Da cronista di “nera” ad autore affermato di romanzi noir. Massimo Lugli è giornalista alla vecchia maniera; ha imparato a lavorare per le strade, il mestiere gli è entrato nelle vene frequentando le questure, le caserme dei carabinieri, gli ospedali, le vittime ed i responsabili dei delitti. Oggi ad un giornalista si chiede la laurea ed il master, ma non di saper portare una notizia in redazione, tanto, tutto (o quasi) si trova sulla Rete. Da questo punto di vista Lugli è fra gli ultimi mohicani rimasti in circolazione che conosce il valore dei rapporti umani e l’importanza di consumare le suole delle scarpe. Il percorso da novizio nella narrativa Lugli lo ha intrapreso qualche anno fa. Libri di genere noir, che gli hanno portato tante soddisfazioni e successo.
Si è parlato molto di noir mediterraneo; è stata una moda creata dalle case editrici o c’è del buono in queste proposte letterarie?
“Non credo che il noir sia una moda creata dagli editori come è successo per vampiri o maghetti vari. Secondo me gli editori hanno captato l'interesse sempre crescente del pubblico per un genere che si ispira sempre di più alla cronaca nera. Oggi, secondo me, l'80 per cento degli esordienti parte dal noir e spesso si scoprono veri e propri talenti come la giovanissima Lorenza Ghirelli che ha spopolato col suo "Divoratore". Il problema, a mio modesto parere, è uscire dalle pastoie del "genere" e cucire una buona trama noir su un romanzo che abbia la dignità di letteratura e sia,
semplicemente, un buon libro. Questo significa caratterizzare bene i personaggi e non privilegiare l'intreccio a scapito della scrittura; una caratteristica tipica degli scrittori italiani per cui la forma è molto più sofisticata rispetto agli americani o agli svedesi”.
Quali sono gli ingredienti per un noir ineccepibile?
“E' una domanda da un milione di dollari ma provo a rispondere. Credo che gli ingredienti migliori siano uno scenario inconsueto (basta coi serial killer), un investigatore che, possibilmente, non sia il solito commissario sfigato e un personaggio, non necessariamente il protagonista, che lasci il
segno. Secondo me l'80 per cento del successo di Larsson è nella figura di Lisbeth Salander oltre che dall'ambientazione in Svezia. Altro requisito che credo fondamentale è partire di scatto, mantenere l'interesse del lettore in crescendo e regalargli una bella chiusa, qualcosa di commovente, di inaspettato o di brutale che lo spinga a comprare il prossimo libro. Attacco e chiusa, come in un buon pezzo di nera”.
Dalle vicende del “Lupo” all’Adepto…come si è evoluta la tua scrittura e quanto ha contato l’appoggio della casa editrice?
“La mia scrittura è migliorata, si è evoluta e ripulita, libro dopo libro, anche grazie al lavoro degli
editor di altissimo livello della Newton Compton . Sto lavorando moltissimo sul ritmo, sui dialoghi e sulla lunghezza dei periodi e cerco di costruirmi degli stilemi personali. Dal punto di vista formale sto cercando di smussare un pochino il turpiloquio e le scene più forti anche perchè una cosa è far
parlare un clochard e un'altra un giornalista. Mi auguro che i lettori apprezzino i miei sforzi e la mia evoluzione. Ma, ad ogni modo, l'appoggio dell'editore e i suoi consigli sono preziosi e in questo sono veramente fortunato”.
Hai partecipato con successo al Premio Strega, che ricordi hai dell’esperienza?
“L'esperienza dello Strega è stata bellissima, irripetibile ed estenuante. Uno dei periodi più concitati ed esaltanti della mia vita visto che ci sono arrivato da perfetto sconosciuto. Non ho niente contro i premi letterari perchè sono sempre un ottimo trampolino di lancio e tra l'altro vedo che,
sia allo Strega che ad altri, si stanno affermando sempre più autori esordienti. Tempo fa ho letto il blog di una signora che ha scelto “L'Istinto del Lupo” dopo aver visto che era stato finalista allo Strega, che altro potrei desiderare di più?”.
Spesso costruisci le tue storie ambientate nei meandri della Capitale. Quale altro scenario vorresti per un tuo libro? Ancora una metropoli o magari le colline toscane che la cronaca ha indicato in passato piene di segreti e storie maledette?
“Preferisco restare in uno scenario che conosco bene, quello metropolitano. Le colline toscane sono una buona ambientazione, soprattutto per vicende demoniache ma su questo fronte mi sono già cimentato con l'Adepto. Nei miei romanzi non ho mai nominato esplicitamente Roma. La mia idea è quella di raccontare una città "universale", coi suoi segreti e i suoi lati ombra”.
L’Adepto ha venduto più di ogni altro tuo libro, pensi ad un seguito come per il “Lupo”?
“Si, sto lavorando alla terza avventura di Marco Corvino. Il mio alter ego ha ancora parecchio da fare, prima di andare in pensione....”:
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