Perché leggere i classici. Aristotele, Menandro e la necessità interpretativa delle leggi

Duccio Rossi

22/04/2011

Rispettare le leggi non vuol dire necessariamente essere moralmente irreprensibili. Esistono purtroppo molti casi in cui l’uso delle leggi può essere del tutto strumentale e finalizzato unicamente al raggiungimento di obiettivi immorali. Il “rispetto delle regole”, insomma, non vuol dire necessariamente “giocare” in modo onesto. La nostra società ci mostra infatti diversi esempi di questo fenomeno: dalle difese legittime, ma eticamente discutibili, che certi legali offrono ai propri clienti, fino ad arrivare alle cosiddette leggi “ad personam” e riforme “ad hoc” di cui molto si sente parlare – a torto o a ragione – in questi mesi.

Aristotele - Tutto questo era già stato intuito e teorizzato dal grande filosofo Aristotele, il quale, nei suoi due trattati di etica, ci parla anche della necessità interpretativa delle norme, sottolineando come il bene morale non sia semplicemente raggiungibile col rispetto delle leggi stesse: “per questa ragione giudichiamo la qualità di una persona dalla sua decisione; ciò equivale a giudicare in vista di che cosa agisce, non che cosa fa”, ci dice infatti Aristotele.

Menandro - Un pensiero che ritroviamo teatralmente esemplificato in una commedia di Menandro, commediografo greco del IV secolo a. C. molto condizionato dall’humus culturale della filosofia aristotelica. Menandro infatti, in una sua commedia intitolata “Lo scudo”, mette in scena un vecchio avaro dal nome Smicrine che vuole a tutti i costi applicare un suo “diritto dovere”: sposare una sua giovane nipote, rimasta senza fratello e senza padre, al fine di garantirle la sussistenza ed un futuro certo. Un’intenzione apparentemente nobile, se si considera anche il fatto che il vecchio Smicrine è obbligato dalla legge a farsi carico del sostentamento della nipote, e che, per far questo, può ricorrere legittimamente anche al matrimonio. Ma il fatto è – e questa è la raffinatezza di Menandro – che la giovane nipote ha già una sua sostanziosa eredità con la quale poter vivere senza problemi ed anche un suo innamorato – giovane come lei del resto - che vorrebbe sposarla senza secondi fini. Ecco dunque che Menadro, in tutto l’arco della commedia, sottolinea come il vecchio Smicrine, ovviamente interessato soltanto a mettere le mani sulla cospicua eredità e non certo al bene della nipote, sia moralmente biasimevole nonostante si muova all’interno della legalità del suo tempo. Una commedia semplice, certo, ma che ancora oggi ci può indurre a riflettere, ricordandoci che spesso la moralità va ben oltre i confini della legge, poiché essa appartiene ad una sfera sublime, ben più raffinata di quella del diritto.

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