“Pazienti, curiosi e dotati di senso dell’umorismo” con questi aggettivi Amos Oz ha descritto i toscani nei due giorni di visita che ha trascorso a Siena. Tra i complimenti, Oz ha lanciato anche un monito: “occorre impegnarci tutti a non fare mai più del male a nessuno“. Lo scrittore nato a Gerusalemme nel 1939, ha passato un lungo periodo della sua vita immerso nei ritmi e negli stili agricoli del kibbutz, prima di scegliere definitivamente la strada di autore, giornalista, attivista politico e professore di letteratura all’Università Ben Gurion del Negev, a Be'er Sheva. Tanti i successi letterari, diciotto sono i libri che ha scritto in ebraico, trenta le lingue nelle quali i suoi pensieri sono stati tradotti e diversi i prestigiosi premi letterari che negli anni ha ricevuto, tanto che oggi è tra i possibili candidati al Nobel per la letteratura. Tra i tanti particolari che si potrebbero raccontare, un posto speciale è dedicato al suo nome, Amos Klausner ha, infatti, cambiato il suo cognome durante il periodo “radicale” che ha passato nel kibbutz di Hulda assumendo quello di Oz, parola che in ebraico indica la forza. Con la forza della memoria Oz ha parlato al ricco pubblico che si è riunito del Teatro dei Rinnovati, per ascoltare alcuni brani estratti del suo ultimo libro “Una pace perfetta” edito da Feltrinelli. Proprio in questa occasione, Amos Oz è stato intervistato dal portale della cultura senese, Sienalibri. Attento e riflessivo, Oz nel giorno della memoria, ci ha ricordato come questa celebrazione sia un evento proprio dell’Italia e di altri Paesi, eccetto Israele, dove tra i superstiti e coloro che hanno vissuto la Shoah, il ricordo è assoluto e si manifesta con il silenzio. Conciliatore, sostenitore del diritto all'auto-difesa e delle posizioni social-democratiche, Oz nella sua attività intellettuale, è stato spesso preso come punto di riferimento anche dalla politica.
Che cosa significa per Lei l’idea di patria?
“Per me la patria significa la lingua. Ho lo stesso attaccamento profondissimo che mi lega alla lingua e alla patria. Il mio forte attaccamento è paragonabile a quello che ha un musicista con il suo strumento”.
Ha dichiarato che “il male non è mai banale”, cosa significa?
“Intendo che sono completamente in disaccordo con Annah Arendt. La Arendt nel libro del 1963 parlando della banalità del male intendeva che le persone che avevano perpetrato il male erano persone semplici, normali e con poca fantasia. Io invece credo che quel male è stato perpetrato da persone con molta immaginazione e cattiveria”.
Cosa pensa delle manifestazioni toscane a cui ha assistito per le celebrazioni del Giorno della memoria?
“Sono stato tra 10 mila studenti al Mandela Forum di Firenze e sono rimasto molto colpito dall’intensità e dalla serietà dell’evento”.
Che cosa fare per non dimenticare?
“Dobbiamo leggere, parlare e studiare, perche i testimoni ormai sono rimasti pochi e tra breve non ci saranno più. Tutto il loro passato, le loro storie, le loro verità, i loro ricordi, sono nei libri e nei films. Tutto questo materiale richiede grande studio”.
Elisa Manieri
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