di Dante Alighieri
ULTIMO LIBRO LETTO
“Il ricatto” di John Grishman
LIBRO DA CONSIGLIARE AI LETTORI
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