Golem. Cani addestrati in lingue antiche

Giuseppe Burschtein

26/10/2010

Sitz! Niente. Siiitz! Niente… Il pastore tedesco col muso a punto interrogativo guardava smarrito quel militare con la faccia più da idiota che da assassino. Rimaneva fermo a fissarlo ben piantato sulle quattro zampe chiedendosi in quale accidente di lingua, quel soldato nervoso, stesse impartendo quell’ordine. Platz! Plaatz! Niente. E più gli teneva lo sguardo incollato e più il cretino umano della Wermacht abbaiava con la bava alla bocca. Cosa mai avrà voluto dire quell’animale pensava il cane… Il giornalista vestito di scuro era venuto apposta alla scuola di addestramento per cani per avere la conferma di una storia che girellava nei salotti del Reich. Guardò il cane dritto sulla canna del naso e disse: “Shev!”. Il maschio di 4 anni dal mantello nero e marrone e il fisico massiccio, al comando in lingua ebraica si accucciò seduto e felice di aver trovato qualcuno che parlasse la sua lingua. Il cronista scoppiò in una risata che mise in evidenza un’arcata dentale e una bella tosse catarrale tutte e due poco curate e si immaginò il titolo del suo pezzo: “Pastore tedesco obbligato a parlare in ebraico”. Dunque era vero ciò che si malignava… I quadrupedi allievi dell’accademia cinofila di Berlino, di qualsiasi razza fossero, capivano solo l’ebraico. E la colpa, pensò il redattore, era di quella coppia di sionisti austriaci e della loro mania di preparare i cani. Almeno avessero parlato l’Yiddish che suona come il tedesco… Invece il Professor Rudolf Mendel e la sua deliziosa signora, che erano i migliori addestratori di cani, forse del mondo, parlavano ai loro apprendisti solo nella lingua della Bibbia; fino dai tempi in cui, prima a Vienna e poi a Linz, avevano aperto la speciale scuola. E dopo l’Anschluss, l’annessione dell’Austria al Reich, la loro fama era arrivata fino alla capitale tedesca, addirittura al Fuhrer, che prima volle conoscere i migliori diplomati dell’istituto per metterli al lavoro coi suoi soldati e poi i Mendel stessi i quali, per non cadere nelle mani naziste, riuscirono a varcare il confine svizzero e fuggire per sempre da quel mondo infame. La Gestapo, che si mise sulle loro tracce, diramò un dispaccio col seguente contenuto: “Sono ricercati due Mendel e un Doberman. Tutti di razza ebraica”. Il mondo intero, compreso quello dei cani, si indignò di fronte a tanta bestialità.

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