"Ho incontrato Curzio e il suo Cristo Proibito della Valdorcia". Storia di un'intervista impossibile con Malaparte

Mauro Taddei

06/06/2009

Ad un tratto l’ho rincontrato e riconosciuto. Come allora, alto, un po’ dinoccolato, apparentemente trasandato con quella sahariana color caki ed in pantaloni svasati in fondo, chiari. In compagnia di Beppe del Bagno. Appena mi ha visto, Beppe si è allontanato per lasciare spazio alla mia, a lui ben nota, curiosità, rispetto al Personaggio. Mi sono fatto avanti e gli ho detto: Lei non mi conosce, ma io l’avrei, come si dice, riconosciuto fra mille. Ho letto tutti i suoi libri. Mi è rimasta impressa nella memoria, anche se allora ero solo un bambino, la proiezione del suo film “Il Cristo proibito” dato in anteprima non ufficiale nei luoghi dove fu girato. E, poi, accanto a Beppe, non poteva essere che lei, Curzio Malaparte, intendo. Ne abbiamo parlato tanto di lei, soprattutto, per il bene che avrebbe portato a Bagno Vignoni ed alle fortune di Beppe. Da allora, i tempi sono cambiati. Anche Beppe se ne è andato. L’Albergo che tanto l’aveva ospitato è passato di mano. Oggi forse non lo riconoscerebbe. Ci passano tante persone! Ma la vasca è sempre al suo posto, così la cappella ed il loggiato di Santa Caterina. Il panorama sempre lo stesso. La gente, quella tanto cara a lei che così bene ha descritto in Maledetti Toscani, si è trasferita altrove. Ma il carattere è sempre lo stesso. Ci manca tanto, sa? Perché nessun’altro è riuscito a descrivere così bene il nostro modo di pensare, di atteggiarsi, l’ironia, la parlata “voce piana, con quella gentilezza che è soltanto cosa senese”, il gusto di prendersi in giro.

Ma mi permetta delle domande: Perché ambientò e girò il suo unico film proprio dalle nostre parti, nelle crete dell’Orcia morta, come la chiamava, tra Montepulciano e le Checche? Film che, fra l’altro, nonostante i riconoscimenti ed i premi ricevuti all’estero, tante polemiche suscitò in Italia. Eppure la guerra aveva coinvolto tutta l’Italia, non solo la Val d’Orcia. A parte il soggetto, nato credo dall’intenzione di farne una pubblicazione ed i dialoghi scritti, ma anche le musiche sono di sua originale composizione?  “Le presenze straniere e la guerra civile sono passate anche da queste valli, seminando lutti e rovine”. “E poi - aggiunge - questi luoghi mi sono molto cari perché qui vi alloggiai da ufficiale di collegamento con le forze alleate, l’esercito americano".

"Vedi - continua come parlando da solo a solo - questo è un lembo di Toscana, uno tra i paesi più antichi e più civili dell’Italia e del mondo. Laggiù, a destra, è Siena, più in qua Pienza, Chiusi, Montepulciano”. E quasi sottovoce: ”E’ il paese degli antichi, misteriosi Etruschi. E’ un lembo d’Europa, una terra antica e nobile che un tempo fu il cuore dell’Europa, la culla della civiltà europea, e oggi è ancora uno tra i paesi più civili dell’occidente, popolato d’uomini poveri, magri, semplici, schietti, che da secoli e secoli vivono in lotta con l’avara natura, con i flagelli delle guerre, delle invasioni, delle carestie, dell’odio civile, e con l’inutile violenza delle tirannie”.
"Vedi - ripete - quei due uomini …laggiù, su quel sentiero. Sono partiti dieci anni or sono ed oggi tornano a casa, fatti crudeli dalle sofferenze, dalla fame, dalla disperazione. ma oggi sono due uomini liberi” e “quel che più li tormenta non è il ricordo della guerra, ma l'angoscia e la speranza del mondo nuovo, del mondo sconosciuto.... Il mondo della pace, della libertà, della giustizia, della libertà”.

Beppe le era molto affezionato, le ha voluto molto bene, dico ed aggiungo io. Mi ha sempre incuriosito un fatterello che andava raccontando dopo la sua morte, insieme al fatto che, grazie al suo aiuto, sarebbero cambiate le sorti di Bagno Vignoni e dintorni e cioè che, corso d’urgenza al suo capezzale “estrema in morte”, apostrofò chi gli impediva il passaggio dicendo: "dite a Malaparte che fuori c’è Beppe del Bagno". E che lei, al termine dell’incontro, anche se sulla cui conversione c’è stato molto da discutere, gli avrebbe chiesto sottovoce: "Beppe (che un po’ imbarazzato le porgeva un fiasco di vino Nobile, di quello che tanto piaceva a Curdino, perché un bicchiere di vino non fa male a nessuno e poi risolve tutti i mali), dirai un preghiera per me? E subito Beppe: "Cheddì! (che dici!), la dirò, Porca Ma... E giù un bel moccolo alla “ioboia”di quelli che, lei se ne intende, solo i toscani sanno tirare.

Sembra annuire. Poi, sempre fra sé e sé, risponde alle mie domande: “Anche la musica…..io fischiavo i motivi e il postino di Montepulciano, clarino della banda del paese, me li ripeteva col suo strumento. Poi, con il mozzicone delle raccomandate mi trascriveva le note sul pentagramma. Nella melodia “Bocca di rosa” v’é tutta la mia infanzia, in quella canzone. Essa mi ricorda il sole come lo dipingeva Van Gogh: un’enorme arancia d’oro, in un cielo di un azzurro lieve, lo stesso cielo che illuminava, quand’ero ragazzo i tetti rossi della mia città”. 
E per il soggetto? “Questo film è un messaggio di pace e fratellanza fra gli uomini e fra i popoli, a tutti i popoli, vincitori e vinti, che hanno sofferto nella loro carne la tragedia della guerra. Il film è morale, nel senso più ampio e, direi, più moderno della parola. Certo è un film crudele, crudelissimo ...ma il film è morale”.

Mi lascia così, come svanendo nelle ombre mentre, poco distante, mi sembra d’intravvedere anche l’ombra di Beppe del Bagno che, com’era suo fare, si allontana grattandosi soddisfatto le parti nobili del sedere, ma con “garbo, rispetto, pudicizia”, come avrebbe detto il "suo" Malaparte.

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