“Svegliarsi presto è la mossa dei vincenti”. Parola dello scrittore Fabio Genovesi

il 23/03/2012 - Redazione

La scrittura fa parte della vita di Fabio Genovesi; dalle traduzioni alle riviste musicali, fino agli spettacoli teatrali, questo ragazzo di Forte dei Marmi ha tracciato una strada personale facendosi spazio nel multiforme mondo della parola pubblicata. Di certo è storia da raccontare come Fabio è giunto a pubblicare i suoi romanzi con Mondadori: “Esche vive”, che è uscito l’anno scorso, sarà tradotto in otto Paesi. Ma se pensate ad un raccomandato, avete proprio sbagliato soggetto.

Due volumi con Mondadori. Non capita a tutti di avere un esordio così fulminante. Lei si sente fortunato oppure è la sua bravura che ha chiesto ed ottenuto giustizia?
“La fortuna è necessaria, senza non vai da nessuna parte. Certo però che, quando arriva l’occasione, devi essere pronto. La fortuna arriva, ma prima ci devono essere anni di lavoro che facciano da sostanza. Devi aver lavorato tanto e bene in attesa della fortuna. Prima dell’esordio, ho inviato manoscritti alle case editrici per quasi quindici anni, senza ricevere risposta. Eppure ho continuato a lavorarci sopra, perché ci credevo, o forse perché non riuscivo a smettere. Raccontare storie è quello che mi piace fare e non ho smesso mai. Certo, passare quindici anni a scrivere senza che nessuno ti degni di una risposta, può fiaccare la volontà più ferrea. Ma ho cercato di non buttarmi giù, di portare avanti la mia vita insieme alla scrittura, per avere comunque una specie di equilibrio. Ci vuole la volontà ma ci vuole anche qualità in quel che si scrive. E poi, appunto, ci vuole la fortuna. È come il wind surf senza vento: puoi essere bravissimo e avere tutto un mare a disposizione, ma senza vento stai lì fermo a guardare i gabbiani che ridono di te”.

Non c’è molta differenza tra lo scrittore e il muratore e il riparatore di orologi. Lo ha dichiarato in una precedente intervista. Secondo lei il muratore concorda?
“No, certo che non concorda. Abbiamo costruito l’immagine dello scrittore come un vate, un artistoide che vaga per i boschi in cerca dell’ispirazione, e poi si presenta all’umanità sparando due tre sentenze vuote come se fossero l’oro della sapienza occidentale. Ma non è così. Ognuno fa il suo lavoro. Certo, ce ne sono di più o meno faticosi. Mio padre era operaio, vengo da una famiglia di giardinieri, elettricisti, tornitori. Mi hanno insegnato a tenere i piedi per terra. In un’altra intervista, se non è addirittura la stessa che cita lei, dico anche “quando fai lo scrittore non puoi e non devi mai dire "sono stanco". Non devi, non puoi.” Perché chi lavora in miniera o a rifare l’asfalto in autostrada è stanco, tu no. Però c’è nella scrittura un metodo, una disciplina, che per lavorare seriamente va seguita. Certo, non mi spacco la schiena e le mani, ma in una cosa tutti i lavori onesti sono uguali: bisogna farli bene e con attenzione, senza superbia, con dedizione, altrimenti quel che costruisci non regge e cade per terra”.

Può esistere Genovesi scrittore senza la Toscana?
“Penso di sì, ma sarebbe un’esistenza meno lieta. La Toscana è una risorsa favolosa, una terra che ti dà così tanto, nel bene e nel male. E poi c’è quel nostro modo di essere feroci e teneri, di ridere delle cose su cui non si dovrebbe ridere, che mi piace tanto. Purtroppo spesso prevale l’immagine del toscano sempre arrapato che parla solo di tette e culi e di olio bòno, ma quella è una macchietta, uno stereotipo, e cerco di tenerlo sempre lontanissimo da quello che scrivo. La Toscana vera è quella di chi ride ai funerali, anche se voleva tanto bene a chi se n’è andato. È un sorriso e un ghigno”.

“Versilia rock city”, il suo ultimo lavoro in realtà era del 2008 edito da Transeuropa…
“Lo scorso anno è uscito Esche Vive. La Mondadori ha poi acquisito i diritti di Versilia Rock City, che era il mio primo libro, e io ho approfittato dell’opportunità per riscriverlo, aggiungendo capitoli, cambiandone altri, cercando di migliorare alcuni aspetti ma senza perdere la sfrenatezza a tutta forza, tipica degli esordi. Cerco sempre di scrivere pagine dirette, agili, anche semplici. Ma mai semplicistiche. Scrivere semplice è una cosa complicata. È tutto un lavoro di asciugamento, lisci le frasi, fai la punta ai capitoli, insomma serve un sacco di lavoro”.

Vuol raccontare come andò la prima volta?
“Giulio Milani di Transeuropa aveva letto dei miei racconti brevi, raccolti col titolo “Il bricco dei vermi”, usciti solo in Toscana. Gli erano piaciuti e voleva sapere se per caso c’era un romanzo pronto. E c’era. Parliamo del 2008. All’epoca già traducevo romanzi e scribacchiavo qua e là, però intanto facevo vari lavori per campare, lavori di fatica. Uscito il romanzo con Transeuropa, Giulia Ichino, la editor della narrativa italiana Mondadori, l’ha comprato in libreria. Davvero, non scherzo, se l’è comprato, le è piaciuto e mi ha chiamato trovando il numero da amici di amici di amici. Mi ha chiesto se c’era un romanzo nuovo, e c’era: “Esche Vive”, che è uscito appunto per Mondadori nel 2011. E ora la nuova versione di Versilia Rock City”.

Nella storia ambientata in Versilia si muovono quattro personaggi, ma sembra che sia la provincia toscana la vera protagonista; com’è questa vita?
“A doppia marcia. In estate ti sembra di stare a Las Vegas, il resto dell’anno è la Transilvania. Una terra di contraddizioni, dove la popolazione locale assiste allo spettacolo della ricchezza e dello sfarzo altrui. Quando ero piccolo, i miei affittavano la casa e andavamo tutti a vivere nel solito capanno di là dalla siepe, coi muri di canniccio e il tetto di eternit, e invece vedevo i bambini milanesi della mia età che avevano la piscina e il pony in giardino. Non capivo un granché all’epoca, ma una cosa era chiara: nella vita esistono delle grandi differenze”.

Fra i quattro personaggi c’è qualcuno a cui è più affezionato, in cui magari si ritrova?
“Non uno in particolare, voglio bene a tutti e spero che anche loro ne vogliano a me. Sono persone molto diverse, un ex dj adesso isolato in casa, che salva la vita a una pornostar con una email. Un ex-rocker ed ex-eroinomane che adesso sogna di fare il pirata. Una avvocatessa irreprensibile che è angosciata dall’essere una donna fredda e avere una vita senza passioni. Un toscano emigrato a Milano che di lavoro organizza viaggi da sogno per chi non può permettersi di viaggiare. Figure sbilenche, improbabili, e però anche troppo reali in quest’epoca sbilenca, che proprio nella loro unione rischiano di trovare un senso”.

Lei scrive: "C'è poco da fare, svegliarsi presto è la mossa dei vincenti”. Vale anche per quelli con la pressione bassa?
“Credo di sì. Ma è chiaro che ognuno poi fa come gli pare. Io detesto svegliarmi e sentire che gran parte della giornata è già passata, ma detesto ancora di più chi prova a dirmi cosa devo fare”.

Valerio Cattano

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