I soliloqui di Betlemme. Per riflettere sul mistero del Natale

Giovanni Papini

24/12/2010

Il Locandiere
Anche se mi fosse rimasta una camera libera, non l'avrei data davvero a quella coppia lì. Gente sospetta. Hanno detto di essere marito e moglie, ma io non sono nato ieri e non me la danno ad intendere. Lui è troppo vecchio e lei è troppo giovane. E siccome è incinta …. Forse è il padre che l'ha portata via dal suo paese per sfuggire lo scandalo. Ma il mio è un albergo onorato e qui non voglio parti clandestini. D'altra parte non mi pare che la tratti come figliola. Quel vecchietto la guarda come fosse una cosa santa e quasi con riverenza. Forse un servitore fidato che s'è preso questa bella incombenza... In ogni modo marito non è. E lei con quell'aria innocente e casta come se non si vergognasse di nulla....e dev'essere agli ultimi giorni. Quando si dice le apparenze… Vai a fidarti delle donne! Pare una verginella e sta per essere madre. Alla larga! E poi, come se non bastasse, puzzano di miseria lontano un miglio. E in casa mia poveri non ne voglio. Sarebbero capaci di piantarsi qui per un mese, colla scusa della partoriente, e alla fin del salmo sentirsi dire che non hanno abbastanza denari per pagare il conto. Se fossero arrivati con dei bei vestiti e colla borsa pregna forse un posticino l'avrei potuto trovare anche per loro. Il garzone poteva andare a dormire a casa dei suoi fratelli, per qualche notte...Quando c'è l'oro di mezzo tutto s'accomoda. Ma lì non c'è bene. Lei ha un vestitino alla buona che mi vergognerei di metterlo alla mia moglie e lui un mantelluccio liso che deve aver più anni di chi lo porta. E c'è il pericolo che gli urli di lei e i pianti del bambino dessero noia agli altri viaggiatori. Bel sollievo trovarsi l'albergo vuoto per colpa di due vagabondi misteriosi! Assicurano che son galilei, ma il proverbio dice che dalla Galilea non può venir nulla di buono. Ho fatto proprio bene a mandarli via! Un buco in qualche posto lo troveranno di certo, prima che sia notte.

Il padrone della stalla
Ormai ho detto di sì ma quasi quasi mi pento …All'albergo non li hanno voluti, non sapevano dove batter la testa... Son debole: mi son lasciato commuovere, specialmente da lei, con quel viso umile eppur appassionato, con quegli occhi di bambina venuta da un mondo più chiaro del nostro. E sembra che porti un gran segreto stretto al petto come un'altra porterebbe un mazzo di fiori. Così innocente, candida, pura che pare impossibile debba partorire da un momento all'altro... Non ho avuto il coraggio di mandarla via, di notte, in quello stato: forse ho fatto male ma non c'è più rimedio. Si son seduti nella stalla, in silenzio; come se pregassero senza parole o aspettassero un miracolo. Anche il vecchio pare una persona per bene. Assiste quella donna con tanti riguardi come se lei fosse una regina e lui un signore diventato uno schiavo. Non capisco nulla. Girano il mondo soli, senza un servitore, senza una donna che possa porgere aiuto a questa fanciulla che sta per soffrire...Come mai saranno partiti proprio agli ultimi giorni della gravidanza? Portare quella poveretta per le strade, in questo mese freddo, e in quelle condizioni, non è da uomo di giudizio. Insomma non ho avuto il coraggio di mandarli via sconsolati. La stalla è vecchia e sudicia ma per lo meno hanno un po' di tetto sopra il capo e le bestie un po' di caldo lo fanno. Anche se ho sbagliato l'ho fatto a fin di bene: il Signore non mi castigherà. Mi son sentito come spinto da una voce dentro a ospitare questi due poveri spersi. E anche il Libro comanda d'albergare i pellegrini abbandonati. Dio voglia che tutto vada a finir bene per loro e per me!

Il pastore rimasto indietro
Che furia, i miei compagni, appena hanno parlato con quei giovani sconosciuti! Io son più vecchio e non posso correr come loro ma, in compenso, conosco il mondo un po' meglio di loro. Chi saranno quei giovinetti luminosi? Qui nel paese non si sono mai visti. Dunque son forestieri e dei forestieri bisogna fidarsi fino ad un certo punto. Metteteli alla prova, interrogateli... Nossignori! Questi miei compagni, subito, alle prime parole hanno alzato le braccia come ali e son corsi via come il vento. Quei giovani, per dir la verità, non parevano neanche uomini come noi. Eran tutti illuminati nel viso e nelle vesti, senza che si potesse capire da che parte veniva il lume. Lanterne in mano non l'avevano, il fuoco era spento e la luna non c'è. Eppure sembrava che avessero dinanzi un braciere più che ardente. Potrebbero essere spiriti del Signore, ma potrebbero anch'essere fantasmi o, peggio che mai, demoni che giran di notte. Invece questi pecorai sono stati lì a bocca aperta ad ascoltare e hanno issofatto bevuto ogni cosa. E cosa hanno saputo? Che laggiù, in quella grotte, è nato un Re. Ma, per quanto ho imparato nei settant'anni dacché sono al mondo, i re nascono nei palazzi delle città e non già nelle greppie, in mezzo al sudiciume degli animali. E pare che questo Re sia nientemeno che il discendente di David e il figliolo di Dio. Ma il nostro Adonai, ch'io sappia, non ha figlioli: è il Signore unico, creatore del cielo e della terra, e non vi sono altri dei fuor di Lui. Quanto alla famiglia di David, dopo mill'anni e più, ho paura che non ci sia rimasta sulla terra neanche l'ombra. E quelli corrono come pazzi inseguiti per andare a vedere il miracolo. Eppure voglio andare anch'io laggiù: non si sa mai..

La levatrice
Perché son venuti a chiamarmi, nel cuor della notte, se non avevan bisogno di me? Il vecchio arriva, bussa alla porta come se volesse buttarla giù, si raccomanda, mi fa scendere dal letto caldo, e mi racconta che la sua sposa sta per sgravarsi e che non ha nessuno per assisterla. Io, ingenua, mi fo persuadere a gli vo dietro. Credevo che fossero in casa di parenti o almeno alla locanda. Invece mi porta a una stalla fuor del paese, lontana, mezza diroccata. Si ferma, e dice: è qui. Io non volevo neanche entrare perché non sono avvezza a mettere i piedi nello stabbio. Le mie clienti son tutte signore, le prime signore di Betlemme. E questa donna, se alloggia in una stalla, dev'essere una sciagurata, una fuggiasca, forse una peccatrice che si nasconde. Nonostante mi feci coraggio ed entrai. Ormai ero arrivata fin lì e forse c'era da buscare un siclo, benché il vecchio avesse tutt'altro che l'aspetto d'una persona di mezzi. Ma quando fui là dentro cosa vedo? La mamma tutta calma e placida, seduta vicino alla greppia, come se non fosse accaduto nulla. E là dentro, nel fieno, un bel maschio che mi guarda negli occhi e che illumina tutta la stanza. E allora? Dico io. Che sorprese son queste? Come mai mi avete strappato di casa mia, dove sognavo tanto bene, s'è finita ogni cosa? Loro, l'uomo e la donna, si guardano e non mi rispondono. Finalmente riesco a sapere che quella giovane ha partorito senza strazio, senza fatica e sola, senza l'aiuto di nessuno, mentre il vecchio cercava di me. Non ho potuto resistere alla rabbia e mi sono sfogata con tutti e due quanto m'è parso. Ma la donna era tutta incantata intorno al bambino e il bambino pareva che mi sorridesse, quasi per calmarmi. Il vecchio ha tentato di mettermi in mano qualche moneta, ma io non ho voluto nulla e son venuta via sbatacchiando l'uscio. Quelle non son persone come le altre, e non voglio neanche toccare i loro denari. Posso sbagliare ma qui sotto c'è qualche stregoneria. Non s'è mai sentito dire che una donna partorisca a quel modo, senza dolori e senza soccorsi. E quel figliolo che fissa la gente come un uomo! E poi farmi alzare a quest'ora, con questo vento ghiacciato, e per arrivare a cose fatte! Domattina, appena giorno, voglio raccontar tutto al centurione. E io non son più io se non li fo andar via da Betlemme, codesti vagabondi ignoranti.

L'asino
Dio ha voluto che prima di morire vedessi cose di meraviglia. Tutte le notti qua dentro, nelle tenebre, stracco e triste, a pensare alla mia vita disgraziata, senz'altra compagnia fuor d'un bove che rumina o d'un topo che rosicchia! Ora, invece, mi par d'essere nel cuore del mondo. Uno splendore che palpita, un canto che scende dal cielo, una donna più bella di tutte l'altre donne, un bambino che ruba il bene a chi lo vede. Non sono un sentimentale, come il mio bianco compagno, e neppure superstizioso come il mio padrone. Eppure mi verrebbe la voglia d'inginocchiarmi come fanno questi pecorai che son corsi qua dentro, come se l'avesse convocati un Dio. Ho girato anch'io la mia parte. Sono stato, una volta, fino a Damasco e sei volte a Gerusalemme. Ma non rammento un prodigio come questo, non mi so mai sentito così felice come stasera. Quella giovane che china il viso bellissimo e pallido sopra il frutto del suo sangue mi fa quasi piangere per non so quale tenerezza. E quell'uomo anziano che guarda la donna e il bambino come se fosse rapito nella beatitudine d'un sogno. E quei pastori che hanno il viso più rosso per la gioia che per il riverbero della fiamma. E quella creatura dolcissima distesa nella greppia, che guarda tutti come se volesse attirarli a sé, come se li volesse consumare col suo cuore. Quello non è davvero il figlio di un uomo. Ho sentito dire dai pastori che a loro fu annunziata la nascita di un Dio. Più lo guardo e più mi sembra vero. Gli uomini non hanno quegli occhi che tramandano quel fulgore. E pensare che l'ho visto nascere, io povera bestia da soma, disprezzato da tutti! Per quale mistero ha voluto cominciare la sua vita qui, in questo presepio sconnesso, destinato ai nostri musi famelici? Per quale arcana ragione son degno d'essere spettatore d'un portento così incredibile: la natività d'un Dio? Son l'ultimo degli animali della terra, sono un povero sacco di pelle piagata e d'ossa tronche, ma non mandarmi via, Bambino, permetti anche a me di amare Colui che un giorno volle creare anche me.

Da "Soliloqui di Betlemme" di Giovanni Papini.

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