Il coraggio è una componente fondamentale per fare teatro. Bisogna essere coraggiosi nel mettersi in gioco su un palcoscenico e, forse, ce ne vuole anche di più per portare un autore come Shakespeare, i cui lavori sono stati vivisezionati in una quantità enorme di sfaccettature. Basterebbe solo questo per apprezzare il lavoro di Valerio Binasco e della Popular Shakespeare Kompany che per iniziare il loro percorso artistico parte da “La Tempesta”, andato in scena al Teatro Metastasio di Prato dal 14 al 18 novembre. In realtà c'è molto da apprezzare in questa pièce che potremmo brutalmente sintetizzare come “figlia dei nostri tempi”, figlia di un teatro in crisi e alla ricerca di sé e di un nuovo spazio, “come un naufrago” per dirla alla Binasco.
L'isola nella quale il Bardo ha posto l'azione è un luogo, va da sé, profondamente simbolico in cui Prospero, Duca di Milano costretto all'esilio dal fratello e dal Re di Napoli, cova la sua vendetta verso chi lo ha relegato lì insieme a Miranda, sua figlia. L'odio profondo lo spinge ad incrementare le proprie conoscenze magiche per poter poi sfruttare gli spiriti a proprio piacimento: la tempesta d'apertura scatenata da Prospero da il via allo spettacolo e allo stesso tempo alla vendetta.
Quello che emerge chiaro sin da subito è che lo spettatore non potrà e non dovrà restare passivo: gli viene richiesta una partecipazione mentale continua. Gli elementi scenografici non si riducono a pareti caratterizzate da un rosso intenso e sanguigno ma sono soprattutto sonori: la potenza dell'immaginazione legata all'ascolto sostituisce gli effetti speciali. Chi assiste non può non immedesimarsi nelle vicende drammatiche e insieme comiche dei naufraghi, non può restare impassibile di fronte alle paure per un luogo che non si conosce o alle sofferenze di tutti, in primis di Prospero.
E se per fare teatro oggi bisogna ripartire dagli attori, anch'essi devono contribuire all'immaginazione e alla tensione emotiva: il contatto fisico tra di loro e con la scenografia è basilare nella lettura di Binasco, i movimenti, soprattutto mimici, sono spesso inaspettati e talvolta anche violenti nella loro rapidità. E' un tornare bambini o se volete “selvaggi” in un contesto in cui chi ha il potere perde molto della sua autorità e chi non ce l'ha cerca in tutti modi, dal grottesco al feroce, di conquistarlo.
Non c'è un attimo di respiro: la storia procede con un ritmo incalzante ed è interessante, al riguardo, la scelta frequente di far iniziare una scena con i personaggi della scena precedente in uscita ma ancora sul palco, quasi a mo' di dissolvenza incrociata. Ed incalzante è anche il susseguirsi di emozioni e di sentimenti: c'è il riso, la commozione, l'indignazione, la passione. La prova d'attore richiesta è notevole ed è superata: nessuno è fuori posto e la coralità si mantiene viva.
Il finale, nel quale Prospero chiede per un'ultima volta l'aiuto degli spiriti, è volutamente sospeso: alcuni indizi sembrano indicare un lieto fine, un cambio in positivo nelle vite dei personaggi ma la certezza non c'è. C'è invece il mistero di cosa attende loro e tutti noi in un mondo nuovo che dovremo imparare ad affrontare. Per usare le parole del regista nella chiacchierata post-spettacolo: “arriva un momento in cui un uomo dice basta, mi arrendo, voglio vedere cosa succede: il futuro del mondo secondo me non è dei perdenti ma degli arresi, di chi lascia cadere le armi”.
Dario Ronzulli
LA TEMPESTA di William Shakespeare
Spettacolo della Popular Shakespeare Kompany
con (in ordine alfabetico) Valerio Binasco, Fortunato Cerlino, Fabrizio Contri, Andrea Di
Casa, Simone Luglio, Gianmaria Martini, Deniz Ozdogan, Fulvio Pepe, Giampiero Rappa, Sergio Romano, Roberto Turchetta, Ivan Zerbinati
Costumi Sandra Cardini
Scene Carlo De Marino
Musiche originali Arturo Annecchino
Luci Fabio Bozzetta
Direzione allestimento Ronni Bernardi
Regia e traduzione VALERIO BINASCO
Produzione Oblomov Films/Teatro Metastasio Stabile della Toscana con il contributo di Estate teatrale veronese
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