Dal suo studio al terzo piano di Palazzo Vecchio si ammira un panorama mozzafiato sulla città. Qui Eugenio Giani, attualmente presidente del Consiglio Comunale e nel precedente mandato amministrativo assessore alla cultura, ha prima deciso il restauro de “La Civiltà Toscana”, la scultura celebrativa di Pio Fedi, e poi ha scritto “Il centocinquantesimo anniversario del plebiscito in Toscana per l’unità d’Italia” (edizioni Polistampa), insieme alla storica dell’arte Anita Valentini.
Da dove nasce l’idea di scrivere questo volume?
L’iniziativa di questo saggio, a metà strada tra storia e arte, nasce dall’idea che mi ero fatto di festeggiare l’unità d’Italia non solo dal marzo 1861, cioè da quando l’Italia diventa ufficialmente unita dopo il voto dell’Assemblea, ma già da un anno prima quando l’11 e il 12 marzo 1860 si svolse il plebiscito a suffragio universale maschile, non solo in Toscana, ma anche in altri territori dell’Italia centrale: nei Ducati di Modena e Parma e nelle ex Legazioni Pontificie in Emilia Romagna. Quel plebiscito, dopo secoli, fu la prima consultazione popolare e ci fu un’alta affluenza alle urne segno dell’entusiasmo della gente verso la nuova nazione.
Ma come si arrivò a questo processo costituente?
Già dal 27 aprile 1859 la classe dirigente toscana determinò l’isolamento del granduca Pietro Leopoldo II di Lorena, invitandolo a lasciare la Toscana, cosa che poi effettivamente avvenne con la fuga del discendente degli Asburgo Lorena. È importante ricordare, poi, che Bettino Ricasoli, Ubaldino Peruzzi, il Collodi, il Ridolfi ed altri uomini illustri, vollero arrivare all’unità d’Italia attraverso una Nazione e non una confederazione come volevano gli altri Paesi d’Europa.
Appunto una Nazione, quelli erano proprio gli anni in cui nacque il principale quotidiano toscano La Nazione, che sta celebrando i suoi 150 anni di attività...
Infatti, in coerenza con l’idea che l’Italia dovesse nascere come Nazione, si determinò la scelta del nome di questo straordinario giornale che, all’inizio, era proprio lo strumento di comunicazione che Bettino Ricasoli volle utilizzare per dare un forte messaggio politico, secondo il quale non si poteva non mirare all’integrazione di tutti gli italiani in un unico stato sovrano. Voglio ricordare che, mentre gli altri giornali nascono da un’iniziativa editoriale, La Nazione, nacque come soggetto fondamentale in quel crogiuolo di fermenti che portarono a costruire l’unità d’Italia. Ed è grazie al direttore di oggi de La Nazione che in questi giorni abbiamo potuto leggere tanti articoli in un ampio spazio dedicato proprio al centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia.
L’emblema di queste celebrazioni è sicuramente la statua di Pio Fedi nota come La Civiltà Toscana, perché lei ha preso tanto a cuore questa scultura di marmo bianco?
Come presidente del Consiglio Comunale di Firenze non sono solo quello che dà la parola ai consiglieri, ma interpreto il mio ruolo come rappresentativo degli aspetti istituzionali ed anche culturali della città. Vorrei che questa statua così bella e significativa potesse tornare là dove è stata per decine di anni fino al 1929 cioè nel Salone de’ Duegento; mentre adesso si trova accanto alla sala matrimoni. Ci terrei, infine, che a Firenze venisse ricostruito un centro di documentazione sul Risorgimento per mettere insieme le migliaia di opere inventariate.
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