“Bamboccioni”, “mammoni”, “precari”. Per i nati tra il 1975 e il 1990 l’opinione pubblica, e in particolar modo l’universo politico, non ha riservato ultimamente definizioni particolarmente piacevoli: una generazione che non sembra ancora trovare un posto fisso ed una sua dimensione nel mondo attuale e, in particolar modo, in un futuro che per loro non sembra avere ancora connotati ben definiti. Alessandro Aresu, autore cagliaritano nato nel 1983, ha provato a descrivere nel suo ultimo volume, “Generazione Bim Bum Bam” (Mondadori), proprio la condizione dei nati tra il ’75 ed il ’90, di una generazione considerata sempre troppo giovane per ruoli di responsabilità e ‘soffocata’ dai diktat di padri e nonni.
Aresu, cos’è la Generazione Bim Bum Bam?
“La mia idea era quella di descrivere una generazione ibrida che non ha ancora acquisito una dimensione fissa nell’immaginario culturale. La duttilità e la flessibilità permettono a queste persone di muoversi con sufficiente sapienza tra libri, canali tv e portali web, sebbene in nessuno di questi media riescano a riconoscersi totalmente. Il mio obiettivo però non è quello di dare definizioni o di cercare stereotipi che possono anche dar fastidio. Nel libro si possono trovare ‘narrazioni stilistiche’, cioè elementi di partecipazione collettiva che hanno permesso a questa generazione di riconoscersi e di prendere coscienza di sé come gruppo”.
Nel suo libro, parla dei cartoni animati come elementi di aggregazione collettiva e che hanno portato alla presa di coscienza di questa generazione. Un po’ il ruolo del romanzo di formazione…
“Ogni generazione ha un suo mezzo che costruisce la sua identità collettiva. Il ‘mio gioco’ è far vedere che dentro alcuni cartoni animati (specialmente quelli giapponesi) ci sono messaggi molto positivi che si collocano fuori dalla semplice idea che la tv abbia connotato negativamente e passivamente la personalità dei suoi utenti. Bim Bum Bam era un momento positivo per la formazione dei ragazzi, anche se oggi non deve essere vissuto con un’idea di nostalgia sterile. Il ruolo fondamentale di questi cartoni, delle loro famosissime sigle, è stato quello di dare un momento di identificazione a questa generazione. Ora però è il momento di uscire da un’adolescenza prolungata e indefinita che impedisce alle persone di diventare adulte e di riconoscersi come gruppo sociale. Come scrivo nel volume, di uscire dalla cameretta, luogo dell’io e dell’individualità”.
Quale romanzo, quale libro potrebbe essere usato per descrivere la Generazione Bim Bum Bam?
“Onestamente non ci ho mai pensato ma credo che forse un libro che si possa avvicinare allo stile del mio volume possa essere “La tigre bianca” di Aravind Adiga, di cui consiglio la lettura. È un romanzo ambientato in India e descrive luci e ombre della fase attuale del suo sviluppo, in un modo leggero ma che un profondo significato. Ne consiglio la lettura in Italia, per far capire a tutti quanti che viviamo in un mondo in vorticoso cambiamento”.
Le è nato nel 1983, in quale prospettiva si è posto per descrivere la sua generazione?
“Occorre avere un pizzico di distacco dalle proprie opinioni, cercando di non esaltarle in maniera eccessiva. Il modo migliore per descrivere qualcosa in cui ci si identifica è il non avere preconcetti e rispetto per le opinioni altrui. Ma è molto più importante essere sinceri che distaccati”.
Andrea Frullanti
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