Al microfono sul piccolo palco, la voce grossa della musica. Parola agli Zen Circus

il 11/06/2012 - Redazione

Ci sono palchi che ospitano i grandi nomi della musica nazionale e internazionale rincorsi nelle città italiane, specie d’estate, per lo spettacolo o il concerto dell’anno. Esistono, quei palchi, nel nome di quella cultura e di quella musica capaci di monetizzare e dare impulso all’economia o al turismo del territorio. E che ben vengano e continuino ad essere montati, quei palchi, per quei pochi utopisti come noi che ancora credono nella musica come sinonimo di cultura e pseudonimo di sviluppo.
Ci sono poi altri palchi, meno luci e meno casse, più piccoli a dimensione di quel paesino, di quel borgo o di quella campagna che non guarda neanche a monetizzare ma semplicemente a proporre, scovare, scommettere su un “sottofondo musicale” vivo da tempo ma non sempre sotto le luci dei riflettori. Anche quei palchi, sono sinonimo di cultura e pseudonimo di sviluppo. E’ qui che l’incontro con la musica è più a misura popolare. Nasce dal basso, da un garage o una cantina di periferia, cresce nei pub e nei pochi locali adepti al live, sale in alto lungo quei gradini di un palco di sagra, di festa, di contest. E poi quei gradini li discende. Ecco quando avviene l’incontro, mai formale, sempre diretto, con quella musica dal fascino del “terra terra”. Questa è musica dal vivo.

Tv Spenta - A Rapolano Terme, in uno dei quei piccoli palchi, è andata in scena una grande manifestazione con tre giorni tutti all’insegna del rock e in grado di dare spazio a tanti gruppi emergenti del “sottofondo musicale” toscano e non solo. A “TvSpenta dal vivo”, su quello stesso piccolo palco, sono poi saliti gli Zen Circus. Tre ragazzi cresciuti con la cultura di strada e dei centri sociali a Pisa e che di quella stessa cultura adesso fanno manifesto del loro genere musicale, rock nella più pura essenza, testi taglienti, sarcastici, essenziali di denuncia e in grado di raccontare un Paese e una realtà che giocano tra l’onirico e l’assurdo. Andrea Appino (voce-chitarra), Karim Qqru (batteria) e Massimiliano Schiavelli “Ufo” (basso), oggi non possono più essere definiti gruppo emergente e dal piccolo palco di Rapolano Terme hanno fatto partire il loro tour estivo che li vedrà protagonisti in tutta Italia. Sotto quel piccolo palco, scesi i pochi scalini, li abbiamo incontrati per quella che doveva essere un’intervista e si è trasformata piacevolmente in una chiacchierata e uno scambio di vedute su musica, cultura e società in trasformazione.

La voce degli Zen - «Per noi le cose stanno andando molto bene – ha sottolineato Karim Qqru -. In Italia c’è fermento musicale ma i mezzi da parte dello Stato sono al minimo storico. Noi riusciamo ad essere sempre in tour perché fortunatamente esistono associazioni, come quella di TvSpenta, che riescono ad  organizzare eventi di spessore. I fondi  rispetto alla fine degli anni Novanta sono un quarto. Ai nuovi gruppi consigliamo di suonare in tutte le condizioni. Noi tre siamo cresciuti in un centro sociale dove se ne vedono di cotte e di crude. Se uno ha la volontà di emergere deve avere la pazienza di fare un percorso di formazione. Se uno vuole fare tour di un certo livello già da subito può anche smettere». «Chi esordisce ora si può consolare perché l’alleggerimento di tante reti informative permette con minima fatica di fare cose che prima era difficile fare – ha aggiunto Massimiliano Schiavelli “Ufo” -. Quando abbiamo cominciato noi bisognava fare cento copie di un cd e imbustarlo per mandarlo a cento indirizzi». Dalla musica la chiacchierata si sposta inevitabilmente alla politica. «La musica crea immaginari – è intervenuto Andrea Appino -. Noi lavoriamo per provocazione e immaginario creando l’immagine di un Paese che può essere realista, vero, fittizio e ci mettiamo dentro dei personaggi che possono essere veri, fittizi, immaginari. Tutto questo per provocare e ottenere una risposta dal pubblico. La musica non deve dare risposte, al massimo è il pubblico che le deve dare anche se non sono sempre quelle giuste. E’ doveroso chiedersi se la democrazia funziona o meno. L’immaginario proposto con la nostra musica va a incidere sull’individuo che poi prosegue il lavoro di riflessione da solo. Non dobbiamo convincere. Se c’è da denunciare qualcosa di oggettivo si fa anche se le cose vanno sempre analizzate a fondo prima di giudicare. Solo gli stupidi giudicano. In Italia appena succede qualcosa, il giorno dopo vogliamo la risposta ma siamo l’unico Paese che non ha risposte per quello che è successo trent’anni fa. Questo è grottesco».
Quello che non è stato grottesco è sapere che esistono e resistono ancora manifestazioni come quello di TvSpenta dove si può incontrare e confrontarsi con la musica dal vivo. Perché l’incontro e il confronto, per noi utopisti, sono i pilastri della cultura e il miglior pseudonimo di sviluppo. E allora ben vengano i piccoli palchi, meno luci e meno casse, tanta più occasione di “monetizzare” i propri pensieri e la propria capacità critica insieme a chi sale quei pochi scalini.

Cristian Lamorte

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