L’amore-odio tra Henze e Montepulciano nel ricordo di Luciano Garosi

il 05/11/2012 - Redazione

Un idealista oltre che un grande artista, un amore, quello per la cultura e per i giovani, sconfinato fino al limite del riconoscimento. Una passione, oltre che per la musica, per il pensiero in grado di tramutarsi in concretezza nel nome di un obiettivo da perseguire con il sudore e la pragmaticità. Un grande affetto e un odio verso quella Montepulciano che tanto gli dette e tanto gli tolse nel riconoscimento forse parziale, forse condizionato, forse mai compreso delle sue doti di artista e idealista. Un rapporto vissuto tra sconfitte e vittorie, tra delusioni e soddisfazioni, incomprensioni e riconoscimenti ma che ha segnato comunque la vita. Hans Werner Henze è morto una settimana fa a Dresda e ha legato il suo nome a Montepulciano dove nel 1976 fondò il Cantiere d’Arte, riformò e presiedette l’Istituto di Musica passando il testimone nel 1989 al suo allievo Detlev Glanert e a Luciano Garosi tuttora direttore della scuola di musica. E la sfida di Henze a Montepulciano era racchiusa proprio nel progetto di una produzione culturale profondamente legata al territorio oltre che alla musica.

“Ho saputo della sua morte da un sms di Detlev – racconta Garosi -. Chi ha conosciuto Henze una cosa che non potrà mai dimenticare sono i suoi occhi infuocati. Quando ti diceva una cosa ti guardava in faccia e capivi subiti che non c’erano dubbi che quella cosa andava fatta al costo della vita. Henze è stato un grande musicista ma, chi ha avuto la fortuna di conoscerlo, non può rimuovere quella sua grande forza di volontà che ti penetrava addosso attraverso gli occhi. Era una persona estremamente idealista, testimone autorevole di una cultura “di sinistra”, ma nell’applicazione della sua idea diventava persona estremamente pratica e pragmatica. Il grande insegnamento che mi ha lasciato è che si lavora sull’idealità ma sempre con la coscienza e la consapevolezza che quella idealità possa e debba portare al risultato concreto”

Per quanto riguarda il Cantiere d’Arte e l’Istituto di musica quei risultati sono stati raggiunti?
“Henze si è allontanato da Montepulciano nel 1992 con una frattura risultata poi negli anni insanabile lasciandoci a compiere il Cantiere programmato. Lui ci ha sempre seguito poi a distanza informandosi costantemente sui nostri progressi. Nel ’96 tornò a Montepulciano per ricevere la cittadinanza onoraria e poi non ha più rimesso piede in queste terre. Era molto amareggiato di come era stato trattato qui fino ad arrivare a dire che Montepulciano era il suo più grande insuccesso, lo diceva con quel profondo rammarico di una persona che aveva dato molto a questo territorio. L’ultima volta che sono andato a casa sua a Marino gli abbiamo portato dei risultati documentati con fotografie, una di queste coi bambini del progetto unico in Italia del “Orchestra in classe”. E’ stato in quel momento che mi prese la mano e con voce flebile mi disse: “ma allora abbiamo vinto”. Se n’era andato nel ’96 ma non si era mai dimenticato di noi ed ha sempre aiutato l’istituto tanto da metterci in contatto con un mecenate che ci dava 10mila dollari all’anno così come ci ha aiutato nella realizzazione de Il Pollicino oppure regalandoci dei pianoforte che nella scuola di musica di Colonia dismettevano. Una volta, addirittura, di nascosto dal suo compagno, lui che non ha mai toccato un soldo nella sua vita, girava senza portafogli e faceva sempre pagare il compagno Fausto Moroni, mi dette un assegno nel ‘94 di 8 milioni di lire per mettere apposto quei pianoforte regalatici”.
L’istituto di musica verso quale direzione andrà adesso senza questo punto di riferimento che era Henze?
“Oggi qui a Montepulciano tutti sanno chi era Henze ma in pochi l’hanno conosciuto. La perdita è stata essenzialmente affettiva e Henze più che essere un padre ormai era un nonno. E’ una grande perdita perché lui ha voluto la realizzazione di questo progetto ma mi sento di poter dire che oggi siamo autonomi. Ci rimane la sua eredità spirituale”.
Quel suo modello idealista di produzione culturale può essere attualizzato e può servire ad un rilancio del settore?
“Quando Henze fece questo progetto a Montepulciano culturalmente non c’era niente e, conoscendo il mondo, temeva che questo territorio diventasse un luogo di turismo di massa. Un timore che si è poi realizzato e oltre al turismo di massa, che comunque produce economia, oggi c’è un’intensa attività giovanile intorno alla cultura. Il nemico di oggi non è l’assenza di stimoli ma quella cultura di basso profilo legata alla televisione per esempio, a tutte quelle esche a cui i giovani abboccano facilmente, a quell’edonismo della macchina di lusso come primo gradino di riconoscimento sociale. Pochi oggi sono orgogliosi di sapere, molti sono felici di avere. La materialità dei beni ha sostituito la necessità di una ricchezza interiore culturale. Oggi quel progetto di produzione culturale targato Henze sarebbe validissimo ma andrebbe applicato a un contesto socioeconomico profondamente diverso. A quei tempi il progetto sposava una realtà di provincia, di campagna, bisognosa di conoscere. Oggi non c’è il nulla. C’è il peggio del nulla. C’è la pretesa di aver trovato la soluzione alla felicità umana con i beni di facile consumo, senza dare un giusto valore allo spessore della cultura e alla fatica di cui necessita la cultura per essere acquisita”.
Henze e Montepulciano. Un rapporto d’amore non contraccambiato?
“Henze è stato per certi versi sconfitto, il provincialismo della Montepulciano di allora e di oggi non gli ha reso abbastanza onore. Da paladino si è scontrato con la politica di allora fino a tramutare il suo rapporto con questo territorio in tutt’altro che idilliaco, tutta’altro che rose e fiori. Quegli stessi conflitti l’hanno portato ad andare via e nel discorso con il quale accettava la cittadinanza onoraria nel ’96 in sala del Consiglio comunale, di fronte alla cittadinanza disse: “io sono stato legato per la vita a questo posto ma vi ho sofferto come se fossi stato pugnalato prima della morte”. Henze era una persona categorica e aveva scritto nel suo libro nero il nome di Montepulciano. Quel giorno giurò che non avrebbe più messo piede a Montepulciano e così è stato. I grandi amori sono quelli che creano le più grandi delusioni. Oggi dobbiamo mangiarci le mani, se Henze fosse vissuto questi ultimi anni a Montepulciano in pace con la città, oggi avrebbe la sua tomba nella città del Poliziano e saremmo stati tutti più felici e contenti…come doveva essere”.

Henze è l’esempio, ahimè non più vivente, del connubio mancato tra politica e cultura. Nelle sfide e negli amori, per gli idealisti come lui, le sconfitte bruciano, i riconoscimenti sono postumi. Ma i segni restano, non sono le cicatrici di una sfida persa in vita, bensì le orme su cui ancora si cammina dopo la morte. Il pensiero e il credo non hanno i confini di un riconoscimento ed hanno i tempi di realizzazione più lunghi di quelli che si è immaginato. Ma la valenza di un’idea che è diventata realtà. La forza di un etereo che diventa materia. Il fascino di un qualcosa che si tramanda apprendendo perché, proprio come si legge nel Manifesto di Henze per il Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano scritto nell’ottobre del 1989, “qui noi tutti siamo insegnanti e al tempo stesso studenti”. Henze era scuola di pensiero, ancor prima che scuola di produzione culturale.

Cristian Lamorte

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