Sulle tracce di Holmes e Doyle. 3-Southsea, dove l’eroe di Baker Street venne alla luce

Luca Martinelli

08/11/2013

Non è facile scrollarsi di dosso le emozioni e le sensazioni evocate da Undershaw, la casa vuota che rappresenta un punto di snodo fondamentale nell’esistenza di Arthur Conan Doyle e della sua creatura letteraria più famosa: Sherlock Holmes. Nonostante siano passati un pomeriggio e una notte, e nonostante le miglia che ci hanno allontanato da Hindhead siano ormai molte, il mio cuore è rimasto là. Mentre guido vorrei che il viaggio che abbiamo ripreso al mattino presto – il calendario segna l’1 agosto – potesse riavvolgersi come la pellicola di un film. La strada scorre però in un’altra direzione. Verso Portsmouth, per l’esattezza. E pensando a cosa incontrerò in questo antico porto militare, da cui un tempo salpavano anche le navi per l’Australia e altri paesi lontanissimi dall’Inghilterra, con l’avvicinarsi della meta trovo consolazione e sento crescere una rinnovata curiosità. E allo stesso tempo provo sollievo, perché oggi le esigenze dell’appassionato di Sherlock Holmes e quelle dei familiari troveranno uguali soddisfazioni. Portsmouth, infatti, merita comunque una visita: per le bellezze architettoniche che fondono antico e moderno senza stonature, per le fortificazioni volute da Enrico VIII, per la casa in cui nacque lo scrittore Charles Dickens, per la bella cattedrale, per l’elegante lungomare e, infine, per la bella e possente visione della “Victory”, la nave al comando della quale l’ammiraglio Lord Horatio Nelson guidò la flotta inglese alla vittoria di Trafalgar, infliggendo una sonora sconfitta alla marina napoleonica.

Portsmouth e Southsea nel Canone – La città portuale e il suo sobborgo, di cui parlerò più approfonditamente poco più avanti, sono citate nella saga di Sherlock Holmes diverse volte. A Portsmouth , si legge in Uno studio in rosso, Watson sbarcò di ritorno dalla guerra afgana. La città viene poi citata due volte nel racconto Il suo ultimo saluto: vi si legge infatti che la spia prussiana Von Bork è in possesso di carte che ne descrivono minuziosamente le fortificazioni e l’agente Altamont (un americano-irlandese dietro il quale si cela Holmes) spedisce da qui un telegramma proprio all’ufficiale tedesco. Infine, Portsmouth viene citata nel racconto “Il trattato navale”, quando si legge che Holmes e Watson prendono un treno per la città da Woking. Southsea, invece, viene citata nel racconto L’avventura della scatola di cartone, quando Watson, in una Londra asfissiata dal caldo di agosto dice di sognare “le radure della New Forest o la ghiaia di Southsea”.

La strada dove nacque Sherlock Holmes – E allora eccoci a Southsea, sobborgo di Portsmouth sorto su un’isoletta, oggi in realtà un continuum con la città. E vedrete che sarà facile capire perché Watson (l’alter ego di Doyle, in fondo) sognava le sue spiagge ghiaiose. Southsea, infatti, è la prima tappa sherlockiana della giornata. La mia meta è il n. 1 di Elm Grove. In quell’appartamento, dopo le iniziali esperienze di pratica medica (prima a bordo di una baleniera e poi a Plymouth in società con un amico), il giovane Arthur Conan Doyle aprì il suo studio medico, dove esercitò dal 1882 al 1890. Della palazzina originale, purtroppo, non c’è traccia. I bombardamenti tedeschi la rasero al suolo nel 1941 e quella attuale, pur chiamandosi ancora Bush Villas, è tutt’altra cosa rispetto a quella che ospitava l’ambulatorio e la casa di Doyle. Tuttavia, a testimoniare che qui soggiornò lo scrittore scozzese c’è una targa celebrativa. Vi chiederete, allora, perché mi sia spinto fin qui. Per vedere una semplice targa? No. C’è un altro motivo, semplice e, per me, carico di fascino. Il fatto è che in questa strada è nato Sherlock Holmes. Ecco i fatti: lo studio medico era frequentato da un numero ristretto di pazienti e Doyle, per ingannare il tempo libero, si dedicò alla passione di sempre: la scrittura. Fu così che dette vita ai personaggi che lo hanno reso celebre: Sherlock Holmes e il suo fidato amico dottor John H. Watson. Era il 1887 quando Doyle dette alle stampe Uno studio in rosso, il primo capitolo della saga dell’allampanato e geniale investigatore di Baker Street. E sempre qui scrisse il secondo romanzo della saga, Il segno dei quattro, che uscì nel febbraio 1890 e lo consacrò definitivamente al successo letterario. Il luogo, lo ripeto, non è più lo stesso, è vero. Eppure in questo angolo di Portsmouth, un po’ defilato dalla vitalità a tratti caotica del centro, alita tutt’oggi quel senso di rilassata noia che spinse Doyle a creare un mondo di avventure che riempisse i vuoti e le solitudini della sua vita. E mi colpisce che Louise Hawkins, sorella di uno dei suoi rari pazienti, finì per farlo innamorare e diventare sua moglie. E tutto questo mi rivela che Elm Grove è stata fonte di vita per Doyle. Perché qui è nato l’amore con Louise che lo renderà padre, e perché qui è nato Sherlock Holmes, il suo figlio letterario per eccellenza. Non è incoerente, dunque, che Watson vagheggiasse di ritornare alle spiagge di Southsea.

Una collezione da museo – La seconda tappa è al Portsmouth City Musuem, non molto distante da Elm Grove. Un’ala del museo è interamente dedicata al mondo di Doyle e di Holmes. Le vetrine, le pareti e il pavimento di questo spazio raccolgono una quantità impressionante – ed è solo una piccola parte della collezione messa insieme da Richard Lancelyn Green – di documenti, libri, fotografie, locandine di film e spettacoli teatrali, e oggetti connessi con Sherlock Holmes e la vita del suo autore. Lancelyn ha sfogato la sua passione per il detective londinese passando una vita a frequentare aste, a contattare teatri, a bazzicare negozi di antiquari e quelli di più umili rigattieri con l’unico intento di entrare in possesso di una memorabilia sherlockiana o connessa con Doyle. E i pezzi unici e preziosi che ha raccolto sono incredibili. La biblioteca che ha messo insieme – fatta di prime edizioni delle opere di Doyle e di libri che altri autori hanno dedicato a Sherlock Holmes – è talmente vasta che, fatta eccezione per quelli esposti in queste sale, sono conservati in un piano ad hoc, visitabile solo su appuntamento, della Portsmouth City Central Library. Quello del collezionismo è uno dei tanti modi in cui sfocia la passione per lo scrittore scozzese e la sua creatura per eccellenza. E in questo caso il collezionista ha raggiunto il sublime. Per dare una dimensione dello spettacolo che si può ammirare grazie alla mania di accumulare oggetti holmesiani, basterà dire che un mio caro amico di Empoli, Gabriele Mazzoni, che si definisce un collezionista maniacale, con oltre 42 mila pezzi holmesiani è “solo” il terzo collezionista al mondo nel settore. La visione della summa di oggetti raccolti nel museo di Portsmouth dà alla testa. Le prime edizioni delle avventure di Holmes, nella loro eleganza e vetustà, provocano brividi. E commovente è leggere le righe vergate da Doyle, con scrittura precisa e minuta e priva di cancellature, sui quaderni e sulle lettere che inviava ad amici e conoscenti. E poi ci sono le fotografie. Tantissime. Che ritraggono Doyle nell’intimità familiare, in sella a una motocicletta, con gli amici, sul campo da cricket. Si entra nella vita dello scrittore, come lo stessimo davvero incontrando. E la poltrona, il violino, la borsa da medico di Watson, le tazze per il tè di epoca vittoriana, i giochi da tavolo ispirati al detective, le locandine dei film e delle commedie contribuiscono, con le loro forme, i loro colori e l’eleganza dei segni grafici, a proiettarci in una dimensione che palpita tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. Ogni vetrina, ogni singolo oggetto, in realtà, regala un brivido, una gioia, uno struggimento. In poche stanze, c’è tutto il mondo che ho scoperto e amato leggendo, rileggendo e indagando i testi dei 4 romanzi e 56 racconti che narrano le vicende di Holmes. Ci tornerò spesso, con la mente, in questi spazi. Per rivivere tutte le belle emozioni che ho provato. Perché questa visita mi ha regalato, tra le altre cose, una gioia straordinaria e insperata. Mia moglie e le mie figlie, che di solito sopportano di buon grado questa mia ossessione, mi hanno ringraziato per avergli fatto scoprire questo scrigno di tesori.

Portsmouth e “Il mondo perduto” – Scorrendo le informazioni su Portsmouth non posso che intravedere un’altra connessione tra questa città e sir Arthur Conan Doyle. Nel 1872 – dieci anni prima che Doyle si stabilisse a Southsea – da Portsmouth era salpata la spedizione scientifica “Challenger”, dal nome della nave che effettuò una lunga esplorazione della vita degli oceani. Appassionato di storia, Doyle ricordò senz’altro questa avvenimento nel mettere a punto i dettagli per la scrittura de Il mondo perduto, romanzo che ha ispirato il Jurassic Park letterario di Crichton e poi l’omonimo film di Spielberg. Il mondo perduto, com’è noto, narra le vicende di una spedizione scientifica. E a capo di quella missione c’è, guarda caso, un tal professor Challanger. Un chiaro omaggio, senza dubbio, alla reale spedizione che salpò da questo porto affascinante.
 

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Luca Martinelli

Luca Martinelli

Nato a Siena nel 1964, vive a Prato dall’età di quattro anni. Prima cronista sindacale e politico per diverse testate, poi direttore di un settimanale economico locale, oggi lavora in un ufficio stampa istituzionale. A trent’anni la riscoperta di Sherlock Holmes: la particolarità del personaggi, una concezione del mondo e della vita, l’epoca storica in cui si svolgono i fatti lo affascinano al punto che, quando incontra “Uno studio in Holmes”, l’associazione degli scherlockiani italiani, non può che lasciarsi coinvolgere. Sulla rivista dell’associazione, “The Strand Magazine”, di cui oggi è direttore responsabile, ha pubblicato quattro racconti. Il palio di Sherlock Holmes è il suo primo romanzo.

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