Negli occhi scavati, perché tali erano quelli di Mario Luzi nell’estate del 2004 quando l’ho conosciuto alla vigilia del suo novantesimo compleanno, si leggeva e si percepiva al primo sguardo la capacità di leggere e percepire l’intorno con uno sguardo diverso. Una vista oltre il banale sentire, oltre il comune vedere, al di là dello spirito critico dell’osservazione e oltre i confini dell’infinito fino a quella soglia in cui un banale senso si trasforma in riflessione. Era in quegli occhi incavati, pensai, che si celava il segreto di uno sguardo da poeta. Talmente glaciali e profondi da sembrare chiusi, per paradosso, in uno sguardo intimo e tutto interiore. Ma con quegli occhi ha scandagliato fin dentro le Terre di Siena fino al punto di trovarsi di fronte ad uno specchio del proprio essere più profondo. Fino a che non era Luzi a guardare Siena. Fino a “Mi guarda Siena”. Quegli occhi si chiusero solo qualche mese dopo, otto anni fa, senza più specchiarsi nelle Crete o nella Valle dell’Orcia, ma probabilmente in una ricerca tutta interiore iniziata nella materialità apparente dei paesaggi e proseguire nell’aulico percepire di un qualsiasi al di là.
Sono trascorsi otto anni dalla morte di Mario Luzi. Non solo uno sguardo, ma una delle voci più significative della poesia del Novecento. Ed oggi è noto quanto fosse intenso il legame del poeta con la città di Siena, testimoniato da molte pagine della sua produzione letteraria. Proprio per queste ragioni, nel 1992 gli venne conferita la cittadinanza onoraria e, nel 1996, la massima onorificenza cittadina, il Mangia d’Oro. Inoltre, nel 2003, la Provincia promosse la pubblicazione del volume “Mi guarda Siena”, curato da Carlo Fini e Luigi Oliveto, con immagini fotografiche di Pepi Merisio (Lyasis Edizioni), che raccoglieva tutti gli scritti luziani dedicati a Siena e alle sue terre. Anche nel libro-intervista “Colloquio. Un dialogo con Mario Specchio” (Garzanti, 1999) si trovano ampi inserti riferiti al profondo rapporto tra Luzi e la città del Palio. Ne riportiamo alcuni stralci, laddove il poeta parla del “Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini”. Un poemetto in cui l’autore immagina l’ultimo viaggio di Simone Martini (suo alter ego) da Avignone a Siena. Un ritorno che è riscoperta del mondo, sintesi di un percorso artistico, pellegrinaggio purificatorio.
Piace riproporre un frammento di questa lunga intervista per ricordare, allo stesso tempo, Mario Specchio – apprezzato docente universitario e scrittore, deceduto lo scorso settembre – che di Mario Luzi fu amico e confidente. “Siena che non avevo mai in realtà perduto di vista neppure quando ne ho parlato meno, o poco, e poi invece l'ho ritrovata in pieno in questi ultimi vent'anni, l'ho trovata in pieno come una città vissuta, desiderata, lasciata anzitempo dalla mia, come dire, autobiografia, perché avevo dovuto spostarmi, ma sempre rimasta come un richiamo profondo. Un richiamo profondo che non è un richiamo soltanto alla mia infanzia o alla mia adolescenza, agli anni in cui ci avevo abitato, ai compagni che avevo avuto e che pure mi ricordavo. Ma un richiamo a quel fervore, a quell'aspettativa totale che poi l'esperienza e l'operato della vita aveva solo in parte realizzato, e sentivo quello che mancava, sentivo quello che mancava e che s'era acceso in quegli anni. Questo è il senso. E quando ritorno lì, ci ritorno sì per riposarmi un momento in questo passato, ma più che altro è per risentire in piena coscienza e con la pienezza del desiderio di allora possibilmente, l'ambizione, l'aspirazione totale dell'anima. E' un dibattito, in un certo senso, tra quello che sono stato, quello che sono, quello che vorrei essere stato e quello che ormai non farò più a tempo a essere”.
In quel dibattito, essere stato, essere e aspirazioni all’essere, oggi Siena si ritrova immersa senza più riflettersi negli occhi scavati di Mario Luzi quanto, casomai, specchiandosi nel ritratto di Dorian Gray. Nel segreto di uno sguardo da poeta, nella vista oltre il banale sentire, oltre il comune vedere, al di là dello spirito critico dell’osservazione e oltre i confini dell’infinito, oggi, il ricordo di Mario Luzi ci spinga fino a quella soglia in cui un banale senso si trasforma in riflessione.
Cristian Lamorte
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