“Raccontare lo sport significa raccontare emozioni”. Parla Fabio Russo di Radio Sportiva

il 18/06/2012 - Redazione

Passioni, emozioni e sensazioni forti. In una parola sport. I campionati europei di calcio, così come i mondiali e i giochi olimpici che apriranno i battenti a Londra nel mese di luglio, ci mettono sempre davanti a questi elementi che pervadono e invadono in maniera dirompente la nostra quotidianità. Nei bar, nei luoghi di ritrovo e di lavoro, non si parla d’altro. Così come tutta l’agenda giornaliera è scandita da appuntamenti fissi per ritrovarsi a leggere un giornale, un portale online, oppure per guardare la tv o ascoltare una radio che ci possa parlare di quello che in questi giorni sta succedendo in Polonia e Ucraina. Per Radio Sportiva, che ha sede a Prato e che conta quasi 500mila utenze medie al giorno, l’inviato agli europei è Fabio Russo che segue ormai la Nazionale italiana di calcio da circa due anni e che è diventato quindi un profondo conoscitore del mondo azzurro.

Fabio, come si vive l’europeo da dentro?
“La situazione è festosa. Rispetto al mondiale di due anni fa in Sud Africa, si sente che qui il calcio si vive in maniera più viscerale. C’è grande attenzione verso questo sport. L’atmosfera è bellissima e viverla da dentro è trascinante. Manca un po’ l’Italia, va detto, nel senso che ci sono pochi italiani rispetto ai tifosi provenienti dalle altre nazioni e quindi i rappresentanti dello Stivale tra gli spalti si fanno sentire un po’ meno. Per il resto c’è grande trasporto. È una vera e propria festa. I polacchi sono scatenati e ci sono tante altre tifoserie che si fanno riconoscere per vivacità, colori e confusione. Bellissimo, in particolare, l’impatto con i tifosi irlandesi, nonostante la loro squadra non sia tra le migliori: sono in assoluto i più passionali e i più viscerali nel loro modo di fare tifo. E quando non si gioca si possono trovare spesso a riempire i locali e le vie del centro delle città”.

Cosa significa raccontare lo sport?

“Mi verrebbe da rispondere con il gingle di Radio Sportiva. Raccontare lo sport è “raccontare emozioni”. Con il calcio soprattutto. Perché è impossibile essere impermeabili al trasporto emotivo che vive ogni tifoso quando gioca la Nazionale. Lo sport lo si racconta da dentro, nel senso che si racconta quello che si percepisce, si sente, si prova. Si vive tutto e lo si riporta in tempo reale”.

E quindi, come si racconta lo sport?
“Si racconta tutto quasi naturalmente. Ovvero si riporta al pubblico quello che si prova in quel momento. Occorre immedesimarsi nello spettatore che è a casa davanti alla tv, in chi legge il giornale il giorno dopo, in chi è in macchina e ascolta la tua radiocronaca. E facendo quest’operazione devi cercare di trasmettere le tue emozioni e sensazioni mentre le stai vivendo nel luogo e nel momento dell’evento. Non nascondo che c’è anche un fattore di difficoltà nel fare le cronache in diretta perché devi riuscire a scindere l’analisi dal racconto. È una dicotomia che torna spesso perché bisogna essere bravi a guardare la partita quasi disinteressatamente per poterla raccontare in maniera analitica. Al tempo stesso però non deve venire meno l’aspetto emozionale per essere quanto più diretti e immediati con gli ascoltatori”.

Lo sport e il calcio stanno sempre più arricchendo le pagine dei libri. Come vedi da cronista il rapporto tra sport, cultura e letteratura?  
“Torniamo a quanto dicevamo prima. Lo sport è un veicolo incredibile di emozioni e facilmente si presta anche all’essere trasporto in un volume. Anche la letteratura si pone l’obiettivo di emozionare, coinvolgere e appassionare il lettore. Non a caso sono numerosi i best seller che si sono susseguiti nel corso degli anni per raccontare le storie all’interno di una partita di basket o di tennis per esempio. Sport e letteratura formano un connubio e un veicolo di emotività fortissimo. Il calcio forse in questa dimensione è un po’ indietro. Le partite di calcio restano nell’immaginario e nella memoria di ciascuno di noi e raramente, almeno in passato, ci sono state trasposizioni in volume di partite o gesta. Oggi forse si assiste ad un’inversione di tendenza ed anche i calciatori stanno dimostrando una maggiore apertura alla cultura e alla letteratura rispetto al passato. L’ho notato anche quando la Nazionale di Prandelli si è recata in visita ad Auschwitz alla vigilia dell’Europeo, dove ho visto molti membri della squadra azzurra leggere libri, ascoltare la voce della guida e cercare di andare più a fondo sulle vicende del campo di concentramento collegandosi ai portali informativi attraverso i loro smartphone. Insomma, possiamo dire che l’idea del calciatore ignorante e poco acculturato, piano piano sta tramontando”.

Andrea Frullanti

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