Premio Viareggio Rèpaci. Trionfano i romanzi di Genovesi e Lupo, i versi di Dapunt e il saggio di Melis

Viareggio il 28/08/2018 - Redazione
Sono Fabio Genovesi con “Il mare dove non si tocca” (Mondadori) e Giuseppe Lupo con “Gli anni del nostro incanto” (Marsilio), i vincitori ex aequo della sezione Narrativa della 89esima edizione del Premio Viareggio Rèpaci. Roberta Dapunt ha vinto con “Sincope” (Einaudi) la sezione Poesia e Guido Melis, con “La macchina imperfetta. Immagine e realtà dello stato fascista” (Il Mulino) la sezione Saggistica. I vincitori sono stati annunciati ieri, in una gremitissima piazza Mazzini, dal conduttore della serata Tiberio Timperi, insieme al sindaco del Comune di Viareggio Giorgio Del Ghingaro e a tantissimi ospiti, tra autorità e normali cittadini, chiamati a rappresentare Viareggio in questa occasione speciale.
 
Le opere vincitrici - Queste le motivazioni della giuria, presieduta da Simona Costa, che con passione e competenza, dopo un’accesissima discussione, ha selezionato le opere.
 
Narrativa.
Fabio Genovesi con Il mare dove non si tocca.
Fabio ha sei anni, due genitori e una decina di nonni. Sì, perché è l'unico bimbo della famiglia Mancini, e i tanti fratelli del suo vero nonno - uomini impetuosi e pericolosamente eccentrici - se lo contendono per trascinarlo nelle loro mille imprese, tra caccia, pesca e altre attività assai poco fanciullesche. Così Fabio cresce senza frequentare i suoi coetanei, e il primo giorno di scuola sarà per lui un concentrato di sorprese sconvolgenti: è incredibile, ma nel mondo esistono altri bambini della sua età, che hanno tanti amici e pochissimi nonni, e si divertono tra loro con giochi misteriosi dai nomi assurdi - nascondino, rubabandiera, moscacieca. Ma la scoperta più allarmante è che sulla sua famiglia grava una terribile maledizione: tutti i maschi che arrivano a quarant'anni senza sposarsi impazziscono. Una famiglia caotica e gigantesca che pare invincibile, finché qualcosa di totalmente inatteso la travolge.
 
Giuseppe Lupo, Gli anni del nostro incanto.
Una domenica di aprile, una Vespa, a Milano, negli anni Sessanta: un padre operaio, una madre parrucchiera, un figlio di sei anni e una bimba che non ne ha ancora compiuto uno. Vengono dalla periferia, sembrano presi dall'euforia del benessere che ha trasformato la loro cronaca quotidiana in una vita sbarluscenta. Qualcuno scatta una foto a loro insaputa. Vent'anni dopo, nei giorni in cui la Nazionale di calcio italiana vince i Mondiali di Spagna, una ragazza si trova al capezzale della madre che improvvisamente ha perso la memoria. Il suo compito è di ricordare e narrare il passato, facendosi aiutare da quella foto. Prende così avvio il racconto di una famiglia nell'Italia spensierata del miracolo economico, una nazione che si lascia cullare dalle canzoni di Sanremo, sogna viaggi in autostrada, si entusiasma con i lanci nello spazio dei satelliti americani e sovietici, e crede nel futuro, almeno fino a quando non soffia il vento della contestazione giovanile e all'orizzonte si addensano le prime ombre del terrorismo.
 
Poesia.
Roberta Dapunt, Sincope.
Dalle precedenti raccolte di Roberta Dapunt abbiamo imparato a conoscere la vita del maso, i gesti ancestrali della sua gente e degli animali, e poi i silenzi della malattia, lo svanire della mente nell'Alzheimer eppure la capacità di resistenza della vita nella relazione fra persone legate fra loro dalla forza dei luoghi e degli affetti. Una poesia in direzione del sacro, cercato nelle piccole cose, ma anche inquieta, in costante tensione fra armonia e dissonanze. Nella nuova raccolta la spinta verso l'inquietudine è decisamente più forte. Il tono compassato lascia il posto a un'agitazione interiore, i segni senza tempo della natura non danno più stabilità. Qui parla soprattutto il corpo: le alterazioni degli equilibri, le emozioni non controllate hanno sempre una corrispondenza fisica.
 
Saggistica.
Guido Melis, La macchina imperfetta. Immagine e realtà dello stato fascista
Lo Stato fascista è studiato qui nei suoi meccanismi essenziali. I cambiamenti e le continuità che lo caratterizzano: nei ministeri, nei nuovi enti pubblici, nel rapporto contraddittorio fra centro e periferia. E in primo piano il nuovo soggetto che ambiguamente penetra nello Stato e al tempo stesso se ne lascia penetrare, statalizzandosi: il Partito fascista. E poi le élites, fra continuità e innovazione: burocrazie, gerarchie politiche centrali e periferiche, magistrature ordinaria e amministrativa, podestà, sindacalisti e capi delle corporazioni, autorità scolastiche, sovrintendenti alle belle arti, uomini dell'impresa pubblica e del parastato. Nell'affresco, ricco di particolari, emerge una visione complessa di quel che volle e non riuscì a essere lo Stato. Stato «fascista» ma al tempo stesso Stato «nel fascismo».
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