Il taglio delle Province e il campanilismo globalizzato. L’analisi sociologica del professor Fabio Berti

il 15/10/2012 - Redazione

Toscana terra di campanilismi e di vicende storiche che hanno acuito nel tempo i dissidi e gli scontri tra città e comunità più o meno vicine e che, oggi, di fronte alla Spending Review si pone domande su convivenza, identità, appartenenza ai tempi della globalizzazione. Cittadini e amministratori si interrogano sull’opportunità dell’accorpamento delle Province concentrandosi sugli aspetti burocratici ma tralasciando spesso i caratteri socioculturali di un’identità, più o meno piccola, più o meno radicata, che affonda le radici nelle peculiarità storiche, artistiche, tradizionali e culturali. Dimenticandosi, forse, che il campanilismo al tempo della globalizzazione non è e non può essere un concetto arcaico che rischia la facile degenerazione verso l’anacronismo. “C’è una revisione del modo in cui il campanilismo è vissuto dagli individui nel loro modo di stare in società – sottolinea Fabio Berti, professore di sociologia alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Siena -. Oggi viviamo in un mondo globale, ci si muove su scala planetaria continuamente. Il campanilismo è l’aspetto che permette di difenderci dalla globalizzazione. Infatti si parla molto di glocalizzazione per mostrare che ci sono processi di rilocalizzazione su piccola scala in cui le piccole identità sono utili per contenere i processi di trasformazione imposti dalla globalizzazione. Ma è glocalizzazione quindi non solo locale ma anche globale per cui anche la dimensione identitaria va vista in quest’ottica”.

Quale è il senso di appartenenza territoriale di un cittadino?
“L’identità territoriale degli italiani e dei senesi fa riferimento a due ambiti territoriali: quello comunale per cui le persone sentono di appartenere al proprio Comune e l’ambito nazionale. Negli ultimi 6 anni abbiamo fatto due ricerche nel territorio senese una sui giovani nel 2005 e una sui nuovi ceti popolari nel 2008. In entrambe le ricerche gruppi tutti dicono di appartenere o al Comune o all’Italia o al massimo si arriva ad una appartenenza regionale. L’idea di senesità non emerge mai. Tutti riconoscono che in provincia si vive bene, perché la qualità della vita è superiore alla media nazionale e regionale. Il senso di appartenenza esiste indirettamente attraverso il riconoscimento delle condizioni materiali e culturali di vita ma come dimensione identitaria la provincia non ha mai colto nel segno”.
Le ricerche però risalgono ad anni in cui qualità della vita a Siena era migliore…
“Ora la situazione è cambiata ma la dimensione identitaria della provincia non suscita particolare attenzione. Tutta la vicenda che ruota attorno alle Province è discutibile nei modi e nei tempi ma i cittadini non so quanto si accorgeranno della chiusura visto che interagiscono abitualmente con il Comune e con tutta una serie di organismi nazionali che si avvalgono di delegazioni provinciali che resteranno al loro posto. Alla fine non sono queste le dimensioni che fanno la vitalità e l’attività di un territorio dove le persone partecipano e vivono realtà solidaristiche”.
L’identità di una comunità è dettata da storia, cultura e tradizioni. Più i rischi o le opportunità dagli accorpamenti?
“Per la provincia senese ad esempio è complicato parlare di identità territoriale. Da Cetona a Poggibonsi i mondi sono completamente diversi. Basta sentire gli accenti dei cittadini ma la stessa cosa vale ad esempio per i contesti socioeconomici. Le identità non sono mai fisse, cambia il mondo e cambiano anche loro. Non ci sono rischi o opportunità in sé, dipende da come evolverà l’impianto istituzionale. Solo a posteriori si potrà capire se alla fine saranno più i benefici o gli aspetti negativi”.

Cristian Lamorte

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