Correttezza in campo. Che non vinca il peggiore

il 25/02/2013 - Redazione

In attesa che Stefano Benni aggiorni il suo Bar Sport al nuovo secolo (sono trascorsi quasi 40 anni dall’uscita del libro divenuto un classico dell’umorismo) a tutti è dato vedere come quel luogo, un po’ reale un po’ metaforico (finanche metafisico) resista ancora. L’arrendevole squallore delle luci a neon di un tempo, luccica oggi di lampade a led, ma il Bar Sport è vivo e lotta insieme a noi. Interagisce con la piazza virtuale e con le strade (quasi sempre senza sfondo) sulle quali le parole degli uomini fanno jogging: tenace, inconcludente, necessario. Forse la sintesi del binomio sport/società sta proprio lì, persa tra i vapori della macchina da caffè che quotidianamente irrora i prati incommensurabili dell’ovvietà. Ecco, allora, le chiacchiere assurgere esse stesse a pratica sportiva. Hanno le loro olimpiadi, i primatisti, gli sponsor, le sostanze dopanti, i bilanci in rosso, gli allenatori, i gironi di andata e ritorno, gli immancabili ultras. Lo sport della vita – quello sì di massa – trova allora il verso di svolgere il proprio campionato. E anche in tal caso a vincerlo sono sempre i soliti.

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