FB. Terzo capitolo: Il cane

Fabio Mundadori

19/12/2011

Terzo capitolo

Il cane

Una natura selvaggia e rigogliosa circonda la villetta. La stanza al pianterreno dove Paolo mi ha fatto accomodare non è molto grande. Il sole filtra dalle imposte semichiuse graffiando di luce la superficie nera dello schermo di un televisore LCD spento; adesso Paolo siede sul divano, le mani una dentro l’altra, la testa bassa come se il peso che opprime la sua coscienza gli impedisca di tenerla diritta.
- Capisci? Io ho fatto tutto quello che potevo. Ma non è servito. Quel cane è morto.
Seduto di fronte a lui lo guardo, sono venuto qui a casa sua per ascoltare la storia che ha da raccontarmi. Mi ha detto di qualcosa che schiacciava la sua coscienza in modo insopportabile. Lui è un famoso veterinario, ma so che non è la morte di quell’animale che lo sta angosciando, o almeno non direttamente. Fingo di non sapere nulla.
- È questo che ti tormenta?
- Quel cane era l’unica compagnia di un anziano signore che abitava in quella palazzina nella zona nuova di Castelnuovo...
Nasconde il viso tra le mani.
- Continua.
- Erano quasi quindici anni che quel pastore tedesco viveva con il suo padrone; lo raccolse cucciolo ai bordi di un autostrada. Ricordo quando lui e la moglie lo portarono in studio da me con una polmonite in stadio molto avanzato. Qualche anno fa un ictus dagli effetti mortali uccise la moglie e il vecchio rimase solo con il cane. - Mi guarda e respira profondamente, come se dovesse raccogliere fiato a sufficienza per soffiare fuori una storia che vorrebbe non dover raccontare
- Un anno fa un tumore colpì il cane, aveva i polmoni completamente devastati dalle metastasi. Intervenni come potevo ma...
Si interrompe ancora, reprime un singhiozzo, alza finalmente lo sguardo cercando in me qualche appiglio, ma trova solo un cenno della mia testa che lo invita a continuare.
- La morte dell’unico compagno di vita fu il colpo finale per il vecchio. Una mattina si svegliò, scrisse una lettera di addio, tagliò il tubo del gas e aprì il rubinetto. Ma qualcosa non andò nel modo previsto: dopo pochi minuti l’intera palazzina saltò in aria.
Ricordo bene quell’episodio. Sono qui per questo.
- Non sempre le cose vanno come abbiamo programmato. Spesso le nostre azioni producono conseguenze che vorremmo evitare ma che condizioneranno per sempre la nostra vita - dico. Lui sorride male.
- Sai, quando ti ho contattato in quella chat cercavo solo qualcuno che volesse ascoltare ciò che avevo da raccontare, ma con queste ultime tue parole, sembra che tu mi legga nel pensiero.
- In quella conversazione mi hai confessato che volevi toglierti la vita. Perché? - chiedo. Paolo sorride ancora, non risponde e con lo sguardo fisso al pavimento continua a raccontare.
- L’esplosione avvenne intorno alle dieci del mattino, tutti erano al lavoro ma ci fu un’altra unica vittima oltre al vecchio: un bambino di appena sette anni. Non si era recato a scuola perché affetto da una forma influenzale. Abitava lì solo da qualche giorno, i suoi genitori avevano rilevato da poco il negozio di alimentari sulla stessa via. Il responsabile della sua morte sono io. Se io avessi salvato quel cane adesso due vite umane...

La sua voce sfuma, sovrastata dal rumore dei miei pensieri; questo è il momento per porre fine al suo racconto e insieme liberare ogni suo desiderio. È sufficiente usare le parole giuste, non è necessario che descrivano la verità.
- ...tre vite umane. - lo correggo.
- Tre?
- La madre di Andrea, così si chiamava il bambino, si è tolta la vita una settimana fa.
- Non ho letto nulla in proposito sui giornali, tu come lo sai?
- Lei è ...era mia sorella.
Paolo si copre il viso e si scioglie in un pianto a dirotto.
- Mi dispiace, mi dispiace. - continua a ripetere.
- Dispiacersi non serve - e mentre lo dico sfilo un coltello dalla custodia legata al polpaccio.
- Marina, mia sorella, si è tagliata le vene nella vasca da bagno.
Gli porgo il coltello tenendolo per la punta. Lo fissa avidamente per qualche secondo, poi lo stringe nella destra tremante.
- Sai ciò che devi fare.
Paolo guarda prima me, poi le vene gonfie che dagli avambracci scendono verso le mani, lascia trascorrere un istante e affonda la lama nel polso destro, cambia mano e fa lo stesso con il polso sinistro; uno schizzo rosso colpisce la mia guancia. Si copre il viso con le mani, lacrime e sangue si mescolano sul suo volto.
Cambia idea poco prima di morire, mi supplica di chiamare i soccorsi, di salvargli la vita. Ma ora la sua storia è mia, la sua vita pure. Lo guardo agonizzare fino all’ultimo istante. Assaporo il senso di onnipotenza che mi dà averlo spinto oltre il baratro della sua debolezza, poi lo carico sulle spalle e lo porto via con me. 

Il racconto è inserito all'interno dell'Antologia Criminale che contiene i racconti selezionati dalla giuria come finalisti del Premio Letterario "Garfagnana in giallo". Il quarto capitolo, Dettagli, sarà pubblicato venerdì 23 dicembre.
Clicca qui per leggere il primo capitolo,
Graphyo; e il secondo capitolo, Online.

 

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Fabio Mundadori

Fabio Mundadori

Nato a Bologna nel 1966, oggi vive a Latina. Colpito dal morbo di Asimov in tenera età, scrive di fantascienza, horror e giallo dando prova più volte di amare la contaminazione tra generi. Il suo primo racconto "Eroi" viene premiato nel 2006 a Fondi (premio Ieri Oggi Domani) e nello stesso anno inizia la collaborazione con "I narratori di Puerto Eden". Nel 2008 vince la seconda edizione del premio "Giallolatino" con il racconto "Notti di Luna Iena". Dal 2009 fa parte del gruppo letterario pontino "I duri della Palude" con il quale pubblica, tra gli altri, il racconto breve “Chi ha paura del lupo cattivo” uscito nell’istant-book presentato proprio a questa sesta edizione di Giallolatino “2012 la fine del mondo”. Nel 2010 pubblica "Il faro" nell’antologia "Virtù e Peccato" (Arpanet) mentre il...

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