I dogmi di un sentimento "celestiale" secondo il professor Antonio Prete

il 15/02/2010 - Redazione

A Siena per parlarvi d’amore e di poesia sull’amore, non potevamo che andare da Antonio Prete. Della sua biografia si potrebbe scrivere a lungo, ma forse sarebbe limitativo. Definire il professor Prete come un accademico, un letterato di grande rilievo internazionale, un autore e un poeta, non ne rappresenta appieno la cifra. Incontrandolo, Prete trasmette una misura di sé che va oltre l’immagine del docente, mentre parla e racconta la sua storia e quella della poesia, sembra quasi di assistere a uno spettacolo. Sul palco c’è un attore intenso che fa un monologo ricco di pause e di pathos, che ti invogliano a saperne di più. Per conoscere Antonio Prete, ordinario all’Università di Siena e coordinatore del Dottorato di ricerca in Letteratura comparata,  occorre leggerlo. All'attività di saggista e critico, Prete ha unito quella di narratore, di poeta e di traduttore di molti autori, tra cui Mallarmé, Valéry, Rilke, Jabès, Machado, Celan. Tra i libri di Prete che parlano d’amore e di poesia, ne citiamo due: “Menhir” edito da Donzelli, perché già il titolo è una scoperta e “Trattato della lontananza” edito da Bollati Boringhieri, perché come spiega Prete: “l’amore è il tentativo di fare della lontananza la prossimità”.
Lei ha inaugurato l’anno accademico della Facoltà di Lettere con una lectio magistralis sul tema “Poesia d’amore e cosmologia”. Qual è il rapporto tra l’amore e la cosmologia?
La poesia d’amore ha dei modelli che restano attivi e importanti nel tempo. Uno di questi è il libro della Bibbia, il  Cantico dei Cantici. In questo libro è interessante la rappresentazione che si dà della sposa. “Bella come la luna, luminosa come il sole”. Da qui si diparte l’influenza della presenza cosmologica nella poesia. La luce, il riso degli occhi che è in rapporto con la luce, la metafora del sole, la presenza lunare, l'elemento stellare. Sono questi i temi che si ritrovano nella poesia occidentale medievale e moderna, passando dal Dante della Vita Nuova e della Divina Commedia al Canzoniere di Petrarca, fino a Baudelaire. Anche l’opera musicale accoglie questi elementi (da Verdi a Puccini).
Nella letteratura a noi contemporanea, l’amore ha assunto un carattere particolare?
L’amore non ha caratteristiche diverse, è una figura non soggetta alla consunzione. Ciò che è cambiato è lo spazio, che  nell’esperienza d’amore ha una funzione diversa  rispetto al passato. Oggi corriamo il rischio che la poesia della lontananza venga messa in crisi dall’immediatezza, a cui siamo costantemente portati. Tutti i mezzi di comunicazione vengono definiti, non a caso, con l’avverbio greco “tele”, che significa lontano. Il suono del lontano, la visione del lontano. Ma è un lontano spesso schiacciato sulla superficie del qui e ora.
Qual è la sua definizione di amore?
Il tempo e lo spazio in cui due soggetti provano reciprocamente a dirsi, a comprendersi e a conoscersi, l’un l’altro. Qui c’è l’enigma dell’amore: come è possibile dire l’altro restando se stessi? Questa è la sfida della poesia occidentale.
Come vivono i giovani il rapporto tra poesia e amore?
I grandi libri che mettono in scena le esperienze d’amore, come I dolori del giovane Werther o Le affinità elettive di Goethe o, ancora, L'educazione sentimentale di Flaubert, non sono libri che i giovani sentono contemporanei. Dovendo generalizzare, credo che il sentimento dell’amore, per i giovani di oggi, non sia così centrale come lo era per le generazioni precedenti. Sono più centrali i sentimenti dell’appartenenza a un gruppo, i modelli di costume o sportivi. E tuttavia l’esperienza dell’amore è sempre, per tutti, la più grande esperienza dell’esistenza.

Elisa Manieri


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