Le divaganti esplorazioni di un critico-scrittore per approdare "Da ogni dove e in nessun luogo"

Roberto Barzanti

26/02/2015

“Qualcosa è stato per noi un colloquio quando ha lasciato in noi qualcosa”: son parole di Hans George citate da Francesco Ricci, docente di letteratura italiana e latina al liceo classico Piccolomini di Siena, nell’introduzione al suo libro più recente: "Da ogni dove e in nessun luogo"(pp. 172, € 16,90, Becarelli, Siena 2014).

Un volume estroso e sparviero, dove il critico-scrittore prende spunto da un testo per divaganti esplorazioni e sintomatici collegamenti. Talvolta si tratta di escursioni tra versi e spartiti musicali, altre tra lirica e filosofemi. L’eccitante incursione corsara la vince sulla razionale prudenza, in barba al paludato storicismo che ha irrigidito i programmi scolastici per decenni. Anche da seguitissimo insegnante Ricci adotta una pedagogia indisciplinata, allergica a circostanziate cronologie ed elencatorie bibliografie. Così vengono chiamati alla ribalta, a sorpresa, Auden e Baudelaire, D’Annunzio e Faulkner, Goethe e Pasolini, Pavese e Saba, Tasso e Tolstoj, Trasnströmer e Wilde in voluto disordine.

Nel capitolo su "La bellezza matura" Ricci viviseziona il sonetto 592 di Torquato Tasso, dedicato a Lucrezia d’Este (“Già solevi parer vermiglia rosa”), innovativo rispetto alle lodi profuse di consueto in abbondanza all’indirizzo di fresche giovincelle. Dapprima l’autore dà la parola a Leopardi, che, avvinto dall’altera Fanny, si sbilanciò fino a sentenziare che una trentenne “è più atta a ispirare, e maggiormente a mantenere, una passione”. Quindi, mutando di colpo registro, afferma che “la poesia (e l’arte in generale), al pari dell’amore, sa essere bugiarda, fa credere che la fuga del tempo possa venire fermata”. Fa capolino la manganelliana teoria della “letteratura come menzogna”. Altro che confessione del vissuto o abbraccio di sensazioni allora! Artificio e verità felicemente contrastano. E i ben torni versi adulano e ingannano.

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Roberto Barzanti

Roberto Barzanti
è un politico italiano. È stato parlamentare europeo dal 1984 al 1994, dal 1992 ha ricoperto la carica di vicepresidente del Parlamento europeo. Dal 1969 al '74 è stato sindaco di Siena. Dal 2012 è presidente della Biblioteca Comunale degli Intronati di Siena. Ha pubblicato "I confini del visibile" (Milano, 1994) sulle politiche comunitarie in tema di cinema e audiovisivo. Suoi saggi, articoli e recensioni tra l'altro in economia della cultura, il Riformista, L'indice dei libri del mese, Gli argomenti umani, Testimonianze, Gulliver, Il Ponte, rivista quest'ultima della cui direzione è membro. Scrive per Il Corriere Fiorentino.
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