“Ippolito Saracini ama perdutamente Cangenova de' Salimbeni, giovane di rara bellezza, ed accesa di pari amore verso il medesimo. Egli la fa chiedere in moglie alla vedova madre di lei, dalla quale gli vien crudelmente dinegata. Per la qual cosa, dopo varii compassionevoli avvenimenti, i due tedeli amanti si riducono a morte, ed i loro corpi vengono riposti in un medesimo sepolcro”. Questa è, in sintesi, la trama della novella di Scipione Bargagli (Siena, 1540-1612) “Cangenova Salimbeni e Ippolito Saracini” – contenuta all’interno della raccolta Novelle di autori senesi pubblicata a Milano per Giovanni Silvestri nel 1815 – a cui ai senesi piace pensare che William Shakespeare si sia ispirato per il suo Romeo e Giulietta.
Le similitudini - Ed effettivamente l’opera del più famoso drammaturgo inglese di tutti i tempi e la novella del Bargagli hanno non pochi elementi in comune. Il plot è, infatti, pressoché identico: lui e lei si amano ma sono osteggiati dalla rispettive famiglie; la disperazione del non poter vivere la loro storia d’amore in pace conduce i due giovani e sfortunati amanti alla pazzia, convincendoli che l'unico rimedio alle loro sofferenze sia la morte. Così come nella tragedia shakespeariana, anche nell’opera del Bargagli non mancano dichiarazioni d’amore appassionate e sofferte. Con l’aiuto della nutrice di Cangenova, Ippolito riesce ad introdursi nel giardino di casa Salimbeni e a dichiarasi nascosto in cima all’albero su cui si affaccia la finestra dell’amata. “…ben prendati e stringati pietà del tuo amante servo – scrive Scipione Bargagli -, del tuo Ippolito Saracini, oltre ad ogni servo ed amante, constantissimo a te e fidelissimo. (…) Il qual veramente sì come pensar ti potevi essere a questa ora in remotissime parti del mondo pellegrinando, e forse fuor del mortai pellegrinaggio, cosi é stato sempre vicino a te' dal dì che fece vista a tutti di andarsi via per lunghissimo camino. Ma né quantunque io della terra agli ultimi confini condotto mi fossi, senza mai posar le stanche membra, non avrei però potuto giamai rimuover solo uno de' minimi miei pensieri dalla contemplazione di te, carissima ed unica vita mia, sì che da indi in qua, coll’anima come col corpo, sono stato sempre saldo a te vicino (…)”. Romeo sta quindi a Ippolito Saracini come Giulietta sta a Cangenova Salimbeni e pari in ogni tempo e in ogni luogo è lo struggimento provato nel poter coronare il sogno d’amore.
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