“Le domande battono in testa e, nell’incertezza dell’orizzonte che potrebbe spalancarsi oltre la prossima collina, riescono a fare male. Per il momento, però, serve solo andare. Verso Roma. Verso casa. Quanto ai dubbi, sai troppo bene che sarà il viaggio stesso, in maniera spontanea e inattesa, a fornirvi le sue risposte…”. Così scriveva nel suo taccuino di viaggio nel maggio del 2006 il giorno della partenza da Canterbury per percorrere la via Francigena. Da quel viaggio e da quell’esperienza ne sarebbe nato l’anno dopo il libro “Il Pellegrino dalle braccia di inchiostro”. Lui è Enrico Brizzi, lo scrittore bolognese che neanche ventenne, nel 1994, irruppe nel panorama librario italiano con quello che sarebbe diventato in breve tempo un vero e proprio caso letterario: “Jack Frusciante è uscito dal gruppo”. Quel giovane liceale di salingeriana memoria, inquieto e ribelle di nome Alex è cresciuto e, abbandonata la bicicletta per fuggire nelle campagne fuori porta, preferisce oggi raccontarsi in prima persona pur fuggendo o raccogliendo I pensieri con il cammino. Scrivere e camminare. E’ l’andar lento che scatena l’estro, la creatività, l’immaginazione e il pensiero.
Ma cosa lega in maniera così indissolubile il cammino alla scrittura?
“Sono innanzi tutto entrambi dei modi per astrarsi dal “qui e ora”, dagli stimoli più superficiali e ossessivi tipo il telefono che squilla, il fax che arriva, la mail a cui rispondere o una richiesta d’amicizia su facebook. Lo scrivere e il camminare sono due attività che richiedono una concentrazione profonda e che quindi escludono questo tipo di avvertimenti dal mondo di tutti i giorni. Sono due modi per apprezzare meglio il mondo uscendone momentaneamente. Quando scrivo cerco di mettere ordine nel caos delle vicende che mi capitano intorno, o mi capitano addosso. Quando cammino, allo stesso modo, cerco di rompere una ruota di abitudini da cittadino e che mi fanno sentire lontano dalla mia natura. Scrivere e camminare sono entrambe delle terapie per certi versi e, senza dubbio, servono a mettere a fuoco le cose. Nella mia vita tutto è regolato da stagioni: la primavera è la stagione del cammino, l’autunno e l’inverno quelle della scrittura. Quando fa buio presto passo tra le otto e le nove ore al giorno di fronte al computer ma non appena vedo le rondini non vedo l’ora di prendere lo zaino e partire”.
Si cammina per scrivere o si scrive per camminare?
“Si scrive e si cammina perché si vede. Al di là di ogni considerazione razionale o speculazione intellettuale si mette lo zaino e parte chi non ne può fare a meno. Passa ore davanti ad un computer a cercar di levigare una storia solo chi ha quella follia per scrivere”.
Come e quanto è cresciuto Enrico Brizzi da “Jack Frusciante è uscito dal gruppo” a “Il pellegrino dalle braccia di inchiostro”?
“Ogni viaggio è un capitolo nuovo nel romanzo della tua vita e che giunge fatalmente dopo tutti quelli che ci sono stati in precedenza. Il percorso che mi ha portato fin qui è iniziato da quel diciannovenne e non posso che essergli grato anche se oggi lo guardo e mi sembra un ingenuo. Le scelte fatte a diciannove anni, magari non quelle più comode ma certamente in difesa della scrittura, ora credo che siano state lungimiranti. Avrei potuto andare a fare il giurato a miss Italia o stronzate del genere e sono davvero contento di non averlo fatto”.
Cristian Lamorte
SOTTO TORCHIO
LIBRO E AUTORE PREFERITO
“Fiesta” di Ernest Hemingway
L’ULTIMO LIBRO LETTO
“Oltre la montagna” di Steve House
IL LIBRO DA CONSIGLIARE AI LETTORI
“Tempo di regali” di Patrick Leigh Fermor
LEGGERE E’…
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