Elsa Morante. Una invettiva tenera e imperiosa

il 08/03/2010 - Redazione

Nel 1974 critici letterari e colti lettori mostravano sui loro tavoli da studio un anti-romanzo di Paolo Volponi (Corporale) contraddistinto da arditezze tecnico-narrative, da una forma spiazzante, tanto confusa quanto suggestiva. Altrove, magari negli spazi più defilati delle camere da letto, non potevano però tralasciare la lettura di un corposo feuilleton (così venne definito con sufficienza) di Elsa Morante, intitolato La Storia. I critici lo stroncarono per quanto fosse ottocentesco e popolare, istigante (secondo Italo Calvino) pianto e commozione al pari dei Miserabili, una insistita “vendita di disperazione” (Rossana Rossanda), una Morante che (a detta di Cesare Cases) smentiva con quel libro i suoi precedenti ed apprezzati esiti ottenuti, ad esempio, con Menzogna e sortilegio.

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