“Quando Forlin scatenò l’ira senese”. Fabio Mazzieri, vicepreside dell’Istituto d’Arte, racconta il futurismo a Siena

il 22/06/2009 - Redazione

Difficile e controverso il rapporto tra il Futurismo e Siena. Ma non per questo privo di alcun legame. Uno su tutti è quello che ha stretto il nome della città del Palio a quello di Virgilio Marchi, esponente del Futurismo nazionale oltre che direttore dell’Istituto d’Arte. Ed oggi, nel centenario del Futurismo, l’attuale vicepreside dell’Istituto d’Arte Duccio di Buoninsegna è l’ideatore di numerosi appuntamenti senesi dedicati proprio al movimento artistico del secolo scorso. Sienalibri ha voluto approfondire insieme a Fabio Mazzieri il legame tra la nostra città e il Futurismo.

Quanto si percepisce oggi l’influenza di quel movimento artistico?
“Non ce n’è traccia. Per questo ho organizzato una mostra sul Futurismo all’interno dell’Istituto d’Arte. Marchi è stato direttore, scenografo, architetto ma nonostante tutto nell’istituto il Futurismo non si percepisce. E c’è una ragione profonda per questo. Marchi si occupava dei padiglioni espositivi per l’Enoteca progettati in chiave futurista. Durante i mesi estivi erano il luogo di ritrovo di Marinetti e di numerosi poeti futuristi. Un giorno il pittore Corrado Forlin, originario di Monselice, l’unico ad aver realizzato un quadro futurista sul Palio, declamò una poesia che scatenò le ire dei senesi e del podestà con la conseguenza che, insieme a Marinetti, fu allontanato dalla città nel 1939”.
Cosa ha rappresentato allora il Futurismo per Siena?
“Da Siena è passato pochissimo. A distanza di tempo, però, noi artisti ci siamo resi conto che siamo tutti nati dal Futurismo. Abbiamo attinto da tutte le avanguardie del Novecento anche se non erano passate da Siena. E anche nell’Istituto d’arte quando si arrivava a studiare il Futurismo ci si fermava perché significava Fascismo. Fino a che gli studenti hanno vissuto e studiato in città, le esperienze erano molto limitate. Appena hanno cominciato a frequentare le Accademie di Firenze, Roma, e Milano, si sono resi conto che tanto era passato attraverso l’Europa”.
Quale è stata la reazione degli studenti di oggi nel confrontarsi con il Futurismo?
“In questi mesi abbiamo letto i manifesti e li abbiamo recitati. Abbiamo discusso di argomenti forti come la guerra "sola igiene del mondo" e il disprezzo della donna e abbiamo scoperto che c’erano cattive interpretazioni di queste tematiche. Per esempio, il disprezzo non era concepito tout court ma come disprezzo della donna frivola, creata e diffusa da tanta letteratura dell’epoca. I futuristi, invece, volevano una donna rivoluzionaria”.
Ha progettato e inaugurato le fontane nella vecchia stazione di Siena. Come si collocano oggi queste opere?
“Marinetti inaugura la stazione nel 1936 definendola la più bella d’Italia anche se ai senesi non piace. In realtà è un’opera rivoluzionaria che i bombardamenti della guerra ha distrutto. Sarà ricostruita in seguito ma con schemi che Angiolo Mazzoni non condivide tanto da affermare: “Ha fatto peggio la ricostruzione dei bombardamenti”. A distanza di anni il Comune di Siena mi ha affidato la decorazione plastico-pittorica delle fontane e ho cercato una soluzione di forte impatto cromatico, alternanza di bianco nero e l’elemento liquido che rende tutto più fluido e brillante. La mia opera ha voluto rappresentare un omaggio a Carlo Rosselli, e al suo sacrificio visto che è stato ucciso dal Fascismo in Francia, in una piazza emblematica perché nuova e futurista”.
Nella società senese si può intravedere un nuovo futurismo?
“Il Futurismo è stato una corrente storica, che non può tornare. Però, ritengo che tutte le città e i Paesi abbiano bisogno di spinte positive anche in architettura. Però ci vuole coraggio e Siena lo ha avuto nel 1300, quando furono innalzate la Torre del Mangia e il Duomo, due sfide impossibili e due opere davvero rivoluzionarie”.

Susanna Danisi

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