“L’oro della Maremma”, Fabrizio Boschi sulle tracce di una preziosa utopia

il 02/02/2010 - Redazione

Alla ricerca dell’oro, per poi scoprire che non ce n’è traccia. E’ la bizzarra realtà della Toscana, per anni considerata terra promessa da cercatori e società straniere che dopo analisi, scandagliamenti e notevoli investimenti economici hanno raccolto solo esigue quantità di oro. Una situazione di stallo su cui per quasi due anni ha indagato Fabrizio Boschi, giornalista de Il Giornale della Toscana alla ricerca di storie, verità, ritrovamenti. Il risultato è “L’oro della Maremma. Viaggio fra storia, mistero e leggenda” (Marco Del Bucchia Editore), un libro che non ha la pretesa di essere un documento storico, né scientifico ma che alla fine colma quel buco esistente nel panorama letterario regionale sulla storia dell’oro in Toscana. Una storia che si intreccia con i racconti di vita di tantissimi cercatori d’oro partiti proprio dalla Toscana alla volta del Far West senza più fare ritorno, e, più lontano nel tempo, con gli scavi in epoca etrusca per poi arrivare sino ad oggi. Tra le righe infatti, anche le moderne tecnologie messe in campo da due società impegnate nella ricerca in Maremma senza risultati soddisfacenti ma ancora  presenti sul territorio perché legate al fascino di un’antica utopia. Una storia millenaria “un'intera storia che non conoscevo – dice l’autore -. Una storia che non esiste e per questo è dimenticata. Infatti l'oro in Maremma non c'è mai stato, quindi mi sembrava molto strano scrivere qualcosa su un fatto mai esistito. Ma proprio il fascino di questo inesistente, di questo secolare assente, ha tirato fuori in me la curiosità di saperne di più”.

Come nasce l’idea di scrivere un libro sulla ricerca dell’oro?
Dal fatto che nessuno fin'ora aveva scritto un libro sulla ricerca dell'oro. In mezzo a quest'oceano di libri mettere insieme qualcosa di originale è ciò che secondo me fa la differenza. Il mondo è pieno di libri, a che serve uno in più? Ormai scrivono tutti, dai calciatori alle veline, dai sindaci ai comici, dai macellai ai cantanti. Scrivono tutti fuorché gli scrittori. Quella dello scrittore non è più una professione che possono fare solo gli scrittori, è quasi un hobby che possono fare tutti. Senza considerare che ormai si scrivono libri non tanto per infilarci dentro qualcosa di interessante o di scientifico, quanto per vendere. E quanto più un personaggio è famoso tanto più vende. Non importa molto quello che ha scritto. Uno che come me non è famoso fa più fatica per convincere qualcuno a comprare le pagine che ha scritto. L’unico valore aggiunto allora, diventa l'originalità. L'idea nasce dal fatto che mi imbattevo spesso in questo argomento sui quotidiani locali e la cosa mi incuriosiva. Mi chiedevo, ma che c'entra l'oro con la Maremma? Allora ho iniziato a documentarmi un po' di più ed è venuto fuori un mondo sconosciuto e affascinante. A quel punto c'era un altro problema da affrontare: il fatto che io di questo argomento non ne sapessi assolutamente nulla. Ma, in verità, questo è sempre un buon inizio per scrivere un libro. Meno uno ne sa e meglio è. 

Si dice che questo libro trae “ispirazione dai meravigliosi romanzi di Jack London senza assomigliarci per niente”. In cosa è simile e in cosa differisce?
Da bambini, il primo libro che ho letto per piacere è stato "Zanna Bianca" per cui si può dire che  il mio primo approccio alla letteratura sia avvenuto grazie a Jack London, questo incredibile giornalista-scrittore-avventuriero, inviato di guerra ante litteram, ma in un'epoca molto più romantica. La febbre del fiume Klondike, raccontata dalla penna magica di London, che seguì da scrittore i cercatori di pepite fra quei ghiacci, nel pieno della corsa all’oro, mi ha fatto scuola e a lui mi sono ispirato per questo libro. Infatti una parte è proprio dedicata ai suoi scritti, i pensieri e i commenti. Se una similitudine è possibile trovarla questa si rifà allo stile, il più possibile asciutto e semplice, senza fronzoli e retoriche, che si limita a raccontare i fatti, senza troppo entrare nel merito. Una specie di reportage lungo una storia che ha abbracciato gli uomini lungo i secoli.

Scrivere questo libro ti ha portato a scoprire aneddoti curiosi o storie che fino ad ora erano sconosciute?
Scrivere questo libro mi ha portato a scoprire un'intera storia che non conoscevo. Una storia che non esiste e per questo è dimenticata. Infatti l'oro in Maremma non c'è mai stato, quindi mi sembrava molto strano scrivere qualcosa su un fatto mai esistito. Ma proprio il fascino di questo inesistente, di questo secolare assente, ha tirato fuori in me la curiosità di saperne di più.  Il pretesto di parlare di oro nostrano, infatti, è stato propizio per parlare di tutto l'oro del mondo. Non solo quello maremmano, che non è mai esistito, ma quello che nel corso dei secoli ha provocato morti, guerre e sofferenze. Sacro e maledetto, nobile e vile, con il suo splendore è stato capace nella storia di accecare le coscienze. Come dice Goethe, tutto tende all'oro, "possente e risplendente". Oppure come pretende Lutero l'oro è "lo sterco del diavolo". Virgilio lo bolla nell'Eneide come "un'empia ed esecrabilfame (auri sacra fames)”.
Il segreto dell'oro?  E' nella sua luce. Sta tutto qui il fascino esercitato dal più nobile dei metalli. Una luccicanza che sembra avere in sé qualcosa di soprannaturale. Tanto brillante da apparire splendente di luce propria, l'emblema della perfezione dell'immortalità degli Dèi. La luce sacra dell'oro fatto nella stessa materia di cui sono fatti il sole e le altre stelle. Persino sir John Maynard Keynes, il baronetto degli economisti, accreditò l'idea di una parentela originaria fra gli astri e l'oro. Una metafora, certo, ma anche un messaggio che il padre della microeconomia moderna volle mandare per spiegare l'irresistibile attrazione esercitata in ogni tempo dal più incorruttibile dei corruttori.

La delusione di trovare poco oro in Toscana in passato si scontra con l’arrivo recente della società canadese che scava nel Sud della Toscana. Perché proprio in questa zona? E' il paradosso dei paradossi. L'oro in Maremma non c'è, non c'è mai stato, o meglio non si è mai trovato in quantità economicamente sfruttabili (eccetto che in epoca etrusca forse), eppure c'è sempre stato qualcuno che non si è mai arreso davanti all'evidenza e ha continuato a cercare senza sosta. Come oggi con l'arrivo dei canadesi. La storia dell’oro in Maremma è piuttosto recente. Solo dagli anni Ottanta qualcuno ha avuto la pazza idea di provare a trovarlo. Fra il 1984 e il 1986 vennero scoperte le prime manifestazioni d’oro invisibile in Toscana meridionale e Lazio. La sua presenza venne comprovata. Le tracce ci sono, ben visibili, con i suoi cugini stretti argento e antimonio, ma manca l’oro vero. Da qui nasce un intreccio di uomini e società che da quel momento non hanno più lasciato questa regione. Le attività minerarie passarono all’Eni e vennero gestite dalla Samim, prima e dall’Agip miniere poi. Le enormi spese stanziate, negli anni Ottanta e Novanta, che dovevano servire per sostenere la gestione nazionale delle miniere, non bastavano comunque a coprire i buchi che venivano a crearsi. Ne nasceva una sorta di spirale perversa: più soldi erano elargiti più i buchi si allargavano. L’Agip miniere continuava a perdere 50 miliardi di lire all’anno. Di lì a poco la dismissione e l’arrivo dei canadesi. Oggi sono ancora lì.

Nel libro parli di un mistero legato ai cercatori d’oro che sono partiti dalla Toscana senza più tornare. Cosa hai scoperto?
E’ Dawson, nel New Mexico, la testimonianza tangibile dell’esistenza di questi pionieri toscani. Il cimitero della cittadina fantasma, a 35 chilometri dal confine col Colorado, raccoglie una serie di lapidi e di croci segnate dalle intemperie, sulle quali ancora oggi è possibile leggere dozzine di cognomi di inequivocabile origine italiana: Antonelli, Bruno, Caldarelli, Sarzanillo, Corazzi. Troviamo così la storia di Giuseppe, "Joe", Murer, che iniziò la sua fortuna come albergatore, il ranch della famiglia Manzinali, proveniente da Lucca, la signora Carolyn Fregulia Campbell, discendente di due famiglie italiane, che dirige la miniera Kennedy, a Jackson, e conduce ricerche sulla storia dei primi pionieri. E' stata una ricerca molto interessante partita proprio da Firenze. A riportare alla luce questa realtà è stato un docente dell’Università di Firenze e direttore del progetto multimediale “Italians in the gold rush and beyond”, Alessandro Trojani, che da anni si impegna nella ricerca degli italiani del far west americano, quelli che ci sono emigrati, ci hanno vissuto e lavorato e ci sono morti.

I permessi che la Regione Toscana ha concesso alla società canadese Adroit Resource per scavare scadevano il 19 dicembre 2009. A che punto è oggi la vicenda?E' vero, a dicembre i permessi erano in scadenza, ma la società non se n'è ancora andata perché tutti hanno interesse che resti, a partire dalla Regione Toscana. La Adroit Resource dal 2006 ha iniziato una nuova analisi delle rocce per verificare se in quella zona ci sia, una volta per tutte, la presenza o meno di oro.  E' titolare di una decina di permessi di ricerca, distribuiti fra i territori di Grosseto e Siena. Da tre anni a questa parte hanno scandagliato il cuore della Maremma. Ottomila ettari, roccia su roccia, tra le colline e il mare. In realtà le società attualmente presenti sono due: la Tuscany Minerals Srl e la canadese Adroit, che hanno ricevuto dalla Regione Toscana i via libera alle campagne di rilevamenti per accertare la presenza di oro nel sottosuolo di alcuni comuni delle Colline Metallifere, della zona senese di Chiusdino e della valle del Fiora. In alcune zone la presenza di oro è stata scoperta: circa 3-4 grammi per tonnellata. Per il momento è impossibile fare pronostici. La percentuale è ancora troppo bassa per crederci davvero e non sarebbe abbastanza remunerativa. Si continua ad andare avanti scandagliando campioni di rocce. Se le due società non ci credessero avrebbero già rimesso i remi in barca, visto anche i venti di crisi. Ma non è così anche se questa febbriciattola si è abbassata negli ultimi mesi. Dopo i primi “saggi” promettenti è calato il più completo silenzio sulla “corsa all’oro” in Maremma che sembra aver rallentato il proprio cammino.

Quanto tempo hai impiegato per scrivere questo libro? Non essendo né uno storico, né uno scienziato, quale è la tua impronta da giornalista?
Quando ho cominciato a scrivere ero molto scettico. Era da poco uscito il mio primo libro “I fiumi di Siena” e non avevo alcuna intenzione di iniziarne subito un altro. Ma come forse capita a chi è malato di scrittura come me, l'adrenalina per un altro lavoro e la curiosità e sete di conoscere un nuovo argomento aumentavano per cui ho iniziato a mettere da parte articoli di giornale e documenti vari sull'oro in Maremma. Quindi si può dire che questo libro è iniziato due anni fa e portato avanti con una continua discontinuità. Ho scritto questo libro soprattutto di notte non perché mi volevo rivolgere a un pubblico di nottambuli, ma perché è nella notte che si nascondono le migliori idee. Di giorno c’è troppa luce per vederle e troppo rumore per sentirle. Di notte spesso si è soli e il silenzio aiuta a pensare. Ho scritto questo libro perché avevo voglia di farlo come operaio della carta stampata, senza pretese di completezza né presunzioni di sapienza. Solo per divertirmi e imparare qualcosa di più. Un libro che non è un trattato di storia e men che meno un documento scientifico perché io non sono né uno storico né uno scienziato, sono soltanto un giornalista che ha cercato di vederci chiaro in questa lunga e intricata storia che da trent’anni occupa le cronache dei giornali della nostra regione. Ancora una volta ho capito quale deve essere una delle qualità di un buon cronista, storico o moderno che sia: la curiosità. Non importa se si scrive di medioevo o di attualità. Ciò che accomuna e appassiona sempre un cronista attento e preciso di ogni epoca è l’essere curioso. Conoscere quante più notizie possibili e scriverle nei dettagli. E’ quello che cerca di fare un qualsiasi scrittore che abbia un minimo di voglia di fare questo mestiere. Io ho voluto divertirmi a fare il cronista della storia, raccontando vicende antiche come se fossero successe ieri. Ho cercato di fare un duplice lavoro. Lo storico e il giornalista. Il secondo mi riusciva meglio e speravo che il primo mi venisse dietro. Questa è stata una occasione non solo per scrivere di un argomento che non conoscevo approfonditamente, ma anche di studiarlo, visitarlo, annusarlo perfino. E poi scrivere di qualcosa che non esiste ha sempre un certo fascino. 

 
SOTTO TORCHIO:

 
Ultimo libro letto: “Il francese di Ferro" di Massimo Nava
 
Autore e libro preferito: Ernest Hemingway e “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde
 
Libro da consigliare ai lettori: "L'amore dura tre anni" di Frédéric Beigbeder
 
Leggere è: sogno, immaginazione, fantasia, fuga. La lettura è la dose di letteratura quotidiana che mi serve per scrivere. Di solito imparo sempre da chi è più bravo di me. Leggo e imparo.

Susanna Danisi

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