Un tempo gentile. Una favola moderna che ha il sapore delle storie arcaiche

Marialuisa Bianchi

30/03/2021

In un paesino del Campidanese, in Sardegna, lontano dal mare e ormai abbandonato dalla maggior parte degli abitanti, arriva un gruppo di migranti con alcuni volontari. È questo l’antefatto della storia raccontata da Milena Agus nel libro “Un tempo gentile” (Nottetempo). All’inizio si diffondono sentimenti di ostilità e paura verso i nuovi arrivati, “gli invasori”, i quali a loro volta appaiono delusi dal luogo che non è affatto l’Europa sognata. Tante difficoltà, traversie e dolore per ritrovarsi nella terra di nessuno, un paese ridotto a rango di frazione dove non passa più nemmeno il treno. Dopo un periodo passato a scrutarsi in cagnesco e a protestare per l’arrivo degli indesiderati ospiti, alcune donne iniziano con titubanza ad avvicinarsi al rudere dove sono stati assegnati i migranti e portare loro qualcosa, aiutarli a sistemare l’edificio, entrare in comunicazione. “Gli invasori venivano a bussare alle nostre porte, possibile che non ci fosse proprio nessuno? In paese eravamo abituati che se ci mancava qualcosa era semplice, andavi a chiederlo ai vicini. A loro nessuno apriva, fin quando, a forza di sentir bussare, qualcuno, rassegnato a non poterli ignorare, si decise a sentire cosa volevano: soltanto dei secchi e un fornellino da campeggio”.
 
Un incontro non facile, ma proprio il senso di accoglienza tutto femminile porterà gli ultimi della terra al centro delle attenzioni delle donne del paese. Sarde dell’entroterra dalla natura lieta e chiacchierina, donne forti ma anche ferite, lacerazioni che emergono al ricordo di figli lontani che non tornano nemmeno per Natale, di mariti assenti e di case da pulire e ripulire, senza una vera necessità, solo per ammazzare il tempo e sentirsi vive. Saranno loro, con crescente solidarietà, a creare un orto di vicinanza, ad aprirsi al mondo ostile, a incoraggiare nuovi amori, a far nascere un bambino. Le storie dei migranti si intrecciano con le frustrazioni degli abitanti e le vite dei volontari, ognuno con un suo passato complicato e penoso, ma accomunati dalla speranza che qualcosa, prima o poi, arriverà. Un momento pieno di promesse e curiosità che trasformerà il paese in un paese di vivi e non più di morti, con un senso di profonda religiosità che li accomuna. “La nostra Devota, che non si chiamava Devota per niente, propose una preghiera a Gesù, mentre Saida Amal, così si chiamava l’araba con l’hijab fradicio sostituito da una tovaglietta con su scritto buona Pasqua, la propose per Allah. Una volontaria disse di appartenere alla Chiesa Evangelica, ma nessuno di noi sapeva esattamente di cosa si trattasse, tranne che questi evangelici sono cristiani per modo di dire. Tuttavia pregammo insieme, sperando che dall’unione fra un Dio e l’altro ne uscisse fuori qualcosa di utile”.
 
Questo romanzo corale al femminile ha il sapore delle storie arcaiche, pur essendo ben connotato al presente, nei nostri tempi.  Il primo laboratorio sul ripopolamento con una variegata comunità è il “tempo gentile” vissuto a Riace con il modello di Mimmo Lucano, noto in tutto il mondo. In fondo potrebbe esserci anche la ricerca di matriarcato perduto, custode del senso ultimo e concreto della vita, la vita e la morte. O più semplicemente il “fare, rifare, disfare” che torna spesso. E quando ci sono troppe cose da fare invece di abbandonarsi all’inerzia vale il detto “salva prima le pecore, poi penserai al resto”. Nostalgiche del tempo in cui nel paese gli spazi si svuotavano e si riempivano secondo le età della vita, il Rudere degli invasori attira e ogni scusa è buona. “Dai, facciamo una scappata al Rudere e vediamo di che colore è adesso la cucina” inondata dei colori delle spezie e dei profumi acuti dei falafel. Ripresero vita e colore, come nelle favole, il grande tavolo di legno, gli scranni con il fondo di paglia sfondato, la lampada a piattino che pendeva dal soffitto, l’enorme cappa di ferro scuro.
 
Un romanzo “gentile” che Milena Agus dichiara di aver scritto di fronte al senso di impotenza provato all’arrivo dei profughi in Italia, non sapendo cosa fare si è lanciata in questa favola moderna per far capire che la convivenza è possibile, arricchisce: fare del bene è una grande risorsa, senza sentirsi per questo eroi. “Semplicemente, ci era toccata la stessa fortuna del ladrone crocifisso al fianco di Gesù, un individuo poco virtuoso a cui fu data la grande occasione di cambiare. Ci piaceva anche liberarci dal senso di vecchiaia che ormai avevamo addosso da tempo. Alcune di noi si erano ammalate di cancro, non parlavamo d’altro. Adesso, così impegnate ad aiutare gli invasori, ci sembrava di non avere più il tempo per pensare alle malattie”.
 
Aleggia il racconto dell’Eneide, letto e riletto a scuola da un ragazzino e sua zia: “I Troiani perdono, ma vincono davvero gli Achei? Il cornificato Menelao trova davvero soddisfazione per il torto subito? Che stupidaggine pensare che cose del genere, lontane nello spazio e nel tempo, non ci riguardino. Certo, non eravamo preparati a vedere così da vicino dei fuggitivi dalle Ilio in fiamme di oggi, ma come si fa a essere pronti? Non eravamo cattivi, soltanto non avevamo la forza”.  Un libro che fa riflettere, anche se appare come una favola e non ha certo la vocazione di risolvere problemi irrisolvibili; la scrittura piana, poetica, pulita, sempre venata di malinconia, per il senso di abbandono e perdita che nonostante tutto permea gli spazi. Ma quello che si apprezza maggiormente è l’ironia che la caratterizza e che fa dire battute ai personaggi proprio sugli stereotipi, “Lapidata con le frittelle!”. Amara la riflessione che “A forza di buon senso, il coraggio di rischiare tutto per amore l’avevamo perso e Anna Karenina stava bene dov’era, in un grande romanzo”.
 
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Marialuisa Bianchi

Marialuisa Bianchi

Molisana d’origine, si è laureata in storia medievale a Firenze, dove vive. Ha insegnato Italiano e Storia nelle scuole superiori. Ha appena pubblicato per i tipi di Mandragora Storia di Firenze. La preziosa eredità dell’ultima principessa Medici che ha reso grande il destino della città. Precedentemente il romanzo storico Ekaterina, una schiava russa nella Firenze dei Medici e, nel 2021, La promessa di Ekaterina (edizioni End). Ha esordito con un libro...

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