Aldo Santini

La cucina livornese

€ 16,00 € 15,00

Casa Editrice: Tarka Edizioni

Anno: 2018

N. Pagine: 196

Cosa dire di una città che (371 anni fa, sia pure) alza il suo monumento “costituente” con 4 schiavi incatenati, i Quattro Mori, simbolo orgogliosamente ostentato di ciò che tutte le altre Città marinare facevano, ma senza parlarne, cioè il traffico di schiavi? O che chiama “baccalà” non uno sciocco, ma uno privo di credenze religiose? O che già alla fine del ’500 ammette ufficialmente nel suo tessuto sociale la “nazione ebrea” insieme con le altre, tante, “nazioni” che formano istituzionalmente la sua cosmopolita colonia mercantile? Come minimo che è una città un po’ diversa dalle altre.
Per capire e narrare una città così si possono usare molte chiavi di ricerca: Aldo Santini, che Livorno ha raccontato in vari libri, questa volta ha scelto, molto modernamente, la chiave della cultura alimentare, cioè cucina, mercato, feste, import-export, ristoranti, personaggi, occasioni storiche.
Non so chi, ha detto: “L’uomo è ciò che mangia”. Con questa espressione un po’ goffa credo volesse dire che la cucina riflette tutti i dati culturali e materiali concorrenti a formare “l’uomo” di un’area determinata: ed ecco la cucina livornese descritta da Santini, una cucina potente e varia la cui bandiera è una zuppa di pesce dal nome turco, le cui famose triglie sono un’invenzione ebraica, nella quale il pomodoro si installa prima che a Napoli, che ha il cuscus col suo vanto di deserto ma anche il bordatino, minestra di farina gialla, verdura e fagioli che si raccorda con le tante risposte simili alla fame tradizionale dell’Appennino Toscano; la cucina di una città dove il tè si serve con rito inglese ma nelle strade scorre, sotto forma di poncino, il rhum dei pirati, di una città che apre il primo caffè d’Europa e che stampa in prima edizione Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria.
Santini scrive allegramente, nel senso che il suo libro non solo trasforma la vicenda della cucina in un immaginario affascinante, ma, da giornalista che ha steso le gambe sotto tavole d’ogni parte del mondo, la racconta entrando e uscendo dalla cucina e dal personaggio, facendo entrare e uscire i propri modi dal palcoscenico dell’ironia: è un livornese che guarda da livornese, come un livornese racconta Livorno in un gioco di specchi che diverte, fa venir voglia di litigarci, ma anche di correre in cucina, o almeno al ristorante, a dimostrare e ad assaggiare, con triglie e cacciucchi. Come dire, un ulteriore “piacere del testo”.
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Codice 978-88-98823-10-6

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livornese purosangue (1922-2011), è considerato il giornalista livornese che più ha dedicato se stesso all’illustrazione di tradizioni, vicende, personaggi, curiosità della sua città. Un giornalista di alte qualità, uno scrittore di razza, un uomo di vasti orizzonti che ha illustrato Livorno prima con il suo lavoro e poi con le sue opere. Dopo gli esordi nel... Vai alla scheda autore >

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