Via Lauretana in compagnia di banditi e del generale Garibaldi (in incognito)

Mauro Taddei

14/04/2023

In questi ultimi tempi c’è stata grande attenzione attorno al recupero dell’antico tracciato di una via che è stata importante nel Medioevo e collegava il Nord a Loreto, passando attraverso le terre di Siena, Assisi e l’Umbria. In particolari sono usciti nello scorso anno due volumi per Terre di Mezzo a cura di Paolo Giulietti e Chiara Serenelli, e Betti Editrice. Qui di seguito alcune curiosità e fatti poco noti legati ad una parte del tracciato tra le più affascinanti, tra le Crete Senesi e la Valdichiana.

“Dalle vicinanze di Asciano sino alla vetta di Collalto” la natura mostrasi costantemente operosa sotto la crosta di quei poggi, sia che si volga l’occhio a settentrione verso Rapolano, sia che uno si diriga a levante sul poggio di Montalceto”. Così, nel 1833, Emanuele Repetti descrive nel “Dizionario geografico fisico storico della Toscana” la zona a cavallo tra la valle del Sentino e le sorgenti dell’ Asso. Casabianca e Villa dei Boschi, dove un “temine a quattro facce” segna i confini di altrettanti Comuni: Asciano, Rapolano Terme, Trequanda, Sinalunga. In particolare il comprensorio di Villa dei Boschi è interessate da diversi punti di vista.

La villa, costruita dalla famiglia Fei-Terrosi tra il 1880 ed il 1890 è un esempio tipico e pregevole dell’architettura che ricorda le ville senesi del Peruzzi. Posta ad un’altitudine di circa cinquecento metri domina per un’estensione considerevole, su di un paesaggio tipicamente collinare della migliore Toscana. Villa dei Boschi sorge sulle rovine di un’antica osteria. La tradizione orale vuole che si chiamasse “l’osteriaccia”, perché ritrovo di banditi che ai primi dell’Ottocento infestavano il tratto della via Lauretana tra Poggio Pinci e Collalto. Si dice, appunto, che i lecci ai bordi della strada fossero così imponenti e folti da permettere ai mariuoli di percorrere il tragitto che va da Poggio Pinci a Casabianca sempre sopra gli alberi, di ramo in ramo, senza porre piede a terra, dai quali si lanciavano sui malcapitati viandanti. Del resto, come non dare credito a certe voci, se ancor prima tal Conte dei Signori della Fratta, dell’illustre dinastia dei Cacciaconti di Asciano, prima di ritirarsi su Radicofani passando alla leggenda con il nome di Ghino di Tacco e “Falco della Val d’Orcia” pare s’iniziasse alla pirateria che l’avrebbe reso famoso, proprio lì, a due passi, al Fosso Fradicio.

Ma la zona è anche conosciuta dagli intenditori per i suoi uliveti, capaci di produrre il migliore olio in assoluto nonché ottimi vini. Riferisce uno studio geologico che il terreno presenta le stesse caratteristiche del Chianti, la formazione calcarea chiantigiana sprofonderebbe sotto Siena e la zona delle Crete per riaffiorare proprio dopo il Lecceto. Da qui certe analogie e in particolare l’eccelsa qualità dell’olio e del vino. Ma l’interesse geologico richiama anche ad antiche miniere di lignite ormai abbandonate, sfruttate fino alla Seconda guerra mondiale e ancor più a certe cave di pietra che alimentavano tipiche fornaci, ancora visibili, per la produzione di calce e bianco. Gran parte degli alberghi e costruzioni di Chianciano Terme sono stati costruiti con la calce di Villa dei Boschi e di Casabianca.

Inoltre, passeggiando per le colline e i vasti boschi della zona non è difficile trovare conchiglie fossili di ogni genere e felci preistoriche. All’Accademia dei Fisiocritici a Siena ne esiste una consistente documentazione. Della Villa di Casabianca, invece, poco si conosce. Piccolo agglomerato agricolo ha rappresentato comunque un punto di riferimento per l’intera zona circostante dal momento che, a partire dal Secondo dopoguerra fino agli anni dello spopolamento delle campagne, accoglieva un piccolo spaccio e la scuola elementare comunale. In stato di abbandono alla fine degli anni Novanta del secolo scorso e depredata da vandali e ladruncoli, con particolare riferimento alla piccola, graziosa chiesa annessa con sottostante cappella mortuaria delle famiglie che l’hanno abitata nel tempo, agli inizi degli anni Duemila è stata completamente ristrutturata e adibita ad albergo e agriturismo di pregio, portando a nuova vita il piccolo borgo, il boschetto di lecci, il giardino, la cappella riaperta al culto religioso cattolico. Attribuita al XVIII secolo cela, a una più attenta visione, una originale struttura del borgo risalenti a tempi molto più antichi. Posta sulla via Lauretana, strada di origine etrusco-romana (che Emanuele Repetti chiamò “Antica”) data l’importanza della stessa che ha avuto nel tempo, per i collegamenti da Siena con la Val di Chiana, Montepulciano, il lago Trasimeno, Cortona, l’Umbria, è possibile che il piccolo agglomerato di Casabianca, passaggio obbligato, abbia rappresentato un sicuro punto di approdo, di ristoro e di albergo per tutti coloro che, viandanti, mercanti necessitavano di raggiungere, per i loro interessi, Siena dall’Umbria e viceversa. Nella cripta sottostante la piccola cappella, restaurata finemente e riaperta al culto cattolico, si conservano solo le lapidi funerarie della “famiglia” abitante e proprietaria del luogo nel diciottesimo secolo, dalle quali si presume una probabile appartenenza alla massoneria di qualche suo componente.

Del resto che la villa fosse sede di una loggia massonica, lo confermerebbe il fatto che una stanza del piano nobile, oggi suite, fosse strutturata in modo da accogliere una sede (loggia autonoma?) di affiliazione, incontri e altro. La presenza e la distanza (più o meno equidistanti) dalle sedi, ben note e documentate, di Siena e Cortona, fanno pensare che la “loggia” godesse di una propria autonomia, anche rispetto alla centralità e vastità del territorio circostante.

La presenza di Giuseppe Garibaldi nei dintorni, documentato anche per il suo arresto avvenuto a Sinalunga il 23 settembre 1867, ci fa di pensare che il Generale, noto massone, potrebbe avere usufruito, nota non documentata, dei favori anche degli affiliati alla loggia (segreta?) di Casabianca e qui soggiornato in incognito. Di certo c’è il suo soggiorno prolungato nell’agosto dello stesso anno a pochi chilometri di distanza, a Poggio Santa Cecilia, ospite di Pietro Leopoldo Buoninsegni.

Ci lasciamo nel dubbio e nella fantasia di chi scrive per affacciarsi attratti dal paesaggio, poco sopra, nel colle più alto non a caso chiamato Collalto. Da qui la vista spazia a tutto tondo, da Siena al Monte Amiata, a volo d’angelo sulla Val di Chiana, l’Appennino e il Trasimeno. Ci piace pensare che, anche da qui, i luogotenenti della grande armata di Annibale abbiano visionato e preparato l’imboscata ai romani di Flaminio nel lontano 21 giugno del 217. Buona passeggiata.
 
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