11/03/2009
È ora di uscire e il mio amatissimo figlioletto deve lavarsi i denti, e siccome anche se lo adoro lui sente che io ho fretta, ecco che lui rallenta e perde tempo, tanto per ricordarmi, senza rendersene conto, “ehi, mamma, lo sai che io sono importante, più importante di tutto quello che fai?” E siccome io non ho in quel momento la disposizione d’animo, cerco di fingere calma, mentre in realtà friggo, e lui rincara la richiesta e rincara la bizza, non trova lo spazzolino, non trova il dentifricio, non trova la bocca… Mollare non è educativo, ma perdere il pulmino e fare tardi non è fattibile, come ne esco? Con una storia, la storia per lavarsi i denti!!! Io me le invento, lì per lì, ma ormai alcune sono diventate un classico, e le ascolta sempre di nuovo anche la grande, quando le racconto per l’ennesima volta.
Ehi, ma te la ricordi la storia di Dotto? Una mattina Dotto, (proprio lui, quello dei sette nani), arriva al bagno per lavarsi i denti e non trova lo spazzolino. “Dove sarà finito?” (E intanto lui prende in mano lo spazzolino), “Forse l’avrò scambiato”, dice e cerca. “Cucciolo, no, Mammolo, no, (qui bisogna ricordarsi tutti i nomi, lui mi corregge e mi aiuta, e intanto ha messo il dentifricio), Brontolo, Eolo, Pisolo, Gongolo, macchè non c’è”. A un certo punto, Dotto sente il rumore di uno spazzolino che… spazzola! “Fai sentire come fa?” (E lui spazzola, tutto contento), “Segue il rumore e vede un buchino su uno scalino, guarda dentro e sai cosa c’è?” (intanto lui si sciacqua la bocca) “Un topino che si lava i denti!” Allora Dotto gli dice:“Ehi, ma quello non sarà mica il mio spazzolino?” (Intanto si asciuga la bocca e inizia a infilarsi il giacchetto). Allora il topino risponde:“Sì, Dotto scusa, è proprio il tuo, ma ieri sera sono stato dal topo dentista e mi ha detto che se non iniziavo subito a lavarmi i denti, li avrei persi tutti e capisci, poi come faccio a mangiare il formaggio?” (Si apre finalmente la porta e si comincia a scendere), “Così stamattina ho preso il tuo spazzolino, perché non potevo aspettare, scusami”.
Dotto allora gli risponde. “E va bene, topino, capisco, però se me lo dicevi te ne costruivo uno nuovo tutto per te. Vuol dire che me ne farò io uno nuovo e se lo vuoi, uno anche per te, per la tua piccola bocca”. La tensione è calata, il mio bambino si sente importante perché è come il topino e perché mamma, in qualche modo, lo ha accontentato e lui ha potuto mollare senza perdere la faccia, arriva il pulmino, baci e, che bellezza, ci si vede nel pomeriggio. La storia poi, quando diventa familiare, può cambiare, ma anche diventare una fonte di scambio, un patto implicito: ok, io ti racconto la storia e intanto tu fai la cosa. E si sopravvive!
Tratto da
"Storie per fare le cose"
di Caterina Comi
2008, Pascal Editrice, Siena
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