Il poeta di Bolgheri. Nel limbo pop dei ricordi

il 01/08/2011 - Redazione

La maestra si pose in piedi dinanzi alla cattedra, chiese attenzione, inclinò leggermente la testa come a farsi pendant della carta geografica che sulla parete di destra piegava in direzione opposta. E prese a leggere con la pacatezza che può essere scelta a registro di commozione: “I cipressi che a Bolgheri alti e schietti / van da San Guido in duplice filar…”. L’aula era racchiusa in un silenzio più distratto che partecipe, anche perché i bambini non è che ricavassero molto da quelle parole tanto solenni; poi l’insegnante fermò la lettura e prese a parlare di sentimenti, ricordi, fanciullezza, nonne, e persino dell’inesorabilità del tempo che non torna indietro. Perché Giosuè Carducci – proseguì la maestra – riuscì ad esprimere tutti i più intimi sentimenti dell’animo umano. Ecco, bambini, per sabato imparerete a memoria fino a “guardando io rispondeva – oh di che cuore!”.

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