Siena e la sindrome di Dorian Gray

il 23/04/2012 - Redazione

Una città che si guarda allo specchio compiacendosi di piacere e che perde la capacità di guardare ai propri difetti per correggerli, per migliorare, per crescere. O, peggio, una città in grado di cullarsi sugli allori del passato per mascherare il timore del domani. Oppure, ancor peggio, una città che scruta i propri cambiamenti da dietro le certezze di un idillio temporaneo e destinato a fine. Proprio alla stregua di Dorian Gray capace di ingabbiare le sue paure e il suo futuro in una tela per dare adito al proprio narcisismo. E’ questo il rischio maggiore per Siena. E’ questa la minaccia di una città che dalla critica ha forse da imparare a superare i limiti dell’autocompiacimento e di una bellezza e di un patrimonio anche in ambito culturale, sì riconosciuti in tutto il mondo, ma spesso non in grado di riconoscersi in tutto il mondo. Quando i propri occhi non sono più in grado di scrutare i difetti è necessario fare affidamento alla vista e al giudizio degli altri cercando di fare tesoro della critica. Un tesoro che, anche in ambito culturale, è capace di arricchire il patrimonio già esistente. Guardare oltre. Al di là del compiacimento e del narcisismo, oltre i confini di una città che deve essere in grado di ricevere dall’altrui senza badare a quanto riesce a dare. Guardare oltre. Al di là di un passato glorioso e di un presente difficile. Nel nome di una candidatura e di un progetto ambiziosi che, nel nome della cultura, possono diventare idillio senza fine. Perchè ai tempi del governo tecnico non si può sempre guardare al buon governo altrimenti “Le buone intenzioni sono inutili tentativi di interferire con le leggi scientifiche. Nascono dalla pura vanità. Il risultato è il nulla assoluto. Ogni tanto ci procurano una di quelle sterili e voluttuose emozioni che hanno un certo fascino sulle persone deboli. Tutto qui. Non sono altro che assegni a vuoto” (Il ritratto di Dorian GrayOscar Wilde).

Cristian Lamorte

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