San Quirico d’Orcia sotto le bombe, il ricordo di Idria Buoni 70 anni dopo

il 16/06/2014 - Redazione

Il bombardamento subito da San Quirico è uno di quegli eventi di cui si è sempre parlato tropo poco in relazione alla ferita profonda che invece ha lasciato sul territorio. Quasi dieci anni fa un gruppo di studiosi aveva provato a sollevare il velo su quella pagina di storia e ne era uscito un volume “Sul filo della memoria” (Don Chichotte). Un libro che raccoglieva dati, testimonianze dirette e gli eventi che settant’anni fa sconvolsero il borgo. Idria Buoni, assieme agli altri autori, ha girato per le case raccogliendo le parole di chi sentiva il bisogno di raccontare.


Quali furono gli avvenimenti del 14 giugno 1944?
“Il primo bombardamento fu in quella data, colpì proprio il centro del paese, ad esempio il palazzo comunale. Fu una ferita terribile arrivata per mano degli alleati, sancì anche l’inizio della rappresaglia da parte dei nazisti con altre morti. I tedeschi cominciarono a minare varie zone, provocando tra l’altro anche la caduta della torre e della porta d’ingresso in paese. Fu un periodo brutale”.

E il problema non si limitava solo a nazisti e Alleati.
“Anche i marocchini ebbero la loro parte nell’orrore di quei giorni, furono molte le violenze sulle donne. Le testimonianze delle donne hanno reso nel migliore dei modi tutte le sensazioni di profonda paura e di dolore mai rimosso captato e intuito oltre che negli espliciti racconti, anche in tante mezze frasi, in tanto non detto riguardo alle violenze subite dalle donne. E’ stata una storia molto coperta perché si trattava non solo episodi di violenza ma anche di vergogna familiare”.

Quanti caduti si contano in quei giorni a San Quirico?
“In totale 43 morti mentre le vittime del bombardamento del 14 furono dieci. E’ stato molto complicato risalire a un conteggio esatto, anche perché in molti morirono giorni dopo in seguito alle ferite riportate”.

Durante questo lavoro di ricerca cos’è che ti è rimasto più impresso?
“Difficile dirlo, non vorrei citare nessuno ma da donna la storia delle violenze subite mi ha colpito molto. Erano tutti racconti in cui si descriveva la paura di subire la stessa violenza che era capitata poco lontano, ognuna raccontava di un’altra che era stata violentata. In questa fase Carlo Sorbellini fu fondamentale. Sorbellini fu il primo sindaco della San Quirico liberata e ai tempi era anche partigiano, lui andava casa per casa ad avvertire dell’arrivo dei marocchini”.

Come si è svolto il lavoro di ricerca?
“Abbiamo dato un taglio molto umano anche per via del fatto che è stato basato molto sulla memoria dei testimoni dell’epoca. Lentamente è subentrato poi una specie di senso del dovere di accogliere la legittima aspirazione di tutti questi testimoni che hanno quasi nascosto, per tanto tempo, un vissuto così immenso. Uno dei testimoni mi diceva: ‘Nessuno di noi immaginava, nemmeno in minima parte, quello che poi in un batter di ciglio, si è trovato a vivere’”.

Personalmente cosa ti ha lasciato questo libro?
“Un arricchimento enorme. Ho la passione per la storia e sono molto legata a San Quirico essendo nata qui; nonostante questo ero all’oscuro di molti degli avvenimenti dell’epoca e mi sono resa conto che anche i figli di chi ci ha raccontato queste cose non sapevano nulla. Subito dopo la guerra si è pensato a ricostruire e certe storie sono state accantonate, probabilmente il ricordo era ancora troppo doloroso. E’ come se si fosse tolto un tappo e all’improvviso in molti avessero sentito il bisogno di raccontare tutto affinché ricordassimo. L’intento, non so quanto riuscito, è stato di fotografare quegli anni terribili, ma nello stesso tempo contraddistinti da grande impegno, grande idealità, ricchi di passioni e di relazioni umane solide che possono ancora farci molto bene”.

Francesco Anichini

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