La poesia, scriveva a Jung, è inseparabile dalla psicologia. E spesso anche dal tormento, dall’inquietudine e persino dalla follia: è per questo che Silvio Ciappi, psicologo criminale di fama nazionale, ha deciso di tracciare in un libro il profilo di dieci grandi poeti del secolo scorso, scrivendo per ognuno di essi un breve racconto di fantasia. E accanto a lui Francesco Ricci, studioso proprio di poesia del Novecento, che per ogni figura presa in esame ha elaborato un commento letterario a partire da un singolo componimento. Il risultato è Anime nude. Finzioni e interpretazioni intorno a 10 poeti del Novecento, un libro scritto a quattro mani che uscirà a novembre per i tipi di Mauro Pagliai.Marina Cvetaeva, Guillaume Apollinaire, Rodlfo Wilcock, Costantino Kavafis, Anna Achmatova, Jorge Luis Borges, Thomas Hardy, Iosif Brodskij, Nazim Hikmet, Rainer Maria Rilke: alcuni di essi sopportarono profondi lutti o vissero in balia dei propri fantasmi, altri vennero perseguitati per gran parte della loro vita, furono isolati, conobbero il carcere. “È proprio lavorando nei penitenziari”, racconta Silvio Ciappi, “che ho imparato l’importanza della poesia, il suo valore salvifico. Dove c’è molto silenzio si apprezza facilmente la bellezza della parola, si cerca una fuga dalla banalità del linguaggio”. Per molte anime inquiete, come i dieci poeti del libro, la poesia ha rappresentato un percorso terapeutico, una via d’uscita dalle zone d’ombra della propria esistenza. E i loro versi ci hanno lasciato una traccia per poterli comprendere, per poterci avvicinare anche solo di qualche passo alle loro esistenze: ne è convinto Francesco Ricci, che sottolinea come “il legame tra vita, vissuto, scrittura, rimane la via maestra di accesso alla comprensione dell’opera artistica, specie quando quest’ultima parla di amore”. Perché l’amore, di cui molte grandi poesie sono intrise, è la forza che si contrappone al dolore di vivere.