L'associazione culturale OSA di Abbadia San Salvatore ha pubblicato nei giorni scorsi l'ultimo libro di Roberto Fabbrini, "Controcanto". Il volume è stato presentato dal presidente dell'associazione, Nicola Cirocco insieme all'autore e a numerosi amici, accorsi ad ascoltare - oltre a brani dell'opera splendidamente letti dall'attrice Paola Lambardi - i commenti musicali di Franco Fabbrini, fratello di Roberto e brillante compositore jazz,.
Una scrittura con gli occhi - Roberto è malato di SLA, una forma di distrofia che gli impedisce qualunque tipo di movimento. La stranezza di "Controcanto" sta prima di tutto nell'essere stato scritto con gli occhi, ovvero per mezzo di un computer a puntatura ottica, che ha permesso all'autore di riversare prima sullo schermo e quindi su carta, il suo mondo interiore, a completamento di una riflessione sulla propria condizione che era già iniziata con il libro precedente, "Le ombre lunghe della sera". Roberto lavora da anni a una ricerca di scrittura e di pensiero che la sua malattia ha in qualche modo accellerato, ma non indebolito, anzi. "Controcanto" dimostra una vivacità che è un insegnamento per tutte le persone cosiddette sane e che spesso non sanno cogliere i frutti della vita con altrettanta attenzione e consapevolezza.
Il Controcanto di Roberto Fabbrini - Nella cantata sacra, e poi nel madrigale e nel mottetto rinascimentale, il "controcanto" è la seconda melodia, portata avanti - su una base corale - da un semicoro che si oppone a quello principale, fino a convergere nella prima melodia e comporre così un unico tema musicale. Roberto sceglie di contrappuntare con la disperazione iniziale il coro che, nella vita, tutti siamo chiamati a intonare, salvo - alla fine di un percorso che passa dal lamento e pianto al perdono e alla riconciliazione (così si chiamano le quattro parti che compongono questa "cantata") - condursi verso una accettazione finale che riporta la sua voce a quella degli altri esseri umani, che non cantano più "contro" ma partecipano alla melodia universale. Il riferimento agli angeli - già presente, con forza maggiore, nel libro precedente - è in questo senso illuminante, perché gli angeli sono la rappresentazione puramente terrena di una serie di figure apportatrici di amore, nella disperazione, nella fattispecie la moglie e il figlio di Roberto, cui il libro è dedicato.
Le tre metafore del toro, del cavaliere e del sesso - Con poche parole ("I discorsi si fanno più brevi,/la parola diventa essenziale;/perfino i pensieri fanno voli più corti/per timore/di non arrivare alla fine") il percorso si compie: ma non è un percorso, come si potrebbe immaginare, verso la fine. Al contrario: è un inizio: l'inizio della felicità, che gli altri membri del coro difficilmente riescono a trovare. La riconciliazione finale è il riconoscimento di un amore senza fine, di cui colui che scrive riconosce grato il volto. Ci sono tre metafore importanti nel libro: quella del toro nella corrida, pizzicato dalle "banderillas", tormentato dai "picadores"; la leggenda di gusto medievale di Martino che, come il cavaliere dei "Settimo sigillo" di Bergman, riesce ripetutamente a ingannare la morte, per essere comunque condotto via da lei alla fine, ma senza provare alcun dolore. Ma la più bella ed efficace è la metafora sessuale che apre il poemetto: è la storia di un uomo che non può più utilizzare il suo corpo come vorrebbe, ma che riesce ugualmente a provare le gioie dell'amplesso. Nell'immaginazione, nel ricordo, in un caldo ambiente di grotta materna che descrive con sconvolgente concretezza le gioie di possedere un corpo. Ai coristi della melodia principale sembra scontato che sia così, ma lo è davvero?
Un nuovo inizio, dunque. Adesso, dobbiamo solo aspettare il prossimo libro di Roberto Fabbrini, e la gioia che - come i precedenti - saprà dare agli altri. Se è possibile avanzare un presentimento, si potrebbe dire che ci si potrebbe aspettare una delle sue delicate fiabe sugli angeli, sul benessere, sulla gioia. Sulla felicità.
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