A distanza di 25 anni dalla celebre edizione della quattrocentesca “Beffa del grasso legnaiuolo”, che lo vide protagonista sotto al direzione del maestro Orazio Costa nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, Carlo Monni torna nuovamente ad indossare i panni pirandelliani del pasciuto intarsiatore costretto dalla furbizia e dalla perfidia di Filippo Brunelleschi a credersi un’altra persona; un personaggio completamente nelle corde di un attore popolare ed originale come Carlo Monni, non solo per il richiamarsi al tema della beffa feroce che da Boccaccio ad “Amici miei” ha sempre costituito uno dei pilastri della più schietta comicità toscana, ma anche per quel risvolto astratto e malinconico della vittima designata, capace di mettere in risalto anche i risvolti poetici e lunari del sanguigno artista campigiano.
La storia - Alle riunioni di una brillante Brigata di fiorentini intervengono il celebre architetto Filippo Brunelleschi e l'ebanista Manetto detto il grasso; poiché quest'ultimo non si presenta ad una cena, gli altri membri della brigata, offesi dall'essere trascurati da Manetto, che oltretutto è di condizione più bassa di tutti gli altri amici, agli ordini del Brunelleschi ordiscono una complicatissima beffa. Si farà credere a Manetto di essere un'altra persona, un certo Matteo Mannini, fannullone che vive alle spalle dei parenti. Con la complicità di un gran numero di persone, la beffa riesce al punto di far dubitare alla vittima della propria stessa identità. Alla fine della vicenda per evitare il ridicolo il povero legnaiuolo è costretto a trasferirsi in Ungheria dove peraltro farà fortuna.
Lo spettacolo - La nuova edizione dello spettacolo curata da Angelo Savelli e messa in scena da Andrea Bruno Savelli, che ha già diretto Carlo Monni in diversi spettacoli e film di grande successo, si basa sulle diverse edizioni in prosa ed in versi ci sono pervenute intorno a questa celebre beffa e, pur nel rispetto delle fonti, le inserisce in un nuovo ed originale contesto drammaturgico. A tal scopo vengono utilizzate anche le testimonianze del Vasari e di altri contemporanei su alcuni dei protagonisti della beffa, come lo “sgraziato” Brunelleschi e gli “scapestrati” Donatello e Filippo Rucellai e, con una piccola forzatura cronologica, fa entrare in scena anche il celebre poeta comico Burchiello, barbiere figlio di legnaiuolo, amico di letterati ed artisti con cui organizzava continuamente scherzi e burle.Quello che ne risulta non è solo uno spettacolo divertente, dinamico e popolare, ma anche un curioso spaccato della vita fiorentina dei primi anni ruggenti del Rinascimento in cui nobili, artigiani ed artisti condividevano senza frontiere le stesse passioni, lo stesso gusto per la vita e per l’arte e mettevano le basi per la costruzione di quel l’inconfondibile “carattere fiorentino” fatto di intelligenza, gusto, cinismo ed ironia che ancora oggi caratterizza i più veraci rappresentanti di questa inimitabile città.
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