Perché leggere i classici. La Repubblica di Platone: giustizia dell’anima e giustizia dello stato

Duccio Rossi

23/03/2011

Platone è stato un filosofo greco vissuto a cavallo tra il V e il IV secolo avanti Cristo, una delle menti più vaste che la storia dell’umanità abbia mai conosciuto. Insieme al pensiero di Socrate e a quello di Aristotele, la filosofia platonica ha gettato le basi del pensiero occidentale. Molte delle nostre categorie di pensiero, molti nostri valori ed idee sono infatti di origine platonica, e l’uomo contemporaneo occidentale (poiché quello orientale ha avuto ovviamente un’altra storia dell’evoluzione del pensiero) è debitore più di quanto si pensi nei confronti della filosofia greca, ed in particolare nei confronti del pensiero dei tre filosofi sopra ricordati. Di Platone ci sono giunte, straordinariamente, tutte quante le opere da lui composte: un corpus letterario di trentasei scritti, di cui trentaquattro sono dialoghi. Secondo Platone infatti la forma dialogica era la migliore per esprimere la propria idea di filosofia, intesa come ricerca della verità per mezzo del confronto tra le persone.

La filosofia - Per Platone la filosofia è una ricerca aperta della verità, è etimologicamente “amore per la sapienza”, per la conoscenza; è un’aspirazione alla verità che non deve mai condurre alla presunzione di averla raggiunta. Come spiega molto bene Francesco Adorno – grande storico della filosofia antica, docente nelle Università di Bari, Bologna e Firenze, scomparso lo scorso anno all’età di ottantanove anni – per Platone la filosofia è curiosità e meraviglia, è la capacità di saper pensare e la volontà di imparare a ragionare; è una ricerca aperta, indipendente dalle opinioni correnti, che per mezzo del confronto tra concezioni diverse (il dialogo) conduce alla cultura e alla sapienza, avvicinandosi il più possibile alla verità. Per Platone dunque la parola “filosofo” non suonava come alle nostre orecchie di uomini moderni, per i quali un filosofo è quasi una figura inappropriata ai nostri tempi, uno studioso con la testa tra le nuvole sempre immerso in pensieri astratti fini a loro stessi. Per Platone il filosofo era il sapiente, il saggio, colui che era capace di ragionare e di pensare, colui che non aveva la presunzione di sapere ma che accettava il confronto ed il dialogo per amore della verità e della ricerca. Un atteggiamento mentale che forse oggi è riscontrabile, con più facilità che altrove, nei veri uomini di scienza, i quali sono aperti al confronto, al ragionamento, alla dialettica, senza arroccarsi in inutili presunzioni per amore delle loro verità scientifiche da raggiungere. Non a caso infatti la parola “filosofia” in età arcaica era sinonimo anche di scienza: Pitagora, per esempio, è stato sia filosofo che matematico.

La Repubblica - E con questa concezione di filosofia e di filosofi, intesi come saggi e sapienti, Platone teorizzò il modello di Stato ideale all’interno della sua opera più rappresentativa: La Repubblica. Un dialogo in dieci libri incentrato sul tema della giustizia e su quello dell’ordinamento politico-costituzionale dello Stato ideale. Uno Stato giusto, per Platone, sarà possibile solamente se al governo andranno i filosofi o se i governanti si dedicheranno completamente alla filosofia, intendendo ovviamente per filosofia quella tensione alla ricerca della verità prima esposta, quella saggezza e sapienza che porta al confronto e alla ricerca del bene collettivo. A meno che i filosofi non regnino nelle città, o quelli che oggi hanno nome di re non prendano a filosofare nobilmente, e non vengano a coincidere la forza politica e la filosofia, lo Stato non avrà mai tregua dai mali, anzi, credo, neppure il genere umano (Platone – Repubblica). Per Platone la giustizia è la salute dell’anima, e la giustizia dell’anima determina la giustizia dello Stato. Uomini giusti danno vita ad uno Stato giusto, uomini ingiusti ad uno Stato ingiusto: il microcosmo dell’anima si riflette sempre nel macrocosmo dello Stato. Per questo Platone, nella Repubblica, non parla unicamente dell’ordinamento politico-costituzionale ideale, ma anche di tutti quegli aspetti ad esso connessi, come per esempio l’etica individuale.

Considerazioni attuali - Etica individuale, salute dell’anima e salute dello Stato sono temi sempre attuali, ancora oggi, a distanza di molti secoli dall’epoca di Platone. Infatti la scena politica italiana ed internazionale ci offre molti spunti di riflessione al riguardo. La nostra “Tangentopoli” degli anni Novanta, il “sexygate” che travolse la Casa Bianca, la fuga all’estero di politici in odore di corruzione, fino agli attuali scandali di presunta prostituzione minorile – reato ancora tutto da accertare, per onor del vero – dei quali molto si parla in questi mesi nei giornali italiani. Indipendentemente dal pensiero politico che ciascuno di noi possa avere, è un dato acclarato che la nostra società stenta a vedere attuata quella coincidenza platonica tra forza politica e filosofia, o meglio – per dirla con parole a noi più vicine – tra forza politica e bene dello Stato, tra governanti e rettitudine morale, tra politica e confronto dialettico tra le parti: quel confronto che per Platone passa per mezzo del dialogo e che dovrebbe portare a non arroccarsi ognuno nelle proprie posizioni, bensì a raggiungere dialetticamente ciò che più utile per la collettività. Esempi di dialogo costruttivo finalizzato al raggiungimento del bene comune sono sempre più rari sulla scena politica, poiché telegiornali e programmi televisivi mostrano spesso esponenti politici di fazioni opposte intenti unicamente ad offendersi o semplicemente a millantare verità assolute non riconosciute dall’opposto schieramento politico. Un buon governante dovrebbe essere prima di tutto un buon cittadino, ed il buon cittadino dovrebbe essere prima di tutto una valida persona. Persona, cittadino, politico: dal microcosmo al macrocosmo, dall’individuo alla collettività, dalla giustizia dell’anima alla giustizia dello Stato. Un modello filosofico lineare abbastanza semplice da comprendere, ma che la complessità della vita reale relega inesorabilmente alla sfera dell’utopia.

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