Il Ratto d'Europa e il Premio Nobel

Paola Dei

11/05/2020

Rapita dal Dipinto realizzato ad olio e attribuito a Guido Reni che porta il titolo Il ratto d'Europa, mi trovo alla Pinacoteca Nazionale di Bologna e sto prendendo appunti su un quaderno acquistato in una cartoleria vicina alla Stazione Centrale. É il 1988, sono passati otto anni dalla strage della Stazione e la città inonda di bellezza le strade, i vicoli, i Musei. Un momento difficile della storia italiana al quale i Bolognesi risposero con grande resilienza e dignità; capisaldi che meritano un rispetto incondizionato anche oggi, molti anni dopo, in un momento drammatico come quello che stiamo attraversando con il Covid19.
 
Torno ancora al 1988. La mostra è bellissima e mentre sono rapita dall'opera dove a sua volta una fanciulla viene rapita, sento una voce che mi dice: “Lei ama molto l'arte vero? Mi ha stupito vederla così estasiata davanti a questa opera!”. Mi volto di scatto e vedo un signore con un sorriso aperto molto più alto di me, ed io che non sono piccola con i tacchi quel giorno ero circa 1 metro e 83 cm. Con un gesto della mano mi mostra le altre opere della sala in cui mi trovo, poi riprende il discorso chiedendomi cosa mi ha colpito di questa opera. “Sto osservando l'armonia dei colori, la sensualità della donna raffigurata nel dipinto e le diversità rispetto alle opere di altri artisti come Tiepolo, Tiziano, Veronese. Di solito la raffigurano mentre cavalca un toro bianco mansueto, ma Guido Reni ha fatto una scelta diversa”. Lui sorride e mi domanda se possiamo visitare insieme l'Esposizione.
 
La magia che si viene a creare mi riporta alla mia infanzia, quando con mio padre e mia madre, io e i miei fratelli andavamo a visitare i musei più belli del mondo. Mio padre, che non sentiva a causa degli esiti della febbre spagnola, un'altra pandemia del 1920, aveva abituato tutti i suoi figli alla bellezza e alle arti. Sono immersa in questi ricordi quando la voce del signore mio compagno di viaggio nel museo, mi riporta alla realtà. Non so cosa dire, non lo conosco, ma lui mi toglie dall'imbarazzo e inizia a parlare raccontando la storia del dipinto e del ratto di Europa. Mi accorgo subito della sua grande capacità narrativa e ascolto incantata.
 
É istrionico, colto, intelligente e “conosce l'arte come le sue tasche”. Recita, gioca con le parole. “Sembra che l'artista seicentesco abbia realizzato tre diverse versioni dell'opera, in base soprattutto a quanto ci dice il critico Malvasia. Una fu commissionata al Reni da Carlo I d'Inghilterra, una da una famiglia spagnola attraverso il Duca Guastalla e una terza per Ladislao IV di Polonia. Oggi si conoscono soltanto due versioni; una a colori custodita alla National Gallery di Londra e facente parte della Collezione Mahon, l'altra in bianco e nero custodita invece al Museo dell'Hermitage di Leningrado. Molti autori, pur trovandosi in accordo sugli avvenimenti, non sono però d'accordo sulle origini d'Europa. Esiodo nel 770 a. C. riteneva che la fanciulla fosse madre di tutti i corsi d'acqua e sorella di Asia, figlia di Oceano e Teti. Ovidio invece riteneva che fosse figlia di Agenore re di Tzur, una antica città sarda, Tharros per i fenici, figlio a sua volta della ninfa Libia e del dio del mare Poseidone. Secondo invece il racconto di Omero la giovane e bellissima Principessa, era figlia del Re Agenore e di Telefassa, sorella di Cadmio, e viveva in Fenicia. Zeus un giorno dal cielo vide la bellissima principessa sulle rive del mare insieme alle sue ancelle. Stava cogliendo i fiori e bagnandosi.  La sua pelle era limpida e trasparente, le sue forme morbide e femminili tanto che Giove se ne innamorò immediatamente. Per non impaurire le ancelle e la Principessa, Giove assunse le sembianze di un toro bianco. Era così tranquillo che le fanciulle iniziarono ad accarezzarlo ed Europa gli salì in groppa ma in quel momento il toro iniziò a correre e la condusse all'Isola di Creta. Europa era spaventata e senza parole fin quando Giove si rivelò a lei dichiarandole il suo amore. A quel punto Giove fece scendere da Cielo le Ore e fu subito celebrata l'unione. Da Europa nacquero Minosse, Radamante e Superdonte”.
 
Mi sto divertendo moltissimo e, mentre l'uomo parla, mi rendo conto della sua incredibile creatività che si esprime, e al di là delle parole, con la gestualità, le espressioni facciali, la mimica e riesce a trasmettere sempre un messaggio più profondo: la sua grande competenza mitologica, storica e storiografica. Sembra cambiare carattere, avere mille idee in contemporanea, sviluppare pensieri con una ideazione velocissima. Ci sono 83 capolavori giunti dai musei di tutto il mondo e lui li conosce tutti e su ognuno ha una storia da raccontare. Mescola capacità attoriali alla cultura con grande semplicità, mi fornisce in stereofonia mille possibilità sui dipinti, mi sintetizza tutta la storia con la facilità di chi conosce la materia in maniera profonda. Poi all'improvviso mi sfodera un grammelot davanti ad uno dei dipinti di Guido Reni.
 
Incoraggiata dai grammelot, sfodero un sonetto toscano di cui sono cultrice. “Questa Mostra di Bologna/ certo c'è chi se la sogna!” dico divertita. Mi sembra di essere dentro un negozio di giocattoli e la mostra sta diventando una occasione unica per fare anche letteratura. Lui sorride e mi incita fare altre rime. Prendo il via, come si dice in Toscana e proseguo: “Lei è un tipo divertente/ed osserva attentamente”. Lui prosegue con gli aneddoti sui vari quadri, ascolto incantata mentre proseguiamo la visita dentro alla Pinacoteca. Sono davvero felice di aver incontrato una persona così creativa per fare il mio tour fra le opere di Reni. Il viaggio a Bologna, la città resuscitata, una parola che ho sentito pronunciare anche adesso da chi è guarito dal Covid19. La scienza della resurrezione riporta ai mistici cristiani i quali insegnavano che bisogna attraversare la notte dell'anima per accorgersi della luce.
 
Stiamo dentro alle sale circa due ore; il mio accompagnatore cita letteratura, arte, storia, concentra in questo relativo poco tempo straordinarie conoscenze e una innata simpatia. Prende il quaderno sul quale stavo scrivendo appunti e schizza un disegno. Difficile trovare una persona che unisce cultura, comicità, ironia, arte. Il tempo è volato, all'uscita lo ringrazio e dandogli la mano dico: “Ma sa che lei assomiglia moltissimo ad un attore, scrittore, drammaturgo italiano?”
“Ah sì, e chi è?”, risponde lui.
Al che dico: “Dario Fo!”
Mi guarda, sorride ancora e mi dice: “Ma io sono Dario Fo!”.
 Anni dopo, esattamente nel 1997, Dario Fo fu insignito del Nobel per la Letteratura.

Il racconto rientra nell'iniziativa di Toscanalibri.it "Racconti di scrittori toscani per i giorni del Coronavirus"
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Paola Dei

Paola Dei è scrittrice, psicologa, Psicoterapeuta, critico teatrale ANCT e critico cinematografico SNCCI e FIPRESCI. Collabora con il GSA giornalisti specializzati. Ha effettuato il praticantato nelle pagine di cultura de La Nazione di Siena dove é stata anche collaboratrice esterna e poi con quotidiani e Riviste nazionali. Fin da bambina ha avuto la fortuna di visitare i Musei più belli del mondo e parallelamente ai regolari corsi di studio ha effettuato studi...
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