III^ edizione della Borsa di Studio “Bruno Bernacchia”. Il vincitore è Giorgio Lucaroni

Arezzo il 06/11/2020 - Redazione
La terza edizione della Borsa di Studio “Bruno Bernacchia” è stata assegnata a Giorgio Lucaroni, autore della tesi di dottorato intitolata “Architetture e linguaggi di storia. Fascismo, storicità e cultura architettonica italiana tra le due guerre: 1919-1936”. La Borsa di Studio, ideata e promossa dall’associazione “Amici di Bruno”, premia con un assegno di tremila euro una tesi o una ricerca o uno studio sul pensiero politico italiano, la storia dei partiti politici e dei movimenti dell’Italia repubblicana, le vicende economico-sociali che hanno segnato la storia dell’Italia repubblicana. La Borsa è intitolata a Bruno Bernacchia, un aretino speciale, attivo nel partito socialista dalla metà degli anni ’60, poeta e studioso di filosofia, scomparso nel 2010. La Borsa di Studio a lui intitolata è giunta quest’anno alla terza edizione, le due precedenti si sono tenute nel 2016 e nel 2018 e hanno premiato rispettivamente Jacopo Perazzoli e Chiara Di Cataldo. La Borsa di Studio “Bruno Bernacchia” si avvale, sin dalla prima edizione, della collaborazione e del patrocinio della Società Italiana per lo Studio della Storia contemporanea (Sissco) alla quale gli “Amici di Bruno” esprimono gratitudine per il supporto scientifico e per la collaborazione nella promozione del premio.

La giuria del Premio Bruno Bernacchia 2020 – composta da tre rappresentanti degli “Amici di Bruno” oltre che dagli storici Anna Tonelli, Alessandra Pescarolo, Jacopo Perazzoli e Chiara Di Cataldo – ha attribuito il primo posto nella graduatoria finale alla tesi di dottorato di Giorgio Lucaroni con un’articolata motivazione della quale qui si propone l’esordio: “La ricerca di Lucaroni applica alla cultura del periodo fascista un taglio decisamente innovativo, aprendosi all’interdisciplinarietà in modo non esteriore, e gettando uno sguardo profondo sull’architettura del periodo fascista; la vicenda architettonica è ricondotta tuttavia, con padronanza e passione, nell’alveo del più aggiornato dibattito storiografico sul ruolo delle rappresentazioni culturali nella ricerca del consenso e del potere”. La giuria del Premio Bruno Bernacchia 2020 ha attribuito anche le tre seguenti menzioni speciali: tesi di dottorato di Simeone Del Prete, “Il Partito comunista italiano dinanzi al “processo alla Resistenza”: il Comitato di Solidarietà Democratica e la difesa degli ex-partigiani (1948-1953)”; tesi di dottorato di Giulia Cioci, “L’Udi e il Cif nelle reti transnazionali. Politiche associative e strategie di genere dal 1945 al 1966”; tesi magistrale di Davide Mutto, “Venetismo: l'invenzione identitaria e i suoi usi politici nel Veneto contemporaneo”.

La cerimonia di premiazione, programmata in questo mese, è stata rimandata al 2021 visto che prevede un Colloquio di studio attualmente non realizzabile a causa dell’emergenza sanitaria. Intanto, gli “Amici di Bruno” hanno fatto avere il premio a Giorgio Lucaroni quale segno tangibile dello scopo della Borsa, un assegno vitale in un periodo che vede l’università e la ricerca fortemente penalizzati. Giorgio Lucaroni ha studiato a Roma e poi a Padova, dove si è addottorato con una tesi sul fascismo italiano come regime di storicità utilizzando come terreno di ricerca la cultura architettonica italiana tra le due guerre. Ha ottenuto un Master in Public History ed è stato visiting scholar presso l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale e la University of California di Los Angeles. Attualmente è borsista presso l'Istituto Germanico di Roma dove porta avanti una ricerca sull'eredità del patrimonio architettonico e urbanistico del ventennio nell'Italia repubblicana.

Bruno Bernacchia ha lasciato ad Arezzo una scia di ricordi straordinari, perlopiù legati al suo impegno politico che ne fecero un personaggio libero e un pensatore anticonformista, apprezzato per lo spiccato senso civico e l’indipendenza di giudizio. Nato a Panicarola sul Lago Trasimeno nel 1944 da una numerosa famiglia contadina, si diploma ragioniere a Perugia e si trasferisce ad Arezzo, dove divide la sua vita tra il lavoro nella grande azienda di confezioni Lebole-Marzotto e la politica, alla quale si dedica prima nel ruolo di segretario provinciale del Psi e poi di Capogruppo in Consiglio Comunale ad Arezzo. Negli anni ’80 si batte fortemente per la realizzazione del nuovo Ospedale unico ad Arezzo, l’odierno San Donato. Punto di riferimento per il movimento politico e per quello sindacale, Bruno Bernacchia credeva fermamente nel valore della rappresentanza e della tutela: resta ancora nella memoria degli aretini l’episodio che negli anni ’90 lo portò fino a Sofia per far scarcerare un dipendente della Lebole, detenuto ingiustamente nelle prigioni bulgare. Bruno Bernacchia disprezzava le ipocrisie. Quando nel 1981 scoppiò il Caso P2, Arezzo e l’Italia furono trascinate in un caos politico e mediatico senza precedenti e lui fu l’unico che criticò apertamente il Partito Comunista, perché schierato contro la riservatezza massonica: “perché voi
(comunisti) pensate di essere trasparenti?”. Bruno Bernacchia si ritirò dal Psi quando si sciolse; dopo la fine della Prima Repubblica fondò l’Associazione Forum: un centro nevralgico di aggregazione e scambio politico, dove discutere e confrontarsi oltre il partitismo. Bruno Bernacchia era apprezzato e stimato, anche dagli avversari politici. Pungente, ironico e dissacrante, amava condividere il proprio pensiero con gli amici più cari, anche per nottate intere. Bruno Bernacchia ha trascorso la sua esistenza da uomo profondamente laico. Studioso della filosofia classica, amava mettersi in discussione e confrontarsi, indagando instancabile il proprio pensiero e quello altrui. Storico e studioso della Prima Repubblica, analizzava instancabile il passato e il presente politico italiano. Uomo passionale, di sentimenti crudi e puri, Bruno Bernacchia ha lasciato una raccolta di poesie, “Con ali di farfalla”, dove con un linguaggio semplice e intenso ha racchiuso i propri ricordi, gli affetti, le emozioni passeggere e le donne della propria vita, superando la finitezza della vita. Gli amici lo ricordano come uomo coerente, pronto a difendere le proprie idee senza mai disprezzare quelle altrui, “socialista libertario ricco di umanesimo e delicato poeta”, degno di una dedica importante per i giovani studiosi di Storia contemporanea.

 
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