“Il popolo senese è folle di poesia”. Intervista a Francesco Burroni, coordinatore del Laboratorio del Sonetto

il 15/06/2009 - Redazione

“Che volevo dire? Boh”. E’ una frase banale solo all’apparenza. Calatela nella bocca, durante una chiacchierata, di chi è solito giocare con le parole e, per sua stessa ammissione, è abituato ad improvvisare da 20 anni “per mestiere e per condanna”. Acquista tutto il significato di una piacevole perdizione dietro a frasi che cercano di raccontare la passione per l’arte della poesia e della stessa improvvisazione. E’ una frase che ritorna più volte durante una chiacchierata nella bocca di Francesco Burroni, direttore artistico di ARESteatro e coordinatore del Laboratorio del Sonetto. E proprio nella città di Cecco Angiolieri il sonetto non può che avere una radicata tradizione che si tramanda ai giorni nostri anche nel mondo del Palio con il consueto sonetto che la contrada vincitrice scrive in occasione della vittoria e del giro. Con Francesco Burroni abbiamo cercato di capire i segreti di questa tecnica letteraria scoprendo, di domanda in risposta, i segreti di un’appasionante passione… che non è un gioco di parole quanto casomai, nel suo caso, un giocare con le parole.
Qual è la storia del sonetto a Siena e nel mondo del Palio?
“Parte come espressione di cultura alta, già dal ‘600 alcuni letterati scrivevano sonetti per le contrade e solo in seguito, tra le due guerre, il sonetto diventa espressione di cultura popolare passando da contenuti accademico trionfalistici molto ridondanti ad un linguaggio parlato. E’ come se ci fosse stata una fusione tra cultura orale e cultura scritta, cultura alta e cultura popolare. Anche oggi c’è ancora chi scrive sonetti molto aulici. Ancora una volta l’esempio calzante viene dalle contrade. Il sonetto della vittoria di solito è molto scherzoso mentre invece quello del giro è più di alto tono. Alcune contrade poi hanno anche la tradizione di comporre un sonetto in occasione della cena della prova generale o del banchetto annuale”
E qual è la storia di Francesco Burroni scrittore di sonetti?
“Mi sono avvicinato quasi subito all’improvvisazione in rima e quindi al mondo delle ottave e poi semplicemente, a forza di improvvisarle le poesie, mi è venuta voglia di scriverle. Ho cominciato per scherzo ad un banchetto dei donatori del sangue e poi ho solo messo insieme questa esperienza dell’improvvisazione con la scrittura. L’improvvisazione, specie quella teatrale, ti porta ad un flusso continuo ed inarrestabile di idee che, per sua natura, nascono e muoiono nel momento . Se tutto questo flusso lo usi per la scrittura lo devi solo riordinare con il pregio, inoltre, che non hai nessun timore reverenziale verso un foglio bianco”
Cosa significa fare tutto questo nella città di Cecco Angiolieri?
“Di Cecco Angiolieri è rimasta fino ai giorni nostri questa verve ironica. Mentre Dante vedeva la donna passeggiare lontano e trovava ispirazione per una poesia, Cecco si affacciava alla finestra vedeva una bella donna la chiamava e lei le rispondeva. Anche questo rapporto un po’ più diretto con il sesso femminile, questa carnalità, è stato tramandato nella tradizione dei sonetti senesi. Anche la  stessa Santa Caterina era una “donna sanguigna”, non era una santa che stava a casa ma andò ad Avignone dal Papa per “riprenderlo per la veste” e riportarlo a Roma. Il popolo senese è denso di follia nel senso più creativo del termine come volontà di uscire dalle regole e dai canoni. Il Palio stesso, sotto certi aspetti, è pura follia di un gioco da tavolo, o meglio sarebbe dire gioco “da Campo”, in cui i senesi tornano bambini per giocare con i barberi”.
Quale sarà il futuro del Sonetto?
“Stiamo assistendo oggi ad una forte rivalutazione della poesia formale. Anche se negli ultimi anni il verso libero è andato per la maggiore come espressione ideale dell’animo in realtà la struttura del sonetto ha un ritmo che è decisamente musicale e la musica stessa ti riporta ad un elemento irrazionale. Non è che il sonetto è matematica e “M’illumino d’immenso” è libertà e soprattutto l’uno non è migliore dell’altro. Secondo me l’abilità del poeta è usare le parole di tutti i giorni e metterle in fila come i cavalli di un circo, dargli ritmo e regalargli la rima è comunque è comunque un’abilità unica. Giocare alla fine con le parole di tutti i giorni diverte chi lo fa e attrae chi lo ascolta”.
Un sonetto per Sienalibri?
Amico libro

Prima o poi succederà, è naturale,
che ‘un ci sarà più niente di stampato
e anche l’amico libro è destinato
a esse’ trasformato in digitale.
Succederà, lo so, però è un peccato
perde’ ‘l rapporto che ciò, guasi carnale,
col libro…è come esse’ fidanzato
co’ una donna vera o una virtuale.
Ma vòi  mette’ anda’ a fa’ un giro in fortezza
ti sdrai ’n mezzo all’erba…apri le pagine…
e mentre nel collo t’arriva una brezza
primaverile…ecco pian pianino
che le lettere creano un’immagine
che odora d’inchiostro e gelsomino.

Cristian Lamorte

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