Da comico a politico, l’ascesa di Beppe Grillo raccontata in un libro. Parla l’autore Paolo Marcolisi

il 11/03/2013 - Redazione

Scoperto da Pippo Baudo nella Milano da ridere durante l’improvvisazione di un monologo sul palco de La Bullona, il lancio in tv e il sodalizio con quelle telecamere che oggi odia, o dice e consiglia di odiare ai membri del suo Movimento. L’esordio nel gioco a quiz Secondo Voi al fianco di Baudo. Tra il 1977 e il 1978 comincia l’era del Grillo comico. Trascorrono gli anni, la bufera in Rai, l’approdo sui palchi in piazza e sulla rete con la creazione, nel 2005, insieme a Casaleggio, del suo blog annunciandosi ai naviganti come “un partigiano della terza guerra mondiale, quella dell’informazione”. Una battaglia all’informazione – non piacciono a chi scrive certi toni enfatizzanti su determinati temi – che cresce anch’essa negli anni fino a pochi giorni fa quando, il Grillo parlante nel suo blog tuona ancora contro il giornalismo italiano dei lupi “che non fanno informazione ma propaganda, vilipendio, diffamazione”. Da quel monologo improvvisato sul palco de La Bullona ad oggi tante sono le tappe di formazione politica di Grillo e del suo Movimento 5 Stelle fino al successo nelle elezioni di fine febbraio. Dai V Day alla creazione delle prime liste civiche, dai temi più cari per le rivendicazioni alle citazioni in suo merito di politici e giornalisti, dal discusso successo elettorale di Pizzarotti a Parma fino al “Non Statuto” e al programma elettorale prima delle ultime politiche. Il tutto è ripercorso con dovizia di particolari e aneddoti da Paolo Marcolisi (uno pseudonimo) nel libro “Storia e programma politico del Movimento 5 Stelle” (Barbera Editore) e nelle librerie pochi giorni prima della tornata elettorale.

Ti aspettavi un successo così eclatante alle ultime elezioni?
«Credo che nessuno si aspettasse un risultato così convincente. Personalmente avevo creduto, dopo l’espulsione dei “ribelli” Federica Salsi e Giovanni Favia, che lo slancio del Movimento avrebbe subito un forte arresto. Invece la campagna elettorale di Grillo e Casaleggio ha dato nuova linfa e slancio a tutto il movimento. Gli ultimi giorni di campagna elettorale mi avevano poi convinto a credere in un grande risultato, ipotizzabile non superiore 16/18%. Mi ero sbagliato, nonostante alcuni forti segnali, le piazze stracolme e i sondaggi in perenne crescita. Si dice che alcuni sondaggi in possesso del Pd durante gli ultimi giorni di campagna elettorale segnalavano il Movimento 5 Stelle addirittura al 29%».
Quali sono state le carte vincenti?
«Una strategia totalmente nuova di comunicazione, improntata sulla differenza netta tra di lui e gli altri leader politici, una forma di comunicazione diretta, accessibile e a tratti didascalica. Slogan semplici, chiari, magari un po’ abusati ma rilanciati con una forza e un’energia travolgenti.
L’attacco ai privilegi della classe politica è stato il più grande catalizzatore di voti. Mi è capitato di seguire Grillo in alcuni suoi comizi - penso a Siena, ma anche a Milano - e mi sono stupito di come anche il cittadino distratto, quello che magari passeggiava svogliatamente nei dintorni, veniva come catturato dalle parole dell’ex comico genovese. Questo avveniva non, o non solo, perché Grillo ha un carisma molto forte, ma perché il suo pensiero era sulla stessa lunghezza d’onda dei suoi ascoltatori. Poi certamente la situazione politica economica ha largamente aiutato la campagna elettorale del Movimento. Grillo non ha parlato moltissimo di economia in campagna elettorale, così come non ha parlato con frequenza di lavoro ma si è fatto portatore di un messaggio più che chiaro: la situazione economica è tremenda, ma non ci sarà mai una formula vincente fino a quando resteranno nella stanza dei bottoni i politici che questa crisi la hanno creata. E questo pensiero era quello comune a gran parte dell’elettore demotivato e deluso dalla politica. Grillo gli ha proposto un sogno, una speranza. Non sono convinto che il voto per il Movimento sia stato solo un voto di protesta, un voto contro la vecchia politica. Credo, anzi, che sia stato anche un voto di speranza. Grillo è stato bravo a regalare all’elettore un sogno, quello di una politica per e di cittadini».
Grillo padre o padrone del Movimento?
«Entrambi. Grillo padre fondatore del Movimento, impulso vitale, energia decisiva. Del resto da quando ha messo in rete il blog, non ha più sbagliato un colpo. Dai V Day, al Movimento, dalle elezioni amministrative a quelle politiche. E’ innegabile che tutto questo sia una sua creatura. Ma allo stesso tempo padrone, signore che detta le condizioni e tira le fila. Si dice che un movimento di rottura come quello delle 5 Stelle abbia bisogno di disciplina e figure di riferimento, ma credo che sia sotto gli occhi di tutti, anche di chi lo ha votato, che c’è una forte incongruenza tra la partecipazione collettiva tanto sbandierata e l’autoritarismo interno che trova il suo culmine con il documento stilato dallo stesso Grillo e a cui tutti i senatori e i deputati del Movimento dovranno attenersi. Avranno tempo per calibrarsi e risolvere le incongruenza ma per un partito che trae l’energia fondamentale dalla trasparenza e dalla partecipazione questi sono nodi importanti da sciogliere molto velocemente».
Moti politici, sulla base di dichiarazioni passate, si sono sbagliati sul suo conto. C’è stato effettivamente un errore di sottovalutazione?
«Sì, credo che all’inizio sia stato sottovalutato. Ma del resto chi poteva pensare che l’ex comico potesse creare una struttura così complessa senza un briciolo di finanziamento e senza l’appoggio di nessun grande media. Credo che le cose siano cambiate dopo il successo dei V day… ecco da lì in avanti Grillo è stato visto come un competitor. Certo un piccolo competitore, ma da allora è iniziata una sorta di campagna pro o contro Grillo. Durante le ultime elezioni, infine, Grillo è stato molto temuto e, che si voglia o no, è stato il leader che ha dettato tempi e temi della campagna elettorale. Io credo che in questa campagna elettorale tutti i politici lo abbiano evitato perché non potevano competere con lui. Portando avanti la battaglia anti casta, anti privilegi, Grillo si è da subito posto su un piano diverso rispetto agli altri candidati. Come potevano Bersani, Berlusconi, lo stesso Monti confrontarsi con Grillo? Il vecchio, “il marcio” contro il nuovo: una battaglia persa in partenza».
La struttura fortemente verticale del suo movimento ricorda per certi versi i grandi partiti di massa della prima metà del novecento. E’ un accostamento possibile?
«Sì per certi versi assolutamente. Nel rigore interno il Movimento assomiglia al partito comunista degli anni ‘50: il leader detta la linea, gli iscritti si confrontano, il leader decide. Anche la figura stessa di Grillo è quella di leader carismatico, di capo popolo. Ci sono però due differenze fondamentali. La prima è che gli iscritti al Movimento si iscrivono perché aderiscono ad un programma chiaro e preciso e quindi è vero che il leader decide, ma è anche vero che il leader detta la linea che tutti gli iscritti hanno consapevolmente deciso di seguire. L’altra differenza è che i 5 Stelle non hanno, al contrario dei grandi partiti di massa, un’ideologia alla loro base. Sono cittadini comuni, di origini e formazioni diverse che si sono uniti sotto i punti chiave di un programma intelligente, innovativo e modulato sull’attualità. La mia domanda è: cosa succederà quando i punti del programma saranno stati applicati? O peggio ancora: cosa succederà quando altri punti non saranno più realizzabili?»
Il Movimento e i suoi eletti in Parlamento sono chiamati ad una forte responsabilità. Dalle piazze alle Camere, ci riusciranno?
«Mi auguro di sì. Hanno una responsabilità enorme ma anche la possibilità di dimostrare che la politica dal basso funziona e crea eccellenze. Non credo a quelli che dicono che serve esperienza per fare il politico, credo a quelli che dicono che servono competenze per gestire la cosa pubblica. Per adesso i grillini sono stati superbi nel convincere l’elettore, ma non basta essere buoni oratori per essere buoni amministratori. Partecipando alla consultazioni politiche hanno accettato le regole partitiche e parlamentari, e mentre nelle piazze potevano urlare i loro no contro l’intera nazione, adesso, all’interno delle camere devono lavorare per costruire non per distruggere».

Cristian Lamorte

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