Grease “sessista e misogino”. La pericolosa deriva del politicamente corretto

Siena il 08/01/2021 - di Duccio Rossi
È finito sotto la scure del politicamente corretto, come riportano molti media, anche il film musicale Grease, opera cult di fine anni Settanta. Ad additarlo, sui social, come omofobo, sessista, misogino ed “eccessivamente bianco” sono stati molti giovani di tutto il mondo dopo che il celebre musical con John Travolta e Olivia Newton-John è stato mandato in onda su Bbc1 il giorno di Santo Stefano. Addirittura molti avrebbero anche chiesto che tale film non venga mai più trasmesso. La vicenda fa decisamente riflettere. Ovviamente non sono in discussione il politicamente corretto, il diritto alla parità tra uomo e donna, tra eterosessuali e omosessuali, e bisessuali; l’uguaglianza degli individui tra di loro, indipendentemente dal colore della pelle e dal credo religioso. Ma ciò non toglie che anche il migliore dei propositi necessiti di una contestualizzazione appropriata che passa per mezzo di una comprensione del mondo che ci circonda. Applicare il politicamente corretto alla cieca, senza contestualizzarlo nella realtà, porterebbe la società a pagare un prezzo molto alto: la forma mentis del “sempre, ovunque e indipendentemente da tutto” è l’embrione di ogni fondamentalismo.
 
Applicando questo principio, non solo dovremmo smettere di mandare in onda Grease ma dovremmo anche smettere di leggere Omero, dove i discorsi autorevoli (oi mythoi) sono pronunciati sempre da uomini e mai da donne. Dovremmo chiedere che non vengano mai più messe in scena molte tragedie greche, dove spesso sono rappresentati soprusi di ogni genere. Per non parlare delle commedie dello “scorretto” Plauto o degli epigrammi dell’“omofobo” Marziale. Dovremmo espungere, dalla storia della letteratura latina, Decimo Giunio Giovenale per la sua aggressiva satira contro le donne. Dovremmo smettere di studiare il pensiero di Arthur Schopenhauer, uno dei maggiori pensatori del XIX secolo, perché non politicamente corretto in L’arte di trattare le donne. Dovremmo censurare anche l’arte e l’archeologia: un graffito di Pompei, inciso sul bancone di un Thermopolium rinvenuto da poco, riporta una frase che potrebbe incitare alla discriminazione e all’omofobia.
 
Ma dovremmo essere anche molto meno intellettuali e proibire quei film “leggeri” degli anni Ottanta con Lino Banfi ed Edwige Fenech, la serie Pierino con Alvaro Vitali e la satira livornese del mensile cartaceo Il Vernacoliere. Per non parlare del celebre personaggio del disegnatore Bruno Bozzetto, il Signor Rossi, che potrebbe far sentire caricaturali decine di migliaia di Italiani che possiedono tale cognome. Insomma, siamo sicuri che la nostra società occidentale – a detta di molti patria della democrazia a tal punto da avere la pretesa di esportare questa forma di governo in realtà culturalmente distanti da noi – voglia arrivare a tanto? Si è davvero riflettuto sulla potenziale deriva che possono prendere certe prese di posizione, per quanto espresse in un fugace e giovanile tam tam sui social? Ne scaturirebbe una paradossale dittatura per difendere il diritto ad avere diritti. Sarebbe invece più utile e maturo vedere in Grease, e in tutto il resto, un elemento a favore della causa in questione proprio perché fa emergere, per differenza ed opposizione, i progressi fatti dalla società negli ultimi decenni. La censura è uno strumento utilizzato dai regimi per difendere la fragilità del proprio ordine costituito. Chi censura è consapevole dell’illegittimità e della fragilità del sistema in nome del quale, e a tutela del quale, applica appunto la censura. Ma i progressi fatti dalla nostra società, la parità dei diritti tra uomo e donna, tra bianchi e neri, tra eterosessuali ed omosessuali non sono un illegittimo e fragile ordine costituito e di conseguenza non devono avere bisogno né di censure né, tanto meno, di un’anacronistica caccia alle streghe.
 
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