Da Frontone e Gellio a Leopardi, da Baudelaire a Sofri, dalla funzione della memoria all’Inno di Mameli. Queste le tematiche eterogenee, accomunate dal tema della classicità, che sono state il fulcro del convegno di sabato 21 aprile dal titolo “Eredità dei classici, Eredità del Classico”, tenutosi al Liceo E. S. Piccolomini in occasione dei festeggiamenti per i suoi primi 150 anni. Ad aprire il pomeriggio culturale, dopo un notevole intervento mattutino del professor Duccio Balestracci sulla storia del Liceo senese e sulla “Storia di storie liceali”, è stato il professore Moreno Lifodi, storico insegnate di lettere greche e latine in pensione, che ha piacevolmente intrattenuto il pubblico facendogli seguire “un breve percorso sulla storia del termine classicus tra gli antichi e noi, a partire dalla più antica e – fatto singolare – unica testimonianza della parola impiegata a qualificare uno scrittore in un senso paragonabile a quello espresso dal moderno termine classico”. “Classicus, adsiduus, non proletarius….” (Gellio XIX, 8, 15): questi i termini su cui Lifodi si è soffermato, in quanto “rappresentano per noi la più antica definizione di un “classico”, ma non solo la più antica, l’unica che l’antichità ci ha tramandato”.
Da Lifodi, la parola è passata ad Antonio Prete, docente di Letterature Comparate presso l’Ateneo senese, che ha spiegato il valore dell’universo classico per Leopardi e Baudelaire: un “serbatoio dell’antico” da cui attingere per il presente per Leopardi, uno sconfinato mondo da utilizzare per parlare, metaforicamente, dell’allora attuale Parigi per Baudelaire. Con la professoressa Donatella Puliga, anch’essa docente alla Facoltà di Lettere di Siena, l’attenzione dell’uditorio si è spostata sul tema della memoria: la memoria per noi moderni e per gli antichi, la concezione che di essa aveva Platone, l’etimologia della parola “memoria” e i modi con cui gli antichi erano soliti aiutarla, come le tavolette di cera da cui deriva l’espressione “tabula rasa”. Alessandro Fo, docente di Letteratura Latina, ha parlato poi dell’importanza della lettura dei classici in generale per le persone detenute. Dopo aver avuto modo, in passato, di parlare di letteratura a dei detenuti, il professor Fo si è accorto del grande effetto che i classici possono avere nell’animo di chi ha perso la libertà: un effetto estremamente consolatorio. E in merito sono stati letti alcuni passi scritti da Adriano Sofri, passi con citazioni e rimandi alla letteratura che hanno fatto ben comprendere quanto i classici possano toccare l’animo di chi è recluso in carcere.
Con Maurizio Bettini, professore di Filologia Classica, si è parlato invece dell’Inno di Mameli. Bettini ha condotto un’esegesi della prima strofa dell’inno, avanzando una affascinante interpretazione dei famosi versi: “…Dov'è la Vittoria? Le porga la chioma, che schiava di Roma Iddio la creò….”. La vittoria, schiava di Roma, porgerebbe – secondo Bettini – la chioma all’Italia, affinché le venga posta in testa quella corona che per i romani era simbolo di schiavitù. Ha concluso il convegno il mirabile spettacolo di Luca Maciacchini dal titolo “Virgilio è ballabile”: un racconto cantato e recitato, mandato tutto quanto a memoria, della storia di Roma e della sua letteratura, con una mimica, una comicità e una satira veramente degne di nota. Da non dimenticare le molte esecuzioni di brani musicali classici e le letture di poeti, antichi e moderni, eseguite dagli studenti del Liceo Classico Piccolomini i quali, tra un intervento e l’altro dei professori universitari, hanno dato prova della loro abilità di musicisti e di sensibili lettori.
Duccio Rossi
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