“Da Tarantino a Miller, la contaminazione per me è un valore aggiunto”. Parla Massimo Rainer

il 20/10/2011 - Redazione

La passione per la scrittura val bene uno pseudonimo. Ovvero, scrivere romanzi piacevoli, e non potersi mostrare a causa della professione. E’ il caso di Massimo Rainer, nome scelto da un avvocato del Foro di Milano, che lascia al suo alter ego il compito di raccontare i risvolti bui ed inquietanti del capoluogo lombardo. Dopo il romanzo d’esordio “Rosso italiano”, pubblicato con l’editore senese Barbera, Rainer è alla seconda prova con “Chiamami buio”, dove Buio è proprio il protagonista, un poliziotto che si comporta peggio dei criminali. Rainer è uno dei tanti scrittori che ha tentato la sorte inviando un manoscritto, ed ha avuto la fortuna di trovare qualcuno in Toscana che ha creduto nelle sue doti di narratore.

“Rosso italiano” è stato pubblicato nel 2007 da Barbera. “Chiamami buio” invece è stato lanciato dalla Todaro di Lugano. Vuol raccontare come è entrato in contatto con queste due case editrici?
“Nel 2007, alla fine della stesura di “Rosso italiano”, inviai una raccomandata, contenente il manoscritto, a Barbera perché avevo da poco terminato di leggere un loro libro ed ero rimasto piacevolmente sorpreso dall’audacia del testo. Fu un tentativo da absolute beginner, senza aspettative particolari, anche perché non avevo il minimo contatto presso l‘editore. La settimana successiva mi contattarono per propormi il contratto. Un miracolo, credo. Diverso è stato il caso della Todaro, casa editrice che già conoscevo e apprezzavo e il cui editor, Tecla Dozio, è una mia amica. Ho evitato di sfruttare questo nostro rapporto, passando per la via convenzionale, cioè inviando il testo a Veronica Todaro che ne ha potuto fare una prima valutazione, passandolo solo successivamente a Tecla, che lo ha trattato con tutta la professionalità delle persone vere, amicizia a parte”.
Riporto dal blog Fang club di Ammaniti l’annotazione di una sua ammiratrice dopo l’uscita di “Rosso italiano” che viene definito “un pulp surreale e fumettistico, con contaminazioni tarantiniane, rappresentazioni fisiche alla Tom of Finland, esagerazioni alla Frank Miller e tormentoni deliranti alla Palanhiuk”. La sua scrittura è veramente così?
“Conosco perfettamente la persona, nonché autrice e stupenda amica, che ha scritto queste parole. Non sta a me definire la mia scrittura, ma è chiaro che faccio della contaminazione un valore aggiunto”.
Lei è un penalista e lavora al Tribunale di Milano. Ha iniziato a scrivere con uno pseudonimo: le ragioni sono ancora valide?
“Sì, perché la mia professione di avvocato deve sempre essere tenuta distinta dalla passione per la scrittura che mi ha portato e mi porta a pubblicare romanzi. Nessuno deve essere indotto dalla tentazione di confondere i due piani, io per primo”.
Torniamo a “Chiamami buio”. Buio è proprio il protagonista, un poliziotto che ha fatto un salto di barricata e ne compie di pessime: lo ha conosciuto veramente, oppure è frutto di fantasia?
“Se conoscessi veramente un essere come Buio, i casi sarebbero due: o io o lui. Detto questo, la fantasia è spesso aiutata da ciò che vedo nella mia vita professionale”.
La violenza sembra la “cifra” che caratterizza il romanzo. Un noir deve essere così, deve colpire a ripetizione il lettore sino a stenderlo per ko?
“Non necessariamente, ma è questo il mio modo di intendere il noir. Ciò detto, ci sono autori e autrici – Elisabetta Bucciarelli, per fare l’esempio di una scrittrice che tutti conoscono, o almeno dovrebbero – che usano la violenza con grande parsimonia, ma sanno fare altrettanto male. Io leggo e apprezzo moltissimo anche le loro opere”.
Questa Milano così sordida la ripercorre attraverso le storie dei suoi clienti?
“Chi fa penale, quello vero, nero e crudo, passa per i luoghi che descrivo, necessariamente”.
Se le proponessero un bel contratto per scrivere una storia di amori adolescenziali con lucchetti da attaccare su Ponte Milvio a Roma?
“Dipende: se il contratto contenesse la liberatoria per attaccare i lucchetti anche a delle catene terminanti con palle chiodate, si potrebbe fare”.

Valerio Cattano

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LIBRO E AUTORE PREFERITO
“L’impero dei Lupi”, di Jean-Cristophe Grangè. Iil mio autore di riferimento è Alan D. Altieri
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“Nevica ancora” di Paola Sironi
IL LIBRO DA CONSIGLIARE AI LETTORI
“Pozzoromolo” di Luigi Romolo Carrino.
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Vitale.

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