La Firenze che non ti aspetti nel nuovo romanzo di Riccardo Nencini "L'imperfetto assoluto"

il 29/06/2009 - Redazione

La Firenze della fine del dugento non doveva essere un bel posto dove vivere. Una città non ancora splendida nei monumenti come oggi la conosciamo, nè "gentile", come hanno cantato i suoi poeti in seguito, verso coloro avevano idee diverse da quelle dei signori dominanti. E tuttavia, era uno dei centri pulsanti del mondo d'allora. "Una "Firenze livida di potere e ferita dalla guerra civile. Eppure affascinante e superba", scrive lo storico Franco Cardini.

Imperfetto assoluto - In questa cornice, si muovono i personaggi de "L'imperfetto assoluto", il romanzo storico (o storia romanzata?) di Riccardo Nencini (Mauro Pagliai editore) presentato questa mattina alla stampa alle Giubbe Rosse, in attesa della presentazione pubblica il prossimo lunedì 6 luglio proprio in piazza della Repubblica, alla presenza del sindaco Matteo Renzi alla sua prima uscita ufficiale.

Una città in divenire - "La Firenze di cui scrivo - dice Nencini - era una città in costruzione. Il centro era qui, in piazza della Repubblica, dove c'era il mercato all'aperto, mentre i grandi monumenti a partire da piazza della Signoria non erano ancora costruiti, e solo Orsammichele veniva aperta al culto in quegli anni, opera di quell'Arnolfo di Cambio che per primo realizzò un piano regolatore ante litteram per la città". Ma è sempre in questo periodo che la città getta le base per costruire la sua grandezza futura e il suo dominio: fervono i banchieri che prestano fiorini d'oro a tutti i regnanti d'Italia e d'Europa; gli artigiani della lana e dei tessuti che iniziano a imporre i loro manufatti di pregio; i mercanti che viaggiano per tutto il mondo importando spezie e altri beni di pregio. Un periodo, dunque, straordinariamente complesso e vivo, forse non ancora ben conosciuto e studiato a fondo.

Dante in esilio e il manoscritto ritrovato -  Protagonista del romanzo è Musciatto de' franzesi, garzone in una banca e quindi mercante e banchiere. Un prezioso manoscritto ritrovato durante l’alluvione del 1966, ne riporta alla luce le tante malefatte di cui si era reso protagonista tra Parigi e Firenze all’alba del nuovo secolo. Cavaliere del re di Francia Filippo il Bello e consigliere del suo fratello Carlo, tra il 1301 e il 1306, Musciatto incrocia i propri passi con eventi che segneranno la storia: l’esilio di Dante, il volto infisso nella disperazione della lontananza, lo schiaffo di Anagni e i tradimenti di Bonifacio VIII, la nascita dello stato nazionale in Francia e l’avvio dell’attacco ai Templari, la guerra civile che insanguinò Firenze all’arrivo del Valois e con il rientro di Corso Donati, la supremazia del fiorino in tutta la Cristianità e l’ingegno travolgente di Giotto, di Arnolfo, del Sommo Poeta.

La Firenze finta di oggi - Il libro ha dunque molte chiavi di lettura e interpretazione. Compresa quella di sfatare tanti luoghi comuni su cui oggi si basa l'economia del turismo fiorentino. "La trappola più difficile ad evitarsi - scrive Franco Cardini nella prefazione - era quella di una Firenze artefatta, "neogotica", quella dei falsi magari d'autore sul tipo del Palagio dell'Arte della Lana, della "Casa di Dante" accanto alla Torre della Castagna e alla piazzetta di San Martino del Vescovo, della facciata marmorea di Santa Croce. La Firenze un po' ricordo liceale, un po' cartolina turistica, e un po' cartapesta di fondale tipo Cinecittà anni Trenta, quella dei centoni tardoromantici oppure alla "Coppedè" che fanno la gioia dei visitatori stranieri (e la loro delusione, quando li avvertono che è tutta roba finta)".

Michele Taddei

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