Narrare, con l’arte, il rapporto erotico e amoroso. È quanto ha fatto Antonio Manzi con le opere della mostra “Vorrei baciare le tue mani”, in programma a Palazzo Medici Riccardi dall’1 dicembre 2012 all’8 gennaio 2013, nelle sale del Museo Mediceo e della Limonaia (piano terra). L’ esposizione si articola in 23 pezzi a diversa tecnica: sei piccole sculture in gesso e una in marmo a tutto tondo, tre collage, una serie di ceramiche in maiolica composte da quattro piatti, due grandi vasi a orcio e un vaso a brocca. Concludono l’esposizione cinque tondi in marmo a basso rilievo. Le opere esposte fanno da guida in un percorso di percezioni che, passo dopo passo accompagnano il visitatore a scoprire l'espressività artistica di Manzi e a incontrare l’amore. Le tecniche e i materiali raccontano frammenti dei sentimenti e dei rapporti che s’instaurano tra due persone.
I materiali usati - Il gesso, usato solitamente dall’artista come bozzetto preparatorio per grandi sculture in marmo o bronzo, in questo caso è la materia di opere finite, a simboleggiare, forse, l’inizio incerto di una storia. Il marmo è modellato in modo che l’esaltazione della tecnica porti l’opera ad un aspetto visivo sensuale e nello stesso tempo raffinato. Con il collage l’artista introduce in modo più tattile alla rappresentazione amorosa, attraverso questo tipo di composizione i colori monocromi rendono il racconto più suggestivo e intrigante. La ceramica e la maiolica rappresentano la via d’espressione delle caratteristiche poetiche usate dall’artista, le esplosioni di colore e gli intrecci del disegno rendono chiara agli osservatori la complessità e la varietà di ciascuna relazione.
L’esposizione - La mostra è suddivisa in tre momenti, tre luoghi dove l’amore si mostra in tutte le sue azioni e forme, dove l’unione dei corpi diventa poesia e l’osservare entra a far parte di quella passionalità, quando gioiosa quando dolorosa, che la relazione di due anime comporta. La stanza Rossa. Le mani ci raccontano, modellano forme non ancora definite, bozzetti che descrivono il piacere. Mani che creano quella scintilla, l’alchimia che sprigiona energia, pulsioni da cui prende forma l’amore. Qui le opere in gesso e la scultura in marmo e al centro della sala un divano in stile settecentesco come a invitare a sedersi e osservare con una sorta di voyeurismo artistico l’espressione dell’eros nell’arte. La stanza Bianca. Come in un giardino, dove inebriarsi di profumi e colori, si vedono germogliare dalla terra vergine le opere come fossero fiori. Qui i piatti in ceramica dipinti con maestria da Antonio Manzi sono adagiati come petali su steli di acciaio. Sulle pareti i collage con rappresentazioni di erotismo, dalle tinte forti rifinite a china, dove le forme ritagliate rappresentano l’incontro dei corpi in una tensione piena di speranza e lusinghe. La stanza Nera. Quando l’amore si ripiega su se stesso e smette di esprimersi, cala nell’oscurità. Qui la passione si allontana e rimane solo l’immagine di un incontro passato. Cinque bassorilievi in marmo costellano la sala semichiusa come finestre rotonde che ci narrano la storia con bianco pallore: la fredda materia descrive con la propria luce quello che è stato e non è più. Alcune poltrone al centro dell’allestimento posizionano l’osservatore nel mezzo della sua solitaria visione. Una nenia ripete la storia all’infinito, e noi, in silenzio la ascoltiamo ma non riusciamo più a viverla.
Catalogo in itinere - All’ingresso della mostra il visitatore preleverà un astuccio raccoglitore; in ogni sala saranno appesi dei cartoncini del colore delle stanze con una scheda/didascalia di ogni opera da prendere e inserire ognuna nella propria scatolina. Questa idea di origine futurista permette, una volta raccolte le cartoline, di costituire un personale catalogo dell’esposizione.
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