“Resistenza senza autocelebrazioni”. Intervista a Silvia Folchi, direttrice della rivista Maitardi

il 26/04/2010 - Redazione

Raccontare per non dimenticare. Non dimenticare quel pezzo di storia italiana non molto lontana da noi dove la violenza, le stragi e la morte di innocenti hanno segnato profondamente il nostro Paese. Non dimenticare il coraggio e la lotta dei partigiani che hanno creduto nei loro ideali di libertà. In occasione del sessantacinquesimo anniversario della liberazione italiana sienalibri ha incontrato Silvia Folchi, direttrice del quadrimestrale “Maitardi”, la rivista dell’Istituto Storico della Resistenza Senese.

“Maitardi” è uno strumento che permette di leggere ed interpretare quella che è stata la storia del ‘900.Come riuscite a rendere attuali i fatti legati al passato?
“La rivista è nata nel 2004 con l’obiettivo di realizzare qualcosa di nuovo, che andasse oltre i classici bollettini pubblicati dagli Istituti e lo facciamo rivolgendoci ad un bacino di utenza molto ampio. La sfida che ci siamo posti fin dall’inizio è stata quella di andare oltre il semplice racconto dei fatti storici, per questo per noi il binomio raccontare-divulgare è molto importante. Ovviamente il nostro punto di partenza sono gli episodi legati alla storia ma cerchiamo sempre di trovare lo spunto per dare loro una veste contemporanea, di attualizzarli insomma, per questo nel corso degli anni abbiamo affrontato temi molto importanti come la costruzione del muro in Palestina, la questione del velo nelle donne islamiche piuttosto che la contestata realizzazione della mosche a Colle Val d’Elsa”.
Il lavoro svolto dall’Istituto e dalla vostra rivista permette di toccare con mano gli episodi legati alla Resistenza e quindi prenderne consapevolezza. Quali sono i punti fondamentali da tener presenti per non cadere nel revisionismo o peggio ancora nella negazione del passato?
“Noi abbiamo una visione autocritica del lavoro che svolgiamo quotidianamente e questo si traduce con l’evitare prima di tutto qualsiasi forma di autocelebrazione della Resistenza altrimenti si potrebbe rischiare di provocare l’effetto contrario. Siamo consapevoli dei pericoli generati da una lettura e soprattutto da un’interpretazione alterata della storia, purtroppo il revisionismo è costantemente dietro l’angolo. Per questo motivo per noi è indispensabile rivolgerci ai giovani in modo che non possano dimenticare la storia del ‘900. Ma credo che prima di ogni altra cosa bisognerebbe cambiare il modo di pensare di noi senesi, è sbagliato trasmettere solo ed esclusivamente la storia locale legata, ad esempio, alla nascita del panforte. Siena non è solo questo. Non dimentichiamoci degli squadroni fascisti e degli eccidi accaduti proprio in questo territorio. La storia è passata da qui, dovremmo impegnarci ad uscire da questa visione idealistica della città”.
La pubblicistica sulla Resistenza è davvero consistente. Quali sono i pregi e i difetti di tali pubblicazioni? “Negli anni ’90, forse un po’ tardi, la letteratura si è aperta alla raccolta delle fonti orali spunto per critiche e diverse interpretazioni. Sicuramente gli ultimi quindici anni sono stati molto importanti per tutta la pubblicistica soprattutto perché si è avuta la possibilità di venire a contatto con le storie e i racconti di chi ha vissuto in prima persona quel periodo storico”.
Quanto sono importanti, invece, i testi scolastici per fare conoscere agli studenti la realtà dei fatti riuscendo a fare sviluppare in loro un giusto senso critico? "L’Istituto qualche anno fa ha pubblicato un fumetto di Staino per raccontare l’eccidio di Montemaggio, questo per uscire dal solito linguaggio dei saggi storici e avvicinarci così al mondo dei ragazzi. Sono molti i progetti, stage laboratori e pubblicazioni che dedichiamo a loro, strumenti fondamentali per trasmettere la memoria storica ai più giovani".

Marta Santopolo 

Presentazioni in programma - Mercoledì 28 aprile alle 17 nei locali delle Stanze della Memoria appuntamento con la presentazione del documentario la “Responsabilità del bene”, sulla storia del medico Remigio Rugani e del quaderno dedicato ad Alba Valech, la ragazza ebrea deportata ad Auschwitz. I progetti sono stati realizzati in collaborazione con il Cesvot Toscana.

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